Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 28-02-2011, n. 139 Decadenza dall’impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Catania, la sig.ra Ar.Ma.Fr., collaboratrice amministrativa presso il Liceo Artistico di Catania, impugnava il provvedimento n. 62 dell’11 febbraio 1995 del Provveditore agli Studi di Catania, con il quale la stessa era stata dichiarata decaduta dall’impiego di ruolo ex art. 127, lett. d), del D.P.R. n. 3 del 1957, per averlo conseguito mediante la produzione di documenti risultati falsi.

Deduceva le seguenti censure di diritto:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 127, lett. d) del D.P.R. 10 gennaio 1957 e n. 3 D.P.R. n. 487/1994.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per difetto dei presupposti di cui alle norme sopra rubricate, in quanto adottato dall’Amministrazione solo sulla base di una comunicazione della Procura distrettuale della Repubblica di Catania nella quale si evidenziava che due certificati di servizio prodotti dalla ricorrente, e rilasciati da due istituti tecnici privati, sarebbero risultati falsi; l’Amministrazione non avrebbe, dunque, effettuato alcun autonomo accertamento, che avrebbe invece permesso di verificare l’insussistenza di ogni ipotesi di falsità, atteso che le copie conformi dei certificati, prodotte dalla ricorrente, erano identiche agli originali.

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della L. 7 febbraio 1990, n. 19.

Il provvedimento impugnato sarebbe, altresì, illegittimo, perché adottato senza il previo esperimento di un procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7, 8 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241.

Le norme sopra calendate sarebbero state violate sia sotto il profilo della carenza di istruttoria del procedimento che sotto il profilo della violazione delle garanzie partecipative di cui alla legge n. 241/90, non essendo stato comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento diretto alla dichiarazione di decadenza dall’impiego.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con sentenza n. 1216/08, il T.A.R. adito accoglieva il terzo motivo di ricorso e, ritenuti assorbiti gli altri due, annullava, per l’effetto, il provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti legittimi dell’Amministrazione.

Con il ricorso in epigrafe, l’Amministrazione ha dedotto che l’impugnato provvedimento di destituzione adottato nei confronti dell’appellata costituiva, per l’Amministrazione procedente, atto vincolato, del tutto privo di discrezionalità e, pertanto, non potendo detto provvedimento avere un contenuto diverso, la mancata attivazione delle garanzie partecipative dalla stessa richieste non ne avrebbe leso alcun diritto.

Ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.

Ha replicato l’appellata per dedurre l’infondatezza del ricorso in appello e per chiederne, quindi, il rigetto.

Alla pubblica udienza del 30 giugno 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Si discute se il provvedimento emesso dall’Amministrazione, con il quale l’odierna appellata è stata dichiarata decaduta dall’impiego, e da questa impugnato in prime cure, possa considerarsi legittimo nonostante risulti carente sotto i profili dell’istruttoria del procedimento e delle garanzie partecipative di cui alla legge n. 241/90.

L’Amministrazione ricorrente ha emesso il provvedimento contestato avendo ricevuto comunicazione dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catania che, a seguito di indagini, i certificati di servizio prodotti dalla sig.ra Ar. e rilasciati da un istituto di istruzione privato erano risultati falsi.

L’appellante sostiene che il provvedimento vada considerato alla stregua di un atto vincolato, per il quale sarebbe stato superfluo avviare un procedimento istruttorio con le garanzie partecipative di cui alla legge n. 241/90, in quanto detto provvedimento, all’esito di tale attività, non avrebbe potuto essere diverso, tanto è vero che la sig.ra Ar. è stata poi condannata per il reato alla stessa ascritto.

Di contro, parte appellata sostiene che il provvedimento è stato emesso senza un previo procedimento disciplinare e che, comunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto avviare il procedimento istruttorio, previsto in casi della specie, con l’osservanza delle prescritte garanzie partecipative in suo favore, ritenuto, altresì, che la Procura della Repubblica ha effettuato la superiore comunicazione durante la fase delle indagini preliminari e la sentenza di condanna è stata emessa, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. "patteggiamento") ad un anno di distanza dalla data di emissione del provvedimento in discussione.

Tanto premesso, il Collegio ritiene che gli argomenti addotti dall’Amministrazione a sostegno della legittimità del provvedimento, ex adverso impugnato, siano meritevoli di favorevole considerazione.

Invero, non si comprende quale attività istruttoria avrebbe potuto condurre l’Amministrazione, posto che i fatti all’origine del provvedimento di decadenza dall’impiego dell’appellata erano già stati accertati dalla magistratura penale. Nella circostanza de qua, inoltre, alcuna discrezionalità poteva essere riconosciuta in capo all’Amministrazione a fronte di una comunicazione proveniente da detta Autorità giudiziaria ed, infine, non v’è dubbio che il provvedimento adottato dall’Amministrazione vada considerato alla stregua di un atto dovuto, che non può essere annullato per carenza di garanzie partecipative dell’interessata, atteso che l’atto finale non poteva comunque essere diverso da quello emesso dall’Amministrazione.

Dispone, infatti, l’art. 21 octies, 2° comma, della legge n. 241/90 che: "Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

L’appello in epigrafe deve, pertanto, essere accolto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di giudizio, determinate in Euro 2.000,00 (duemila/00), seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Le spese del presente grado di giudizio, determinate in Euro 2.000,00 (duemila/00) seguono la soccombenza.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 30 giugno 2010, con l’intervento dei signori: Paolo D’Angelo, Presidente f.f., Guido Salemi, Gabriele Carlotti, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.

Depositata in Segreteria il 28 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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