Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 02-03-2011, n. 8294 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ta e Azzena, che hanno chiesto l’annullamento senza rinvio.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A seguito di giudizio abbreviato il Tribunale di Tempio Pausania ha assolto S.A. dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè il fatto non costituisce reato.

La pronunzia è stata riformata dalla Corte d’appello di Sassari che ha invece affermato la penale responsabilità.

L’imputazione attiene alla ricezione e detenzione di un plico contenente vari oggetti tra cui un lettore DVD al cui interno erano nascosti sei ovuli contenenti circa 760 g lordi di cocaina.

Il fatto è stato ricostruito dal Tribunale nei seguenti termini.

Il giorno 22 aprile l’imputato ricevette, nel suo esercizio di bar ristorante, un plico; iniziò ad aprire il pacco sul bancone del bar davanti a diverse persone, come riferito anche da due testimoni, manifestando perplessità al riguardo; poco dopo telefonò all’amico ed occasionale collaboratore C. per verificare se quel plico lo riguardasse, ricevendone risposta negativa; circa mezz’ora dopo l’imputato, alla presenza dello stesso C. e di un amico di nome Co., riaprì il pacco e, constatato che il lettore DVD presentava dei graffi, allentò le viti e constatò la presenza al suo interno di alcuni sacchetti chiusi.

Due giorni dopo, personale di polizia si presentò nel locale, chiese se fosse stato consegnato un pacco e, ricevuta risposta affermativa, provvide al sequestro del materiale in questione custodito nell’abitazione del S., contenente ancora all’interno del lettore DVD la cocaina in imputazione.

Il primo giudice ha emesso pronunzia assolutoria avendo ritenuto l’esistenza di significative circostanze che corroborano la tesi difensiva secondo cui il pacco era stato recapitato probabilmente per un errore e comunque senza che l’imputato avesse alcun ruolo nell’illecito.

Tali elementi di giudizio sono costituiti dalla circostanza che l’imputato aprì per la prima volta il plico all’interno del bar ed in presenza di numerose persone, come riferito da due testimoni.

Egli controllò successivamente il reale contenuto del collo insieme ai due già indicati amici, che hanno confermato la circostanza, riferendo anche delle perplessità e delle paure in quell’occasione manifestate dal ricorrente.

Inoltre l’imputato, all’arrivo dei finanzieri, consegnò immediatamente e spontaneamente il plico che conteneva ancora la droga nel nascondiglio.

L’imputato ha pure riferito di aver ricevuto poco prima dell’arrivo del personale di polizia una telefonata da parte di persona che affermò di essere coinvolta nella spedizione, affermò altresì che la consegna era avvenuta per errore e che il pacco sarebbe stato ritirato nei giorni seguenti.

Tale circostanza risulta confermata dai tabulati telefonici acquisiti, dai quali emerge una telefonata proveniente da utenza intestata ad un cittadino di nazionalità romena.

Si è tratto infine argomento dalla circostanza che l’imputato ha sempre sollecitato l’approfondimento delle indagini e che in ogni modo vi ha collaborato.

Egli, inoltre, non ha mostrato alcun comportamento indicativo della volontà di trasformare il mero rapporto materiale con la cocaina in detenzione illecita penalmente rilevante.

Tale valutazione del caso è stata confutata dal giudice d’appello.

Si è rilevato che il plico proveniva dall’Inghilterra ed era indirizzato proprio l’imputato e che gli al momento del controllo di polizia deteneva coscientemente e volontariamente la droga in casa propria, detenzione che si protraeva da due giorni, senza che possa ipotizzarsi la finalità di uso personale.

Tali fatti comprovano di per sè che l’imputato deteneva illecitamente la droga e dimostrano quindi la tesi accusatoria.

L’imputato sapeva di detenere lo stupefacente di farlo al di fuori di alcune ipotesi scriminante.

La Corte d’appello confuta la tesi difensiva secondo cui il plico sarebbe stato recapitato per errore e senza il consenso.

Tale ipotesi non convince il giudice d’appello poichè il collo recava nome e cognome dell’imputato nonchè l’indirizzo dell’esercizio commerciale.

L’imputato, all’atto della consegna non ha segnalato alcun errore.

L’ipotesi della spedizione all’insaputa del destinatario è intrinsecamente inverosimile.

Inoltre il giudice di merito esclude la significatività delle circostanze di contenuto difensivo evidenziate dal Tribunale.

L’apertura del pacco in presenza di testimoni non appare imprudente atteso che i testi hanno riferito che essa avvenne solo in parte, mentre non è stato dimostrato che il collo fosse rimasto incustodito su un tavolino, come riferito dall’imputato.

Viene pure ritenuta ingiustificata la decisione di controllare il contenuto del pacco in presenza dei due testimoni in quanto sarebbe stato più naturale e credibile avvisare il corriere oppure effettuare da solo una visione più accurata.

Pure singolare viene ritenuta la condotta di custodire il plico anzichè informare subito le forze dell’ordine.

Tale comportamento, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, non è affatto comprensibile in una persona estranea ai traffici illeciti.

Viceversa la custodia dello stupefacente a casa propria è assolutamente razionale e comprensibile nell’ottica accusatoria.

Neppure credibile appare la tesi difensiva secondo cui, come riferito da uno degli amici, imputato si sarebbe astenuto dal consegnare il pacco ai carabinieri per paura di essere coinvolto in qualche modo nei fatti.

Si reputa anche inverosimile quanto riferito circa il proposito del cittadino rumeno di presentarsi a ritirare il pacco solo dopo due giorni: un lasso di tempo che viene ritenuto incongruamente lungo in rapporto alla preziosità del carico.

Ancora, si considera non sintomatica di innocenza la consegna del materiale al personale di polizia, avendo l’imputato ben compreso che gli inquirenti sapevano già tutto.

Appare infine comprensibile che, nell’ambito del traffico internazionale, un soggetto incensurato ed insospettabile fosse il destinatario della droga.

2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo mancanza, insufficienza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Si assume che la pronunzia è un coacervo di illogicità e contraddizioni; e che essa pone nel nulla precise risultanze processuali.

La censura inizia dalla segnalazione dell’errore afferente alla circostanza che sul plico recapitato dal corriere fossero riportate le generalità dell’imputato.

Tale erronea affermazione è in contrasto con quanto riportato in altra parte della motivazione, ove si afferma correttamente che il pacco era indirizzato al caffè di cui il ricorrente è gestore.

Si segnala altresì la illogicità della pronunzia nell’esaminare le circostanze che avevano condotto il primo giudice a ritenere dimostrata la buona fede dell’imputato.

La Corte d’appello si limita a ritenere ingiustificate le chiamate agli amici dopo la ricezione del pacco ed altrettanto ingiustificate le attività di verifica del suo effettivo convenuto compiute in presenza di due testimoni: un’operazione che un trafficante avrebbe sicuramente evitato, agendo in segreto e separando la droga dalle cianfrusaglie.

Altrettanto irrazionalmente la pronunzia afferma l’inverosimiglianza della telefonata del cittadino rumeno che, assumendo un errore nella consegna del pacco, raccomandò di tenerlo a disposizione per il ritiro che sarebbe avvenuto il giorno 26 aprile.

La Corte territoriale dimentica che la telefonata fu riferita nell’immediatezza dall’imputato nelle sue dichiarazioni spontanee ed è stata finalmente accertata nella sua storica verità soltanto a seguito dell’attività investigativa disposta dal giudice nel giudizio abbreviato.

Si è vanamente chiesto ai giudici di spiegare come sia conciliabile la tesi che vuole l’imputato come pedina cosciente di un traffico internazionale di stupefacenti con la sua pressante richiesta di far luce sullo stesso traffico.

Altrettanto vanamente si chiesto ai giudici se sia razionale il comportamento della consapevole pedina di un traffico internazionale importante che, una volta ritirato il pacco anonimo provveda ad aprirlo in presenza di testimoni; o se non sia più razionale la condotta di occultamento alla vista di chiunque.

La Corte d’appello ribatte a tale argomento rilevando che in presenza di testimoni venne solo iniziata l’apertura del plico, ma essi in sostanza nulla avevano visto del suo contenuto.

L’argomento è inconferente giacchè l’interrogativo sulla razionalità della scelta di aprire il plico rimane intatto.

Si è pure ricordato alla Corte territoriale che l’imputato aveva telefonato (circostanza riscontrata dai tabulati) al suo collaboratore C. per chiedergli se il plico fosse per caso a lui destinato.

La Corte d’appello manipola arbitrariamente il contenuto della deposizione, limitandosi ad argomentare che sarebbe stato più naturale e credibile contattare il corriere.

Questo passaggio della motivazione è, secondo il ricorrente, affetto da diversi errori fattuali e logici.

In realtà l’imputato non chiamò due amici ma uno solo, non lo chiamò perchè lo aiutasse a verificare il contenuto del pacco ma per chiedergli se per caso esso fosse a lui destinato.

Si è pure dimostrato che era non percorribile l’opzione di avvisare il corriere, visto che il suo indirizzo non era riportato nel plico, tanto è vero che l’imputato ignorava se si trattasse delle Poste italiane o di altro vettore. Resta invece il fatto che il teste C. ha effettivamente riferito di aver ricevuto la telefonata in questione all’ora di pranzo; ed ha pure confermato di aver raggiunto l’imputato più tardi nel locale e, insieme al teste Co., di aver ispezionato il contenuto del pacco con un misto di timore e curiosità quando tutti e tre insieme scoprirono il suo compromettente contenuto.

L’indicato quadro d’insieme conduce a ritenere completamente illogica la ricostruzione degli accadimenti, essendo chiaro che un attore non ignaro del contenuto del plico lo avrebbe ispezionato da solo.

La Corte territoriale non spiega, invece, perchè il ricorrente renda edotte della questione diverse persone e non separi lo stupefacente dall’oggetto in cui era nascosto.

In realtà la ricomposizione del contenuto del lettore DVD è perfettamente in linea con gli altalenanti propositi del prevenuto mentre non lo è affatto con l’ipotesi accusatoria.

La stessa Corte assume gratuitamente che la droga fosse destinata al "famoso rumeno", trascurando che tale personaggio è emerso proprio per le indicazioni offerte nell’immediatezza dall’imputato che riferì il numero di cellulare.

La Corte d’appello ha completamente trascurato tale condotta, evidentemente finalizzata alla ricostruzione della trama della organizzazione e dei suoi adepti e quindi incompatibile con l’ipotesi accusatoria.

Secondo il ricorrente, ancora, il giudice d’appello ha completamente trascurato di ponderare il dilemma dell’imputato riferito dei testi e riconosciuto dal tribunale: egli era dubbioso sul da farsi perchè temeva che, avvertendo i Carabinieri, corresse il rischio di incorrere nelle ire degli ignoti ma pericolosi delinquenti che stavano dietro all’operazione; e temeva altresì che le forze dell’ordine potessero non credere alla sua versione dei fatti.

Dagli atti del processo risulta provata la circostanza che l’imputato ritenne di trovarsi dinanzi a quel bivio drammatico.

Il teste C. riferì in sede di indagini che il S. aveva paura che si presentasse qualcuno armato o a danneggiare il locale;

riferì altresì di averlo incoraggiato, insieme al teste Co., ad andare dai Carabinieri o a restituire il plico alle poste.

E’ dunque provato che il S. ebbe l’impulso di recarsi alle poste o dai Carabinieri ma non ebbe il coraggio di agire fino in fondo.

Tali dubbi sono stati correttamente posti in luce dal primo giudice e completamente oscurati dal giudice d’appello che non spende neppure una parola sui timori palesati agli amici.

Infine, si trascura che l’imputato ha in estremo manifestato la sua buona fede chiedendo l’esame testimoniale degli agenti operanti e quindi affidando completamente al buio la propria difesa al personale di polizia.

Tali funzionari hanno chiarito che le informazioni ricevute, che li avevano indirizzati al bar dell’imputato non coinvolgevano la persona del S..

La Corte d’appello, infine, ha errato nella definizione del concetto giuridico di detenzione confondendolo con quello di materiale disponibilità.

La detenzione illecita è quella che si concreta nel tenere come propria la sostanza con la quale non si è stabilita una relazione semplicemente materiale, essendovi invece l’intenzione di disporne come dominus.

E’ stato invece dimostrato che l’imputato trattenne con sè la sostanza perchè non aveva sciolto il dilemma tra il proposito di consegnare il materiale alle forze dell’ordine ed il timore di subire rappresaglie.

Dunque, conclude il gravame, la Corte d’appello ha completamente trascurato di prendere in esame il nodo essenziale dell’elemento psicologico.

3. Il ricorso è infondato.

L’analitica preliminare esposizione del contenuto delle pronunzie di merito e dei motivi di gravame consente a questa Corte di focalizzare direttamente l’attenzione sui temi di diretto e decisivo rilievo nella presente sede di legittimità.

Rileva, dunque, preliminarmente, che il vizio della motivazione conduce alla cassazione della pronunzia quando mostra una "manifesta" illogicità dell’argomentazione.

Alcune delle deduzioni difensive, sebbene fondate, non disarticolano il nucleo della motivazione.

E’ infatti vero che erroneamente si è affermato che il plico recava il nome dell’imputato; ma tale errore è implicitamente ovviato in altra parte della pronunzia e non ha comunque avuto rilievo significativo ai fini della decisione.

Parimenti è erronea l’enunciazione che il rapporto materiale con un oggetto ne implica l’illecita detenzione a prescindere dalle ragioni di tale rapporto e dall’atteggiamento interiore.

Neppure tale enunciazione, peraltro, assume un ruolo decisivo.

Questa Suprema Corte, infatti ritiene di scorgere il nucleo valutativo che ha condotto la Corte d’appello all’affermazione di responsabilità nel paragrafo 4.3: in breve, si evidenzia con forza che è radicalmente da escludere che un così significativo quantitativo di droga possa essere stato spedito ad un soggetto ignaro e non coinvolto nel traffico illecito.

Ciò avrebbe comportato un evidente ed inaccettabile rischio di perdita della partita.

A fronte di tale dato probatorio altamente significativo, la Corte di merito considera tutte le circostanze di contorno prospettate dalla difesa come aspetti della vicenda privi di significazione univoca e decisiva.

Tale apprezzamento di merito resiste al vaglio di "manifesta" illogicità demandato a questa Corte Suprema.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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