Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-02-2011) 02-03-2011, n. 8380

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tro Putignano per F.A.M., che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. P.G. ricorre avverso la sentenza di applicazione di pena concordata pronunciata nei suoi confronti dal Gip del Tribunale di Taranto il 20/11/2009 lamentando l’omessa considerazione dell’applicabilità dei benefici di legge, esclusi con richiamo a pretesa insussistenza dei requisiti di legge, la cui valutazione non risulta esplicitata nel corpo del provvedimento impugnato. Sottolinea inoltre la mancata considerazione di elementi idonei ad escludere l’applicazione formule di proscioglimento.

2. La difesa di F.A.M. ricorre avverso il medesimo provvedimento con il quale le è stata applicata la pena di anni quattro e mesi uno di reclusione ed 16.000 di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, rilevando che nella sentenza è assente ogni riferimento al calcolo della pena ed all’applicazione dell’art. 81 cod. pen., per risalire al quale occorre richiamare il testo dell’accordo, che non è parte integrante del provvedimento.

Richiamata la pena irrogata in concreto, si evidenzia che, valutata la prevalenza delle attenuanti riconosciuta in sentenza, questa risulta superiore a quella legale di anni due mesi nove di reclusione.

Con successiva memoria si precisa che l’eccezione di incompletezza della sentenza risulta particolarmente rilevante in quanto il patteggiamento riconosce la continuazione con una precedente condanna e che, in assenza di specifica menzione nella pronuncia, l’omissione di fatto può condurre in fase esecutiva ad una duplicazione della sanzione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da P.G. è inammissibile, poichè il primo motivo di ricorso è contraddetto dalla precisa indicazione operata dal Gip alle risultanze del fascicolo processuale, ostative all’applicabilità di formule di proscioglimento in fatto, mentre, quanto all’impossibilità di concedere dei benefici, trattandosi di applicazione di pena concordata, questi non avrebbero potuto neppure essere riconosciuti quando, come nella specie, non costituivano oggetto dell’accordo intervenuto, di cui la pronuncia costituisce esclusivamente applicazione.

2. Ne deriva la pronuncia di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè di una somma in favore della cassa delle ammende, quantificata come in dispositivo, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen. 3. Risulta invece fondato il gravame proposto dalla difesa di F., poichè pur non essendo possibile rinvenire in atti una rituale richiesta di applicazione pena, nei termini descritti nel verbale di udienza – richiesta firmata dall’interessata, cui risulti apposto il consenso del P.M. – tuttavia risultano presenti tre istanze difensive nelle quali si fa riferimento ad un accordo, di tenore analogo a quello applicato dal giudice nella sentenza, quale presupposto per la richiesta di modifiche delle misure cautelari ancora in corso, ove si esplicita il riconoscimento della continuazione tra i delitti oggetto del giudizio e quello in precedenza giudicato.

Ne consegue che la pronuncia debba annullarsi, con trasmissione al giudice di primo grado per l’eventuale determinazione di un nuovo accordo, con indicazione specifica dei suoi elementi, soprattutto in relazione alle dedotte continuazioni esterne, la cui specificazione nella pronuncia è essenziale al fine del loro computo in sede esecutiva.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di P.G. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di F.A.M. e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Taranto per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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