Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 02-03-2011, n. 8286 determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In parziale riforma della pronunzia del Tribunale, la Corte d’appello di Roma ha affermato la responsabilità di D.F. N. in ordine al reato di tentato furto pluriaggravato di cui agli artt. 110, 56 e 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 5 e, concessa l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ritenuta l’equivalenza tra le dette circostanze, ha determinato la pena per il reato di furto consumato in due anni di reclusione ed Euro 450,00 di multa, l’ha ridotta ex art. 56 c.p. ad un anno di reclusione e 300,00 Euro di multa, l’ha infine diminuita di un terzo per la scelta del rito.

La pena finale è stata quindi determinata in otto mesi di reclusione e 200,00 Euro di multa.

2. Ricorre per cassazione l’imputato censurando il metodo di determinazione della pena. Si sarebbe prima dovuto partire dalla pena base prevista per il reato di tentato furto aggravato, indi si sarebbe dovuto esprimere il giudizio di comparazione tra circostanze ed infine si sarebbe dovuta calcolare la diminuzione per la scelta del rito.

Erroneamente il giudizio di comparazione è stato compiuto prima della determinazione della pena per il delitto tentato.

3. Il ricorso è infondato.

Esso trascura che le aggravanti indicate sono ad effetto speciale ed implicano la determinazione della pena edittale in modo autonomo rispetto a quella prevista per il reato base.

In particolare, ex art. 625 c.p., u.c., la pena è da tre a dieci anni di reclusione e da 206,00 a 1549,00 Euro di multa.

E’ dunque evidente che per determinare la pena per il delitto tentato, che come è noto è rapporta a quella per il delitto consumato, si è reso necessario esperire il giudizio di bilanciamento tra le circostanze al fine di stabilire se l’equivalenza tra le circostanze stesse o la prevalenza dell’attenuante potessero consentire la determinazione della sanzione base ai sensi dell’art. 624 c.p. e non dell’art. 625 c.p., u.c..

La Corte di merito si è attenuta a tale ineludibile criterio, ripetutamente enunciato da questa Suprema Corte (da ultimo Cass. 1^, 21/10/2005, Rv. 232412): ha eliso gli effetti ben sfavorevoli delle circostanze aggravanti per effetto del già detto giudizio di equivalenza, ha quindi correttamente determinato la pena base, rapportata al delitto consumato, ai sensi dell’art. 624 nei termini che si sono sopra riportati; pedissequamente ha ridotto la pena quasi nella misura massima per effetto dell’art. 56 c.p. ed ha infine diminuito la sanzione per la scelta del rito.

Dunque, conclusivamente, non si configura alcuna lesione del criterio legale di determinazione della pena.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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