Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-04-2011, n. 9138 Stato di necessità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Centro Servizi Saluzzo s.n.c. (di seguito C.s.s.) conveniva in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Saluzzo, B.F. per sentirlo dichiarare esclusivo responsabile e conseguentemente condannare al risarcimento dei danni subiti dal veicolo di sua proprietà, in conseguenza dello scontro con la bicicletta condotta dallo stesso B..

A sostegno della domanda risarcitoria l’attore esponeva che la propria auto, guidata da M.M., veniva improvvisamente investita dal convenuto, proveniente in direzione opposta alla propria, lungo un percorso su cui è vietato il transito con bicicletta.

B. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda proposta dalla C.s.s., negando di essere responsabile per l’incidente ed ascrivendo la responsabilità dell’accaduto alla esclusiva colpa di M.. In via subordinata chiedeva che venisse accertata la responsabilità quanto meno concorsuale di quest’ultimo, con conseguente determinazione proporzionale dei danni rispettivamente subiti. Proponeva inoltre domanda riconvenzionale di risarcimento nei confronti della società attrice per i danni riportati dalla propria bicicletta. Assumeva in primo luogo che nello scontro era stata determinante la condotta di una altra autovettura, una Fiat punto grigia, di cui non era stato identificato il conducente, che si era improvvisamente immessa sul predetto percorso pedonale, in direzione opposta a quella della Lancia di parte attrice, costringendo esso convenuto ad un’improvvisa sterzata che lo portava a scontrarsi con la medesima Lancia.

In secondo luogo, riteneva che lo scontro fosse addebitabile anche a colpa di M., in quanto questi, benchè avvedutosi del sopraggiungere della suddetta Fiat punto, non aveva intrapreso alcuna manovra correttiva, andando ad occupare la pista pedonale nell’intersezione con il vicolo e così causando lo scontro.

Con sentenza n. 193/06 il Giudice di Pace di Saluzzo accoglieva la domanda della società attrice e dichiarava l’esclusiva responsabilità di B. per l’incidente, condannandolo al risarcimento dei danni.

Contro questa decisione B. proponeva appello instando per l’accoglimento delle domande rigettate dal Giudice di Pace.

La C.s.s. si costituiva chiedendo il rigetto del gravame e la conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Il Tribunale accoglieva, nei limiti di cui in motivazione, l’appello proposto da B. e, in riforma della suddetta sentenza, respingeva tutte le altre domande.

Proponeva ricorso per cassazione la C.s.s. con sei moti Resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale con un unico motivo B.F..
Motivi della decisione

I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale parte ricorrente denuncia "Omessa, insufficiente e contraddittorietà della motivazione circa la sussistenza dello stato di necessità (ex art. 2045 c.c.)".

Sostiene in particolare la C.s.s. che il giudice non indica nella motivazione della sentenza le prove dal cui prudente apprezzamento avrebbe inferito la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dello stato di necessità, così come previsto dall’art. 2045 c.c..

Il motivo è infondato.

L’esistenza degli elementi costitutivi dello stato di necessità attiene al fatto e non al giudizio di responsabilità tanto che l’apprezzamento compiuto a tal fine dal giudice di merito sfugge al sindacato di legittimità, qualora, come nel caso di specie, risulti sorretto da adeguato e corretto ragionamento.

Nella fattispecie per cui è causa il Tribunale di Saluzzo ha compiuto una ricostruzione dell’incidente stradale immune da vizi logici o giuridici e basata sulle dichiarazioni del conducente della vettura, del testimone L.E., nonchè sul rapporto della polizia municipale intervenuta sul posto.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 23.12.2009, n. 27162).

Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 2045 c.c., nella parte in cui, in ogni caso, prevede una indennità a carico del danneggiante e a favore del danneggiato, anche con riferimento all’art. 91 c.p.c.";

Sostiene parte ricorrente che una volta riconosciuto lo stato di necessità il Tribunale avrebbe dovuto provvedere a condannare il ciclista a pagare un giusto indennizzo, come disciplinato dall’art. 2045 c.c. con esclusione dell’imputazione delle spese legali a suo carico.

Il motivo deve essere rigettato.

E’ pur vero infatti che la suddetta disposizione prevede l’erogazione di un indennizzo, ma quest’ultimo è dovuto a condizione che si sia verificato un fatto dannoso la cui prova incombe sul danneggiato. La determinazione equitativa riguarda infatti il quantum e non l’esistenza stessa del danno.

Negando l’indennizzo il Tribunale ha implicitamente e-scluso che lo stesso sia stato provato.

Con il terzo motivo si lamenta "Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 C.d.S., comma 1, n. 2, in relazione allo scopo della norma violata, nonchè con riferimento all’affermata mancanza di conoscenza dell’esistenza del segnale che limita la circolazione ai soli pedoni e carenza di motivazione in punto mancanza di colpa";

Lamenta il ricorrente che il ciclista ha percorso un tratto di strada vietato al transito dei velocipedi e che ciò nonostante il giudice di secondo grado ha ritenuto di non poter formulare alcun giudizio di colpa a suo carico.

Il motivo è infondato perchè in materia di sinistri stradali, la mera violazione di una norma disciplinante la circolazione non è di per sè fonte di responsabilità civile, ove tale violazione non si ponga quale elemento causale rispetto all’evento dannoso (29.11.1995, n. 12390). Nella specie non è del resto configurabile un comportamento colposo in capo al B. in quanto il divieto in questione non aveva certamente lo scopo di prevenire incidenti, quali quello oggetto del presente giudizio, bensì il fine di tutelare l’incolumità dei pedoni da automezzi e da velocipedi.

Con il quarto motivo si denuncia "Violazione e/o falsa applicazione di norma di legge e precisamente dell’art. 145 C.d.s., nonchè omessa motivazione sul punto del diritto di precedenza disciplinato dall’art. 145 C.d.S.". Sostiene il ricorrente che il Tribunale doveva applicare la disciplina generale sul diritto di precedenza a chi proviene da destra (art. 145 C.d.S.).

Il motivo è infondato.

Nel caso in esame deve infatti escludersi la colpa del ciclista in quanto la sua condotta non era criticabile avendo egli posto in essere una manovra correttiva dell’altrui scorrettezza ed avendo agito in stato di necessità. La manovra di emergenza effettuata dal ciclista, finalizzata ad evitare l’impatto con il veicolo sconosciuto, non ha consentito di rispettare il diritto di precedenza; tale circostanza esclude la colpa Con il quinto motivo parte ricorrente lamenta "Omessa, insufficiente e contraddittorietà della motivazione circa il (mancato) rispetto dell’art. 2043 c.c. in relazione alle norme generali di prudenza, nonchè violazione di legge ed in specie all’art. 2054 c.c., comma 2".

Lamenta il ricorrente che il Giudice dell’Appello non ha indicato i motivi in base ai quali ha ritenuto di escludere che il ciclista abbia violato anche solo i principi generali di prudenza ai quali deve conformarsi ogni soggetto che si sia immesso nella circolazione stradale.

Il motivo è infondato.

Secondo l’impugnata sentenza il fattore causale determinante lo scontro è consistito nell’improvvisa manovra della Fiat Punto grigia, il cui conducente non è stato identificato, che si è immessa nel percorso pedonale su cui stava transitando il ciclista, costringendo lo stesso all’improvvisa sterzata per effetto della quale si determinava l’urto con l’autovettura della C.s.s. guidata da M.. La manovra dello sconosciuto guidatore della punto non era infatti prevedibile e si deve quindi ritenere superata la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2.

Con il sesto motivo parte ricorrente denuncia infine "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la velocità del velocipede".

Sostiene il ricorrente che l’art. 141 C.d.s. e art. 342 del Regolamento di esecuzione non danno luogo ad alcun dubbio e che il giudice d’appello ha omesso di applicare tali disposizioni senz’altro decisive per l’esito della controversia. Il B. ha infatti percorso un tratto di strada interdetto al transito dei velocipedi a velocità non moderata.

Il motivo è infondato.

Il vizio di motivazione, sotto il profilo di omissione, insufficienza e contraddittorietà può sussistere solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile il mancato esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esiste un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione.

Nell’impugnata sentenza tali vizi non si rinvengono. Si afferma anzi che la dichiarazione resa dal teste non apporta un contributo decisivo alla ricostruzione dei fatti di causa e che la stessa non consente di individuare cosa si intenda per "velocità non moderata".

Con il ricorso incidentale B.F. denuncia "Violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Sostiene in particolare il ricorrente incidentale di aver diritto al ristoro dei danni patiti, in proporzione alla percentuale di responsabilità nella produzione del sinistro, da parte del conducente del veicolo di proprietà della società C.s.s..

Il motivo è infondato.

Con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede in quanto correttamente motivato l’impugnata sentenza ha infatti constatato che il fattore causale dello scontro è consistito nell’improvvisa manovra della Fiat Punto Grigia, immessasi nel percorso pedonale su cui stava transitando il ciclista, costringendo quest’ultimo ad una improvvisa sterzata per effetto della quale si determinava l’urto con l’autovettura della C.s.s. E’ pertanto evidente, secondo l’impugnata sentenza, che non emergono dagli atti di causa sufficienti elementi di prova a carico del M. e che deve ritenersi superata la presunzione di responsabilità sancita dall’art. 2054 c.c., comma 2, non risultando che lo stesso stesse immettendosi nel vicolo a velocità non adeguata alla situazione concreta.

In conclusione, i ricorsi riuniti devono essere rigettati mentre la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta compensando le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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