Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-04-2011, n. 9347 incarichi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ad Tribunale di Catania, F.M.G. esponeva di essere dipendente della locale Azienda U.S.L. n. (OMISSIS), con profilo di assistente sociale coordinatrice. Esponeva che essendosi reso vacante il posto di Dirigente del servizio Sociale, l’Azienda aveva invitato tutte le assistenti coordinatrici ad inviare il loro curriculum. Che con Delib. 14 novembre 2000, n. 4693 il Direttore Generale aveva conferito l’incarico di Dirigente dei servizio Sociale alla dott. A..

Lamentava la F. la illegittimità della scelta in quanto assumeva di aver titoli potiori rispetto alla A. e comunque che la scelta era avvenuta senza la indicazione dei criteri adottati, in quanto soltanto ex post, con Delib. n. 523 del 2001, il Direttore Generale aveva provveduto alla indicazione dei criteri di conferimento dell’incarico dirigenziale.

Tanto premesso la F. chiedeva ordinarsi all’Azienda di conferirle l’incarico di responsabile del Servizio Sociale aziendale e in subordine ordinarsi alla stessa Azienda di predeterminare i criteri per l’affidamento dell’incarico dirigenziale, nel rispetto della L. n. 29 del 1993, art. 19 e successive modifiche, oltre che dell’art. 21 del CCNL, nonchè del decreto 14 luglio 1998 dell’Assessore Regionale alla Sanità, e quindi di procedere alla nomina con provvedimento adeguatamente motivato. Costituitasi in giudizio l’Azienda contestava in fatto e in diritto la domanda chiedendone il rigetto. Instauratosi il contraddittorio anche nei confronti di A.S.D., che seppur ritualmente citata non si costituiva, con sentenza del 1 febbraio 2005 il Tribunale rigettava la domanda.

Avverso questa decisione proponeva appello la F.. Costituitasi l’A.U.S.L. n. (OMISSIS), contestava in fatto e in diritto la domanda chiedendone il rigetto. La A. restava nuovamente contumace.

La Corte di appello di Catania, con sentenza del 4 agosto 2006, respingeva il gravame.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la F., affidato a quattro motivi. Le altre parti sono rimaste intimate.
Motivi della decisione

1.- Con primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 21 del c.c.n.l. di comparto, nonchè violazione del D.Lgs n. 29 del 1993, art. 19 e successive modifiche in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Esponeva che entrambe le norme richiedevano, per il conferimento di incarichi dirigenziali, determinati requisiti, e la norma collettiva, in particolare, prevedeva che le aziende sanitarie a tal scopo dovessero formulare in via preventiva i criteri per il conferimento dell’incarico, cosa nella fattispecie non avvenuta, avendo la A.U.S.L. provveduto solo ex post ad indicare i criteri con i quali era stata incaricata la collega A.. Formulava il prescritto quesito di diritto.

2. – Con secondo motivo la F. denuncia violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 e seguenti modificazioni nonchè dell’art. 21 del C.C.N.L. Violazione dei principi di correttezza e buona fede espressi dagli artt. 1375 e 1175 cod. civ., nonchè insufficiente e illogica motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, dolendosi che i criteri selettivi erano nella fattispecie stati indicati solo successivamente al conferimento dell’incarico ad altro soggetto.

Formulava il prescritto quesito di diritto.

3. – I primi due motivi, che stante la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, sono fondati ed assorbono i restanti.

La clausola contrattuale invocata, art. 21, comma 1, del c.c.n.l. del comparto sanità, stabilisce che le aziende devono formulare in via preventiva i criteri generali per conferire gli incarichi.

La formulazione in via preventiva, nella specie pacificamente non avvenuta, sta a significare la specificazione di criteri obiettivi, che rendano verificabile la scelta compiuta.

Se è quindi pur vero che, come osserva la corte territoriale, il comma 2 del menzionato art. 21, stabilisce già i criteri generali per il conferimento degli incarichi, è evidente che la preventiva formulazione di tali criteri non può risultare un’inutile ripetizione di questi, dovendo piuttosto riguardare, nonostante la terminologia usata ("le aziende formulano in via preventiva i criteri generali per conferire…"), i criteri, generali in quanto validi per la generalità dei dipendenti, che l’azienda seguirà in concreto per il conferimento dei vari incarichi, consentendo di valutarne la correttezza anche ex post, ciò che non può certo avvenire – come invece accaduto nel caso in esame – con la formulazione di criteri comunicati successivamente al conferimento dell’incarico al candidato già nominato.

Questa Corte di cassazione -in una fattispecie avente profili di indubbia analogia con quella ora scrutinata per riguardare l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale medico del Servizio sanitario nazionale – dopo avere premesso che la procedura per consentire tale accesso non ha carattere concorsuale e dopo avere anche precisato che il conferimento dell’incarico ha natura fiduciaria, ha poi affermato che la determinazione dei criteri generali volti a individuare le finalità cui deve essere destinato il colloquio e gli elementi di riferimento che devono essere oggetto del "curriculum" professionale, richiede la loro ulteriore puntualizzazione, in relazione allo specifico incarico da conferire, in via preventiva ad opera dell’azienda (cfr. in tali sensi: Cass. 9 giugno 2009 n, 13243). Statuizione questa che trova un fondamento normativo, per quanto attiene ai rapporti di diritto privato, e nelle regole di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c. e 1375 c.c., che sono correlati, per quanto riguarda i rapporti pubblici, ai principi di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost., che vincolano la pubblica amministrazione a valutazioni comparative nel rispetto dei suddetti principi.

4. -Per concludere -non avendo la sentenza impugnata fatto applicazione del dictum giurisprudenziale sopra enunciato, cui va invece data continuità in ragione dei compiti di nomofilachia devoluti ai giudici di legittimità- il ricorso va accolto e la decisione della corte territoriale va cassata. Ne consegue che, risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, alla stregua dell’art. 384 c.p.c., comma 2, va rimessa alla Corte d’appello di Messina, la quale procederà ad un riesame della intera controversia previa applicazione dei principi sopra enunciati.

Al giudice di rinvio va rimessa anche la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Messina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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