Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 02-03-2011, n. 8324

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Padova ha respinto il ricorso in opposizione avanzato da D.F.S. avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio dello Stato.

2. Ricorre per cassazione l’imputata, lamentando violazione di legge.

L’inesistenza dei requisiti reddituali è stata desunta dalla proprietà di tre vecchie auto non circolanti, di cui non era prescritta la dichiarazioni nell’apposito modulo, atteso che esso fa riferimento solo al reddito rilevante ai fini dell’IRPEF. Inoltre, il Giudice non è titolare di un autonomo potere di revoca che, invece, può essere esercitato solo in casi tassativamente previsti, come ritenuto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite.

Nel caso di specie la revoca si fonda solo sull’assunta incompletezza della dichiarazione volta alla fruizione del beneficio. L’eventuale falsità dell’atto potrà al più rilevare in ambito penale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, ma non può comportare la revoca dell’ammissione al patrocinio statale.

Infine si lamenta che erroneamente il Giudice non abbia dato corso alle invocate richieste istruttorie, assumendosi il ruolo improprio di giudice di legittimità.

La ricorrente ha presentato una memoria e motivi aggiunti: si rimarca che la richiedente non aveva l’obbligo di dichiarare la proprietà delle auto, non essendo ciò previsto dalla normativa.

3. Il ricorso è infondato. Premesso che contro il provvedimento in esame è ammesso ricorso per cassazione solo per violazione di legge, occorre considerare che la pronunzia impugnata evidenzia che la revoca è stata adottata nel rispetto del cit. D.P.R., art. 112 che, al comma 3, prevede tale possibilità all’esito delle integrazioni richieste ai sensi dell’art. 96, commi 2 e 3, avendo la Guardia di Finanza riferito in ordine alla proprietà di tre auto e di una quarta sottoposta a fermo amministrativo. Da tale informativa si inferisce che la dichiarazione sulle condizioni reddituali è reticente e non ha posto il giudice nella condizione di valutare compiutamente la condizione economica. Ciò rende l’istanza radicalmente inammissibile, come ritenuto dalle Sezioni unite della Suprema Corte.

Tale valutazione è nel suo complesso immune da censure. Come già condivisibilmente ritenuto ripetutamente da questa Corte, nella determinazione del reddito, da valutarsi ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al gratuito patrocinio, non si fa pedissequa applicazione della disciplina dell’IRPEF, non essendo in questione un’imposta da pagare bensì un peculiare istituto che attribuisce rilevanza anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante (sul punto anche la sentenza della Corte Costituzionale in data 17-3-1992 n 144) (Cass. 4, 15 aprile 2008, 239893; Cass. 4, 15 dicembre 2008, Dimitrova). Tale interpretazione è aderente alle già indicate peculiari finalità della disciplina in esame, che trovano conferma nel cit. art. 76, comma 3, che considera rilevanti anche i redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte ovvero ad imposta sostitutiva.

Un’ulteriore conferma delle peculiarità della disciplina e della valutazione demandata al giudice perviene dal D.P.R., art. 96, comma 2: "il magistrato respinge l’istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte".

Del resto anche la giurisprudenza costituzionale (sentenza 17 marzo 1992 n. 144) ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. 30 luglio 1990, n. 217, artt. 3 e 5 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), ed ha chiarito che non vi è una corrispondenza biunivoca tra il reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio e quello dichiarato o accertato ai fini fiscali, perchè ai fini della legge impugnata rilevano anche redditi che non sono stati assoggettati ad imposta vuoi perchè non rientranti nella base imponibile, vuoi perchè esenti, vuoi perchè di fatto non hanno subito alcuna imposizione: quindi rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali è stata elusa l’imposizione fiscale (v anche C. cost., 27 novembre 1998, n. 386).

Ciò ha fondato la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte in ordine alla possibilità di utilizzazione di presunzioni semplici ed alla struttura indiziaria dell’apprezzamento demandato al giudice di merito in ordine alla condizione economica di chi richiede l’ammissione al beneficio in esame (Cass. 4, 14 ottobre 2008, Zara).

Alla luce di tale ricostruzione della disciplina emerge che senza dubbio, anche alla luce del L. 17 agosto 2005, n. 168, art. 112, il Giudice dispone di potere officioso di revoca a seguito dell’accertata inesistenza delle condizioni di legge.

Quanto al contenuto della dichiarazione del richiedente, alla luce della indicata peculiare configurazione dell’istituto in esame, sussiste l’obbligo di indicare tutto quanto rilevante in ordine alla complessiva situazione reddituale. Il principio è stato enunciato anche dalle Sezioni unite di questa Corte in tema di falsità della dichiarazione di cui si parla, con riferimento ad un caso in cui era stata omessa proprio la dichiarazione di immobili e di mobili registrati (S.U. 27/11/2008, Rv. 242152). Si è condivisibilmente rimarcato che la normativa "accentua l’onere di attestazione dell’istante a fine di prova delle sue condizioni di reddito" … "la norma incriminatrice, per quanto rapporti la falsità della "dichiarazione sostitutiva" al modello dell’art. 483 c.p., la cala in effetti in una previsione complessa, già per il suo tenore ed il correlato contenuto dell’istanza a pena di inammissibilità (v. l’esordio dell’art. 79). Difatti la dichiarazione non ha per sè ad oggetto la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, bensì i dati da cui l’istante la induce quale risultato, suscettibile di valutazione discrezionale seppur vincolata dell’organo destinatario". Ed ancora: "la norma penale sottolinea la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità del tenore dell’istanza cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenza di decidere. La necessità di dettaglio del tenore dichiarativo dell’istanza è significata in maniera risolutiva dal D.P.R. n. 112 del 2002, art. 96, comma 2, che prescrive: "il magistrato… respinge l’istanza se vi sono fondati motivi di ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni degli artt. 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte". Infine, non si è mancato di rilevare la connessione tra falsità della dichiarazione ed inammissibilità della domanda.

Alla luce di tali enunciazioni di principio l’ordinanza impugnata appare immune da censure, sia che la si voglia riguardare quanto alla ritenuta inammissibilità della richiesta per l’incompiuta attestazione in ordine alla situazione economica; sia che la si rapporti alla ponderazione indiziaria desunta dalla proprietà di quattro autovetture, non potendo nella presente sede di legittimità essere compiute valutazioni che involgano la riconsiderazione del merito, tanto più che, come si è accennato, l’unico vizio deducibile è quello di violazione di legge.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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