Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 02-03-2011, n. 8288 ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17 marzo 2009 il Tribunale di Pisa dichiarava P.E. colpevole del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2 perchè guidava l’autovettura Toyota targata (OMISSIS) in stato di ebbrezza e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di giorni dieci di arresto ed Euro 250,00 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e gli applicava altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un mese.

Avverso tale sentenza la difesa del P. proponeva appello.

La Corte di appello di Firenze, con sentenza dell’8.04.2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, sostituiva nei confronti di P.E. la pena dell’arresto con l’ammenda di Euro 380,00; determinava la pena complessiva in Euro 630,00;

escludeva la sospensione condizionale della pena e applicava sull’intera pena l’indulto ex L. n. 241 del 2006; concedeva la non menzione della condanna e confermava nel resto la sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza il P., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.

In ogni caso chiedeva dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, annullare senza rinvio la sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorrente censurava l’impugnata sentenza nonchè l’ordinanza dell’8 aprile 2010 con cui la Corte di appello riteneva valida la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello, così come effettuata presso il domicilio da lui originariamente eletto, per i seguenti motivi:

1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 606 c.p.p., lett. c); omessa notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello presso il domicilio determinato ex art. 161 c.p.p., comma 4, nullità ex art. 179 c.p.p.; in subordine nullità della notificazione ex art. 178, lett. c) per la violazione e falsa applicazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4, sì da non garantire l’intervento dell’imputato; violazione dell’art. 168, nullità ex art. 171 c.p.p., lett. d); illegittimità dell’ordinanza dell’8 aprile 2010 con cui la Corte di appello di Firenze rigettava le eccezioni di nullità della notificazione del decreto di citazione in grado di appello; nullità derivata della sentenza impugnata ex art. 185 c.p.p..

Sosteneva sul punto il difensore del ricorrente che, essendo già stata la sentenza di primo grado notificata presso il difensore ex art. 161 c.p.p., comma 4, del tutto illegittimamente si era tentato di notificare il decreto di citazione in appello a P. c/o E. srl, domicilio originariamente eletto e presso cui l’odierno ricorrente non risultava più rintracciabile a seguito di irreperibilità e/o trasferimento.

Rilevava inoltre che non erano state rispettate le prescrizioni di cui all’art. 168 c.p.p., per cui il consegnatario dell’atto doveva sempre essere individuato come persona che abbia un legame certo o con il domicilio eletto o con l’imputato.

2) Violazione e falsa applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità e decadenza ex art. 606 c.p.p., lett. c); violazione e falsa applicazione dell’art. 357, comma 1, lett. e) e art. 431, comma 1, lett. b), nonchè degli artt. 134, 136 e 137 c.p.p.;

inutilizzabilità dell’annotazione di servizio in riferimento all’art. 191 c.p.p. e art. 493 c.p.p., comma 3.

Sussistenza della nullità ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) per essere stato omesso l’avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore ex artt. 354 e 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p..

Sosteneva sul punto la difesa del ricorrente che erroneamente la Corte di appello aveva affermato il principio secondo cui l’annotazione di servizio, in quanto atto pubblico redatto dalla P.G. ed inserito nel fascicolo del P.M., sarebbe atto idoneo a provare nella fase dibattimentale le attività compiute dalla P.G. ai fini di assicurare le fonti di prova, con riferimento all’avvenuto avviso al P. dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore ai sensi degli artt. 354 e 356 c.p.p..

3) Mancanza e, comunque, manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione alla testimonianza resa nel corso dell’udienza del 17 marzo 2009 avanti al Tribunale dall’ufficiale di P.G. V.P., in quanto costui, contrariamente a quanto sembra affermare la Corte di appello, non aveva mai riferito di avere avvisato il P. della facoltà di farsi assistere dal difensore.

4) Mancanza assoluta della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione al motivo di appello indicato con il n. 5) come devoluto alla cognizione della Corte di appello di Firenze con i motivi nuovi presentati il 4 marzo 2010.

Violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 in relazione all’art. 597 c.p.p., comma 1, art. 605 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Rilevava i ricorrente che nel motivo di appello indicato con il numero 5 si lamentava l’omessa revoca del decreto penale opposto e, quindi, l’abnormità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 464 c.p.p., comma 3, come sostituito dalla L. n. 479 del 1999, art. 37, comma 4.

Con riferimento a tale motivo di appello, specificatamente dedotto e per il quale erano state enunciate argomentazioni in fatto e in diritto atte a sorreggerlo, la Corte territoriale non aveva fornito alcuna motivazione.

5) Manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); conseguente violazione e falsa applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b); violazione e falsa applicazione dell’art. 186 C.d.S. come modificato dalla L. n. 125 del 2008 in relazione all’art. 157 c.p., comma 1 e art. 160 c.p. ante L. n. 251 del 2005 in relazione all’art. 2 c.p., comma 4. 6) Violazione ed omessa applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a) come modificato dalla L. 24 luglio 2008, n. 125; conseguente prescrizione del reato, omessa pronuncia, violazione dell’art. 157, comma 1, n. 6 e art. 160 ante L. n. 251 del 2005 in relazione all’art. 2 c.p., comma 4.

Secondo il ricorrente potrebbe eventualmente ritenersi raggiunta la prova soltanto con riferimento all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a) e, in relazione a tale fattispecie criminosa, risulta decorso il termine di prescrizione.

Rilevava che, comunque, anche con riferimento al reato contestatogli di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b), commesso in data 21.10.2005, risultava decorso il termine di prescrizione pari ad anni quattro e mesi sei.

Osserva preliminarmente la Corte che, con riferimento al reato contestato al ricorrente previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b), commesso in data 21.10.2005, risulta decorso alla data del 21.04.2010, non sussistendo periodi di sospensione, il termine di prescrizione pari ad anni quattro e mesi sei, come computabile ex art. 157 c.p., n. 5, artt. 158 e 160 c.p. ante L. n. 251 del 2005.

Tanto premesso si osserva che l’estinzione del reato preclude l’esame dei motivi di ricorso di carattere processuale.

Per quanto invece attiene ai motivi di merito, non emergono elementi che rendano evidente che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

Perchè possa applicarsi infatti la norma di cui all’art. 129 cpv c.p.p., che impone il proscioglimento nel merito in presenza di una causa di estinzione del reato, è necessario che risulti evidente dagli atti processuali la prova dell’insussistenza del fatto, o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

Il sindacato della Corte di Cassazione, infatti, in presenza di una causa estintiva del reato, deve limitarsi ad accertare se una delle ipotesi di cui all’art. 129 cpv c.p.p. ricorra in maniera evidente in base alla situazione di fatto risultante dalla stessa sentenza impugnata, senza che possa estendersi ad una critica del materiale probatorio acquisito al processo, ciò implicando indagini e valutazioni di fatto che esulano dai compiti costituzionali della Corte.

"In tema di declaratoria di causa di non punibilità nel merito, rispetto a causa estintiva del reato, il concetto di "evidenza" presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva, che ogni manifestazione appaia superflua, concretizzandosi, così, in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato" (Cass. Sez. 4^, sent. N. 12724 del 28.10.1988).

Tanto premesso, nella fattispecie che ci occupa, non può certo dirsi che risulti evidente l’esistenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cpv c.p.p. nei confronti del P..

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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