Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 02-03-2011, n. 8375

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ento.
Svolgimento del processo

M.V. ricorre, a mezzo del suo difensore, contro la sentenza 16 marzo 2010 della Corte di appello di Milano, la quale, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione (che aveva rilevato un vizio di notifica nel decreto che disponeva il giudizio in appello), in parziale riforma della sentenza 27 maggio 2005 del Tribunale di Milano, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi B) e C) perchè estinti per prescrizione, rideterminando la pena, con riguardo al reato di cui al capo A) in mesi 8 (otto) di reclusione Euro 100 (cento) di multa; con conferma nel resto.
Motivi della decisione

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della prova della non colpevolezza dell’imputato, avuto riguardo all’art. 129 cpv. cod. proc. pen. e art. 494 cod. pen. (contestazione del capo sub C).

Sostiene il ricorso che, l’aver l’imputato, dopo la consegna del falso documento di identità, chiesto ai verbalizzanti di non tener conto del documento che aveva da tempo esibito, essendo altre le sue vere generalità, non integrerebbe il delitto contestatogli.

Il motivo è manifestamente inaccoglibile.

Invero, premesso che l’induzione in errore è elemento costitutivo del reato di sostituzione dì persona, sicchè, in mancanza di essa, può configurarsi il tentativo (Cass. pen. sez. 5, 35091/2010 Rv.

248397 N. 10362 del 2009 Rv. 242771), nella specie la condotta dell’imputato, di molto successiva alla consegna del falso documento, non può essere considerata come tentativo in quanto l’induzione in errore degli agenti aveva già conseguito i suoi effetti.

Con un secondo motivo si lamenta la negazione delle circostanze attenuanti generiche avuto riguardo alla condotta "post crimen patratum".

Il motivo non è ammissibile avuto riguardo alla precisa motivazione che ha fondato il diniego.

La sussistenza di attenuanti generiche è infatti oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal Giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, per cui la motivazione, purchè congrua e non contraddittoria – come nella specie – non può essere sindacata in Cassazione, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. Penale sez. 4^, 12915/2006 Billeci).

Il ricorso, nella palese verificata coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, va quindi dichiarato inammissibile.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro. 1000,00 (mille).
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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