Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 02-03-2011, n. 8374 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Gup del Tribunale di Cagliari, emessa in data 25 novembre 2003, M.E. è stato ritenuto responsabile del delitto di ricettazione e di detenzione ai fini di spaccio di stupefacente e di coltivazione di cannabis indiana.

2. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma, ha assolto l’imputato dal delitto inerente gli stupefacenti ed ha eliminato la relativa pena.

3. Ricorre il PG presso la Corte di Appello e lamenta carenza ed illogicità della motivazione per avere ritenuto che il M., trovato in possesso di una quantità non trascurabile di marijuana e strumenti per la pesatura ed il taglio della sostanza, avesse destinato la sostanza ad uso personale; con un secondo motivo lamenta la erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 26 e 73 rilevando che la coltivazione domestica di due piante di hashish integra la fattispecie penale e che non ricorreva affatto la non offensività della sostanza ricavabile dalle stesse, data la presenza di principio attivo, sia pure modesto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare.

2. In materia di stupefacenti, per la configurabilità del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, la destinazione a terzi deve emergere non solo dal quantitativo di sostanza stupefacente, certo e determinato ma anche da altri elementi attinenti alle circostanze soggettive ed oggettive della condotta, tali da escludere radicalmente un uso non strettamente personale.

3. In tale ottica, la corte cagliaritana ha osservato che la pochezza delle dosi in possesso del M. (solo 9 dosi giornaliere di marijuana e 4 dosi di hashish) era di per sè significativa dell’abituale consumo, e tale convinzione restava rafforzata dal ritrovamento in casa del M. di oggetti normalmente destinati all’uso personale, quali i filtri in cartoncino, un coltello per la suddivisione, mentre difettavano elementi indiziari di senso contrario, quali il confezionamento in dosi o involucri da utilizzare a tal fine o accertamenti di movimenti di possibili acquirenti nei pressi della abitazione del M..

4. La motivazione, rispondente a criteri di adeguatezza e logicità, è contestata peraltro genericamente dal ricorrente, mentre è pacifico che il solo dato quantitativo, cui pare richiamarsi il motivo, non vale a invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, o a introdurre una sorta di presunzione, sia pure non assoluta, circa la destinazione della droga detenuta a uso non personale, a pena di violazione del principio di stretta riserva di legge in materia penale, di cui all’art. 25 Cost., comma 2) nonchè di quello di presunzione di non colpevolezza ( art. 27 Cost., comma 2). Invero, il giudice di merito ha correttamente rispettato il principio vigente in materia, in forza del quale, ai fini della configurabilità del reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, non è la difesa a dover dimostrare l’uso personale della droga detenuta (così da potersi giovare della sole sanzioni amministrative previste dall’art. 75, dello stesso D.P.R.); invece l’accusa, secondo i principi generali, a dover dimostrare la detenzione della droga per uso diverso da quello personale.

5. Non appare fondato neanche il secondo motivo, relativo alla rilevanza penale della coltivazione delle piante di cannabis.

6. Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile. (Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, Corte cost. n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996).

E’ stato chiarito che il principio di offensività – in forza del quale non è concepibile un reato senza offesa ("nullum crimen sine iniuria") – secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, opera su due piani, "rispettivamente, della previsione normativa, sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, relativo alla messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale (offensività in astratto), e dell’applicazione giurisprudenziale (offensività in concreto), quale criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l’interesse tutelato" (così testualmente Corte Cost. n. 265/05 e, in senso conforme, vedi pure le decisioni nn. 360/95, 263/00, 519/00, 354/02).

La Corte Costituzionale, ha perciò ritenuto che la condotta di coltivazione di piante da cui sono estraibili i principi attivi di sostanze stupefacenti integra un tipico reato di pericolo presunto, connotato dalla necessaria offensività della fattispecie criminosa astratta. In ossequio, però, al principio di offensività inteso nella sua accezione concreta, ha rimesso al giudice di verificare se la condotta, di volta in volta contestata all’agente ed accertata, sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva.

7. Nel caso in esame, la corte distrettuale ha messo in evidenza che in base agli accertamenti tecnici compiuti sulle due piantine sequestrate dall’intero fogliame delle stesse era possibile ricavare un quantico complessivo di THC pari a 0,018 corrispondente ad un terzo di dose media giornaliera.

8. La definizione di inoffensività della condotta è ancorata a tale dato di fatto, poichè è stato specificato che il consumo di tutto il fogliame delle due piante, in una sola occasione, non avrebbe potuto produrre significativo un effetto dopante; il ragionamento espresso è dunque ineccepibile, poichè nello specifico caso la sostanza ricavabile dalla coltivazione non era idonea a produrre in concreto un effettiva lesione o messa in pericolo del bene tutelato dalla norma.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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