Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 02-03-2011, n. 8293 ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 22 febbraio 2010 il Tribunale di Udine in composizione monocratica dichiarava B.M.T. responsabile del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. a) per avere guidato, in data 21.12.2007, il veicolo Land Rover targato (OMISSIS) in stato di ebbrezza in conseguenza dell’assunzione di bevande alcoliche e la condannava alla pena di Euro 600,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

Le comminava altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi tre.

Il Tribunale aveva ritenuto inutilizzabile il referto clinico prodotto dal P.M. quale prova della effettiva concentrazione alcolica riscontrata sulla persona della B., in quanto si era riportato alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui il prelievo effettuato in assenza di consenso, non nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso, e dunque non necessario a fini sanitari, è inutilizzabile ex art. 191 c.p.p. per violazione del principio costituzionale che tutela l’inviolabilità della persona.

Avverso tale sentenza il Procuratore Generale della Repubblica di Trieste proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento, con ogni conseguenza di legge.
Motivi della decisione

Il Procuratore Generale ricorrente censurava l’impugnata sentenza per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 191, 192 e 533 c.p.p..

Mancanza o, comunque, vizio di motivazione rilevabile dal testo della sentenza impugnata ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Secondo il Procuratore Generale ricorrente, fermo restando il principio giurisprudenziale riportato nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe dovuto ricostruire la vicenda così come svoltasi in concreto e avrebbe dovuto poi dare conto nella motivazione degli elementi probatori raccolti, dei criteri impiegati e dei risultati raggiunti.

Il Giudice pertanto, atteso che il referto tossicologico era stato rilasciato dal Dipartimento diagnostica di laboratorio dell’Ospedale Universitario di Udine, su richiesta inoltrata in via di urgenza dal Pronto Soccorso di quel nosocomio, avrebbe dovuto accertare se l’interessata avesse manifestato in qualsiasi forma (anche tacita) il consenso al prelievo ematico, ovvero se la condotta dei sanitari avesse prevaricato una effettiva e percepibile volontà contraria dell’infortunata, oppure, infine, se le condizioni psico fisiche di quest’ultima imponessero, comunque, alla luce delle caratteristiche della situazione clinica, il prelievo finalizzato alla individuazione di un eventuale stato di alterazione alcolica.

Il ricorso merita accoglimento.

In questa sede deve innanzitutto ribadirsi il principio già recepito da talune pronunzie dei Giudici di questa stessa Sezione 4^, (Sez. 4^ n. 1827 del 4 novembre 2009 dep. 15 gennaio 2010 imp. Boraco che fa diretto rinvio ad altre sentenze concernenti anche la medesima questione) secondo cui sono utilizzabili, ai fini dell’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, i risultati dell’accertamento del tasso alcoolemico conseguenti a prelievo ematico eseguito al pronto soccorso, a richiesta della P.G. ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 5 (quale norma speciale) nei confronti di soggetto ivi ricoverato perchè rimasto coinvolto in incidente stradale "senza che rilevi l’assenza del consenso dell’interessato".

Con altra pronunzia (Sez. 4^, n. 6198 dell’11 novembre 2008 dep. 12 febbraio 2009 imp. Reinhard) si è altresì sancita l’utilizzabilità degli esiti degli stessi accertamenti richiesti dalla Polizia Stradale ai sensi degli artt. 186 e 187 C.d.S., senza il consenso dell’interessato ed al di fuori delle esigenze riconnesse ad una specifica forma di trattamento sanitario – e quindi non per finalità terapeutiche – attesa la logica incompatibilità con il preventivo consenso, della previsione della rilevanza del rifiuto, a fini penali.

In tal senso depone l’insegnamento del Giudice delle leggi (cfr. motivazione della sentenza Corte cost. n. 238/1996) che, nel giudicare costituzionalmente illegittimo l’art. 224 c.p.p., comma 2 per contrasto con l’art. 13 Cost., comma 2 laddove consentiva al giudice penale, in sede di operazioni peritali, di disporre misure incidenti sulla libertà personale dell’indagato o dell’imputato, in spregio alla prestabilita riserva di legge (informata ad assicurare il rispetto del principio di tassatività) ha invece sottolineato che dalla stessa censura di illegittimità erano sottratti proprio gli artt. 186 e 187 C.d.S. con i quali "il legislatore – operando specificamente il bilanciamento tra l’esigenza probatoria di accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale – aveva dettato una specifica disciplina dell’accertamento sulla persona del conducente in apparente stato di ebbrezza, della concentrazione di alcool nell’aria espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo in entrambi i casi la possibilità del rifiuto dell’accertamento"; disciplina del pari ritenuta dalla stessa Corte costituzionale immune da profili di illegittimità anche con sentenza n. 194 del 1996 che aveva escluso la denunziata vulnerazione dell’art. 13 Cost., comma 2 atteso che la dettagliata normativa di tale accertamento non consente neppure di ipotizzare la violazione della riserva di legge, non configurando peraltro il prelievo ematico un trattamento sanitario obbligatorio".

La disposizione di cui all’art. 185 C.d.S., comma 5 deve ritenersi quindi norma speciale la cui applicazione prescinde dalla necessità del consenso dell’interessato.

Ed è altresì ovvio che la ratio che sottende la diretta e legittima utilizzabilità a fini probatori, quale documento, del referto relativo all’accertamento del tasso alcoolemico, eseguito tramite prelievo di sangue discende dall’esigenza primaria di salvaguardare la sicurezza della circolazione stradale e soprattutto l’incolumità di tutti gli utenti; sicurezza compromessa, nel caso di specie, dalla condotta della prevenuta coinvolta in incidente stradale (sì da esser comunque condotta al pronto soccorso per le cure e gli accertamenti ematici del caso) a cagione del tasso alcoolemico pari a 1,52 gr/l., che presentava mentre era alla guida di autoveicolo.

Nella fattispecie di cui è processo vi è stata la richiesta di cui all’art. 186 C.d.S., comma 5, rivolta dall’Ufficiale di P.G. al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Udine, cui seguiva l’effettuazione del prelievo ematico sulla persona di B.M.T. e la trasmissione del referto tossicologico rilasciato dal Dipartimento diagnostica di laboratorio dell’Ospedale Universitario di Udine, su richiesta inoltrata in via di urgenza dal Pronto Soccorso di quel nosocomio.

In tale contesto si deve ritenere sussistente una forma (anche tacita) di consenso al prelievo ematico da parte della B., non risultando nessuna lamentela da parte della stessa circa una eventuale condotta dei sanitari che avesse prevaricato la sua effettiva e percepibile volontà contraria.

Il che induce legittimamente a ritenere che non vi era stato espresso rifiuto della prevenuta al prelievo – indiscutibilmente ostativo all’accertamento dell’alcoolemia – ( che i sanitari sarebbero stati, anche sul piano deontologico, tenuti a verbalizzare ) e che al riguardo la B. era stata preventivamente interpellata attesochè le lesioni riportate nel sinistro stradale non erano certamente impedienti della prestazione dello stesso.

Da qui pertanto la sussistenza di una "prova implicita del fatto che l’assenso al necessario prelievo fu routinariamente richiesto in forma orale e regolarmente prestato".

La sentenza impugnata deve essere quindi annullata con rinvio al tribunale di Udine.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Udine.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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