Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 02-03-2011, n. 8377 falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 12 febbraio 2010, la Corte di appello di Napoli in parziale riforma della sentenza resa il 17 Febbraio 2004 da quel Tribunale, con cui M.A. era stato ritenuto responsabile, insieme all’imputato Ma., di due ipotesi di corruzione, e di ipotesi di falso e di calunnia continuata, ne confermava la condanna e ne riduceva pena.

2. La Corte adottava la ricostruzione dei fatti operata dai primi giudice, secondo cui il Ma. ed il M., vigili urbani, avvicinatisi in borghese ed a bordo di una vettura privata a due pescivendoli abusivi, certi F.A. e V.G., che esercitavano separatamente il commercio, utilizzando in comune un furgone per la merce, avevano intimato loro di seguirli fino ad un vicino monastero ed ivi giunti, previa minaccia di sequestro del furgone e della merce, li avessero indotti a consegnare ad una religiosa diversi chili di pesce, nonchè a fornire loro due buste piene di pescato, che venivano riposte nella autovettura in uso ai vigili. Inoltre i due pubblici ufficiali, saputo che sulla loro condotta erano in corso accertamenti, avevano formato due falsi verbali di confisca e di devoluzione del pescato al monastero e confezionato una falsa relazione di servizio, per giustificare il loro intervento in danno dei due pescivendoli. Il giorno successivo al sequestro, i due imputati avevano formato ancora falsi verbali di dichiarazioni spontanee del F. e del V., che contenevano accuse nei confronti dell’ispettore di polizia G. e degli altri agenti del Commissariato, di reati di falso e di abuso di ufficio, e li avevano inviati all’autorità giudiziaria, in tal modo commettendo anche il delitto di calunnia.

1. Ricorre il M. e lamenta travisamento del fatto, illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di affermazione della responsabilità e violazione di legge in punto di determinazione della pena.

2. Il ricorrente rileva le contraddizioni in cui sarebbe incorsa la corte distrettuale nella valutazione delle contrapposte dichiarazioni della parte offesa F. e della teste Suor M.C., e si duole che non sia stata adeguatamente apprezzata la sua condotta, meramente passiva, e del tutto non incidente sul comportamento del correo, il Ma., unico autore del fatto in danno dei due pescivendoli. Era comprovato che egli era persona non esperta in materia di sequestri, in quanto addetto ad altri servizi, e, dunque, la verbalizzazione era stata compiuta in maniera errata per la sua inesperienza e anche per mancanza al momento dell’intervento di modulo regolamentare; la successiva formalizzazione degli atti compiuti non integrava dunque alcuna ipotesi di reato. La rappresentazione dei fatti nella relazione di servizio era veritiera, confermata dai due pescivendoli, anche in considerazione del fatto che un altro correo, il C., accusato di aver apparentemente redatto i verbali di spontanee dichiarazioni, in realtà compilati dai due coimputati, era stato assolto dalla correlativa accusa di favoreggiamento. Ne conseguirebbe, infine, il difetto dell’elemento soggettivo della calunnia, comunque non ascrivibile al M. che non fu presente al momento della verbalizzazione delle sit dei due pescivendoli.

3. In relazione alla pena, il M. ne deduce la eccessività, essendo possibile concedere il massimo della diminuzione per le ritenute attenuanti generiche, considerando anche la condotta processuale tenuta.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente vorrebbe che in questa sede si procedesse ad una rinnovata vantazione della ricostruzione fattuale della vicenda operata dai giudici di merito, la cui motivazione presenta una coerenza strutturale in sè priva di vizi.

2. Il compito del Giudice di legittimità è quello di stabilire se il Giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6A 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al Giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone).

3. Nella concreta fattispecie, infatti, i Giudici di merito hanno, rispondendo a tutti i motivi di gravame, messo in evidenza come la condotta del M. non sia stata meramente passiva; a fronte del chiaro ed univoco significato della condotta assunta dal Ma., che aveva in pratica del tutto omesso di predisporre i verbali amministrativi, relativi al sequestro del pesce, destinato ai fini propri e del collega M. e alle esigenze del Monastero delle Sorelle Povere di (OMISSIS), l’imputato non solo aveva assicurato la sua presenza, ma aveva attivamente accompagnato il Ma. presso il convento, e poi, conservato le due buste di pesce prescelto nella auto; la assoluta "eccentricità" delle procedure seguite, in una all’approfittamento a fini personali, escludevano che l’attività rientrasse nei normali controlli e individuavano sia l’elemento materiale che quello soggettivo del delitto ascritto ai capi d e c; la corte ha poi ritenuto irrilevanti le segnalate incongruenze contente nella pronuncia di primo grado, mettendo in evidenza la serie di circostanze a carico del M., tutte convergenti sul suo ruolo di co-esecutore del delitto, essendosi egli attivato, sia pure in silenzio, per acquisire il pesce e per fornirlo anche alla superiora del Monastero, con esatta applicazione dei principi in tema di concorso di persone del reato, ravvisabile in qualsiasi apporto che ne favorisca la commissione. Nè il giudice di appello ha l’onere di indagare su tutte le argomentazioni elencate in sostegno dell’appello quando esse siano incompatibili con le spiegazioni svolte nella motivazione, poichè in tal modo quelle argomentazioni si intendono assorbite e respinte dalle spiegazioni fornite dal giudice di secondo grado, come nella specie adeguatamente illustrato dall’iter argomentativo seguito.

4. Parimenti incentrata sulla ricostruzione dei fatti, a sè favorevole, è la censura relativa alla sussistenza del delitto di falso, che il M. esclude per la inattendibilità dei due testi F. e V.; con logiche argomentazioni, invece, la corte ha messo in evidenza come fosse assolutamente smentito sia che i due ambulanti avessero spontaneamente denunciato il funzionario di polizia G., che era invece intervenuto in loro difesa e nei cui confronti avevano espresso stima e rispetto. Ne ha dedotto la conclusione, confortata dai fatti che le sommarie informazioni fossero state confezionate ad arte; sul punto il M. non si confronta con tale deduzione, ma ritaglia solo alcuni passi delle deposizioni dei due pescivendoli, opponendo elementi di merito, non introducibili in questa sede. Nè la assoluzione di altro imputato dal delitto di favoreggiamento in favore del M. era da ritenere in logico contrasto con la sua responsabilità, posto che la pronuncia liberatoria non ha incidenza sulla sussistenza dell’illecito commesso dai due favoriti. Quanto, infine, al delitto di calunnia, le censure sul punto sono una mera riproposizione di quelle proposte con l’appello cui la corte ha dato adeguata risposta, individuando la finalizzazione della condotta alla incolpazione del G., di cui era certa la innocenza agli occhi degli imputati, proprio perchè essi erano gli autori delle false dichiarazioni dei due ambulanti.

5. La doglianza in ordine alla eccessività della pena ed al mancato riconoscimento della massima diminuzione in relazione alle concesse attenuanti generiche non può essere accolta, perchè implica una valutazione di merito che è preclusa al giudice di legittimità.

Motivando sul punto, il giudice distrettuale ha fatto riferimento, alle modalità della condotta ed alla gravità della stessa, con risposta adeguata alle osservazioni mosse dal M., che in questa sede, non ha peraltro indicato vizi della motivazione, ma ha solo invocato un trattamento più mite.

6. In conseguenza della inammissibilità il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuale ed al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

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