Consiglio di Stato 1272/2010 (Colpa presunta e responsabilità della P.A.)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO
Con ricorso iscritto al n. 6512 del 2000, Porto San Felice s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 990 del 5 maggio 2000 con la quale era stato accolto in parte il ricorso proposto contro il Comune di Chioggia per l’annullamento dei seguenti atti: a) delibera GM 21.6.1999 n. 298 avente ad oggetto "redazione nuovo P.P. di iniziativa pubblica"; b) delibera GM 21.6.1999 n. 299 avente ad oggetto "annullamento delibera GM n. 1576 del 4.10.1996"; c) atto sindacale 24.6.1999 n. 40456, in quanto dotato di efficacia provvedimentale, che enuncia l’approntamento di un "nuovo P.P.E."; d) delibera consiliare 27.7.1998 n. 106 che nega l’approvazione del P.P.E. precedentemente "recepito"; e) atto dirigenziale 24.6.1999 n. 40476, in quanto dotato di efficacia provvedimentale, che enuncia l’invio dell’istanza di concessione edilizia alla Commissione Salvaguardia di Venezia; f) di ogni altro atto pregiudizievole, comunque connesso.
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso:
– che, come indicato nelle premesse della deliberazione 21.6.1999 n. 298 della Giunta municipale di Chioggia, con delibera commissariale 13.4.1992 n. 1093 l’Amministrazione comunale adottava la "Variante parziale di settore relativa alle urgenze del sistema degli approdi turistici";
– che con successivo provvedimento 20.9.1994 n. 4386, pubblicato sul BUR 15.11.1994 n. 97, la Giunta regionale, recependo il parere della CTR – che, relativamente alla previsione del porto turistico, aveva specificamente prescritto (cfr. pag 11829, II colonna del citato BUR) che lo strumento attuativo "dovrà essere strettamente coordinato con gli strumenti urbanistici previsti per le aree limitrofe" -, approvava la variante apportando modifiche d’ufficio;
– che con decisione 16.12.1994 (cfr. le premesse della deliberazione 21.6.1999 n. 299 della Giunta comunale di Chioggia) la Commissione della Comunità europea approvava il Documento Unico di Programmazione (DOCUP) per gli interventi strutturali comunitari nella Regione Veneto individuando, all’art. 2, tra le priorità, "Marghera e la Laguna veneta" e prevedendo, nell’ambito dell’Asse 1 "Sviluppo e rafforzamento del tessuto produttivo" – Misura 3 "Aiuti agli investimenti di imprese turistiche", un contributo per il decollo del porticciolo turistico di San Felice, nel Comune di Chioggia;
– che con la medesima decisione la Commissione individuava quale autorità responsabile dell’intervento la Giunta regionale del Veneto, quali soggetti attuatori il Comune di Chioggia e le società private e quali beneficiari le società private;
– che, ciò stante, con nota 4.5.1995 la Giunta regionale del Veneto invitava il Sindaco di Chioggia "ad attivarsi per un rapido varo dell’iniziativa, da completare nei termini e secondo le modalità consentite dalla CEE, e a trasmettere quanto prima il progetto compiuto delle opere con indicazione del beneficiario e delle procedure seguite per la sua individuazione, i tempi previsti per l’avvio e il completamento, i relativi steps procedurali, il quadro disaggregato delle spese e le fonti di copertura finanziaria";
– che, da parte sua, con deliberazione 4.10.1995 n. 1576 la Giunta comunale disponeva "di proporre la costituzione di una società per azioni allo scopo di realizzare il porticciolo turistico di San Felice con le modalità contenute nell’avviso e nello statuto", la cui redazione era stata precedentemente commissionata ad idoneo professionista; e disponeva, altresì, "di autorizzare la pubblicità della proposta….mediante pubblicazione dell’avviso sulla "Gazzetta Ufficiale", sul" Bollettino ufficiale della Regione", sul "Sole 24 ore", su "Il Corriere della Sera",…oltre che all’albo pretorio";
– che, conseguentemente, con atto 30.11.1995 del notaio Iacobone veniva costituita una società tra 12 soggetti privati (ciascuno versando una quota di capitale sociale pari a £ 250.000.000) denominata "Porto turistico San Felice s.p.a", nel cui consiglio di amministrazione veniva riservata al Comune la nomina di un componente;
– che con deliberazione 7.11.1997 n. 683 la Giunta comunale disponeva – al di là dell’impropria formulazione usata – di adottare la proposta di piano attuativo presentato dalla società (conforme al progetto esecutivo del porto, commissionato dal Comune agli architetti G. Mar e U. Carraro con delibera giuntale 27.11.1989 n. 1730: progetto, fra l’altro, sul quale la Commissione di Salvaguardia di Venezia aveva espresso parere favorevole con atto acquisito dal Comune in data 10.2.1994 sub n. 5910) come piano particolareggiato di iniziativa pubblica e, conseguentemente, di sollecitarne l’approvazione da parte del Consiglio comunale, "stante l’interesse della Pubblica amministrazione, che ha promosso l’iniziativa di cui trattasi, al controllo diretto della pianificazione del porticciolo di San Felice";
– che con istanza 3.4.1998, pertanto, la società chiedeva il rilascio della concessione edilizia per il primo stralcio delle opere previste dal progetto. In seguito, con nota 26.5.1998 la Regione, evidenziando di dover contabilizzare alla Commissione Europea i lavori eseguiti con l’aiuto comunitario entro e non oltre il 31.12.1998, fissava al 30.9.1998 il termine – successivamente rideterminato, con delibera giuntale 2.6.1998 n. 1964, al 31.8.1998 – per l’ultimazione dei lavori di costruzione del porticciolo in questione;
– che nella riunione del Consiglio comunale n. 106 del 27.7.1998 l’approvazione del piano subiva un rinvio "in considerazione che l’attuale Amministrazione intende affrontare la questione in modo diverso dalla precedente…". La Regione, quindi, riscontrata la mancata realizzazione delle opere convenute, adottava il provvedimento 10.11.1998 n. 141 con cui disponeva la revoca del contributo comunitario;
– che, di fronte al successivo immobilismo dell’Amministrazione comunale, la società, tramite il proprio difensore, diffidava l’Amministrazione stessa ad approntare la strumentazione urbanistica definitiva (ove non fosse stata ritenuta sufficiente quella esistente) e a pronunciarsi sulla richiesta concessione edilizia;
– che, posto all’ordine del giorno della seduta n. 298 del 21.6.1999, la Giunta comunale, ravvisata l’opportunità di approfondire ulteriormente taluni aspetti del piano particolareggiato, deliberava di procedere alla redazione di un nuovo piano particolareggiato dell’area portuale di S. Felice;
– che, con delibera n. 299 di pari data, inoltre, la Giunta disponeva l’annullamento della deliberazione giuntale 4.10.1995 n. 1576 con la quale era stata proposta la costituzione di una società per azioni per la realizzazione del porto turistico di S. Felice;
– che, rispondendo quindi alla diffida formulata dal difensore della società, con nota 24.6.1999 il responsabile del procedimento di rilascio della concessione rappresentava di aver chiesto il parere alla Commissione di salvaguardia; mentre il Sindaco, da parte sua, con nota 12.7.1999 comunicava all’interessata la decisione di predisporre un nuovo PPE, in conformità alla succitata delibera consiliare n. 298/99.
Tutti questi ultimi atti, unitamente al diniego di approvazione del PPE precedentemente adottato dal Comune ed alla revoca della proposta di costituzione della società avente come fine la realizzazione del porticciolo di S. Felice, venivano ritualmente impugnati dinanzi al primo giudice, sia in quanto illegittimi sia come fatti produttivi di danno (quantificato in complessive £ 3.480.222.000), di cui la ricorrente chiedeva il risarcimento.
Nel resistere in giudizio il Comune di Chioggia evidenziava l’infondatezza del ricorso, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione: rappresentava, in particolare, come la revoca della propria, precedente proposta di costituire una società rispondesse ad esigenze di legittimità amministrativa. La società, infatti, non essendo in alcun modo partecipata dal Comune, non aveva rispettato, nel costituirsi, la procedura ad evidenza pubblica e, conseguentemente, non era abilitata a realizzare un’opera che, come il costruendo porto di S. Felice, si configurava come opera di pubblico interesse.
La causa veniva chiamata all’udienza del 24.2.2000, e decisa con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva parzialmente fondate le censure, annullando gli atti gravati ma ritenendo insussistente il profilo di danno.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenziava invece l’esistenza di tutti i presupposti per ottenere il risarcimento del danno subito.
Nel giudizio di appello, si costituiva il Comune di Chioggia, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Per altro verso, il Comune di Chioggia proponeva appello in via autonoma, con ricorso iscritto al n. 7212/2000, avverso la stessa sentenza nella parte in cui aveva annullato gli atti gravati, ossia annulla le deliberazioni n. 298 e 299 del 21.6.1999 della Giunta municipale e n. 106 del 27.7.1998 del Consiglio comunale di Chioggia.
All’udienza del 11 dicembre 2009, i due ricorsi venivano discussi congiuntamente ed assunti in decisione.
DIRITTO
1. – In via preliminare, va disposta la riunione dei due appelli, in quanto proposti contro la stessa sentenza.
2. – Seguendo un ordine di consequenzialità giuridica, corre l’obbligo di esaminare il ricorso presentato dal Comune di Chioggia che, qualora fosse accolto ed in virtù del suo contenuto assorbente, quanto meno perché porterebbe ad escludere l’illegittimità degli atti gravati, metterebbe nel nulla l’appello della parte privata. L’appello del Comune di Chioggia è tuttavia infondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
3. – Con il primo motivo di diritto, viene censurato il capo di sentenza con cui il giudice di prime cure ha ritenuto esistente il vizio di violazione dell’art. 7 della legge sul procedimento in relazione alla mancata comunicazione di avvio dei procedimenti sfociati l’uno nella revoca della delibera n. 1576/95 e l’altro nella determinazione di redigere un nuovo piano particolareggiato di iniziativa pubblica.
Secondo la difesa, in relazione alla delibera n. 298 del 1999, essa era consequenziale alla precedente delibera n. 106 del 1998 il cui contenuto era tale da evidenziare ex se l’intenzione di non recepire pedissequamente la proposta di piano particolareggiato elaborata dalla società appellante, mentre la seconda delibera, la n. 299 del 1999, era comunque stata preceduta da un contradditorio articolato tra le parti.
4. – La censura non è fondata.
L’argomento sulla sufficienza ai fine della notizia ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 di una interpretazione del contenuto di una delibera preliminare non ha alcun riscontro normativo, atteso che la legge sul procedimento prevede che l’intento dell’amministrazione appaia chiaramente e sia formalizzato nei contenuti dettagliatamene previsti dall’art. 8.
Per altro verso, anche gli ulteriori elementi addotti, ossia l’esistenza di un contraddittorio tra le parti, non evidenzia l’espressione dell’intenzione chiara di procedere alla revoca del provvedimento, intenzione che non appare dagli atti del Comune i quali, secondo la stessa difesa, erano costituiti da "una serie di atti di natura soprassessoria".
5. – Con il secondo motivo di diritto, viene sindacata la valutazione sulla illegittimità della deliberazione n. 299 del 1999, che la difesa del Comune ritiene assolutamente corretta in relazione a tutti e tre i profili su cui si è soffermato il T.A.R., ossia quello della legittimità della procedura; quello dell’esaurimento delle attribuzioni comunali nella sola funzione propulsiva; quello della mancata ostensione dei motivi di interesse pubblico posti a fondamento della scelta.
5.1. – La valutazione del secondo profilo, relativo all’esaurimento delle attribuzioni comunali nella sola funzione propulsiva, appare preliminare in senso giuridico e va subito affrontata. La difesa del Comune, sulla scorta del contenuto della delibera di giunta regionale del Veneto del 4 maggio 1995, in cui si invitava il Comune di Chioggia ad attivarsi per un rapido varo dell’iniziativa, ritiene che le attribuzioni comunali potessero andare ben oltre la fase costitutiva, consentendo anche l’esercizio degli ulteriori profili di autotutela.
La censura va disattesa.
Come bene evidenzia il giudice di prime cure, l’azione del Comune di Chioggia non ha mai avuto direttamente ad oggetto la costituzione di una società mista per la realizzazione del porticciolo, ma ha solamente spinto per tale costituzione, in conformità alla direttiva contenuta nella nota 4 maggio 1995 della Regione sopra citata, attivandosi in favore di una società avente lo scopo di realizzare l’iniziativa portuale.
La costituzione di tale società, che è peraltro avvenuta in maniera del tutto singolare, ha visto il Comune agire come soggetto esterno alla dinamica costitutiva, tant’è che, una volta costituitasi la società per atto pubblico, lo stesso ente ne comunicava alla Regione gli estremi, contestualmente indicandola quale beneficiaria del finanziamento comunitario. È del tutto corretto allora ritenere, insieme con il T.A.R. veneto, che la funzione comunale si sia limitata all’aspetto propulsivo indicato dalla Regione con la ricordata nota 4 maggio 1995 e recepito con propria delibera n. 1576.
Gli esiti ulteriori confermano la detta ricostruzione, in quanto la Regione, accettata tale designazione, liberava di fatto il Comune da qualsiasi ulteriore ruolo, come confermato dalla circostanza che gli ulteriori rapporti sono stati intrattenuti dalla Regione direttamente con la società, divenuta beneficiaria del contributo.
È quindi corretto concludere, come il giudice di primo grado, che soltanto la Regione, ossia l’ente erogatore del contributo, avrebbe potuto contestare alla società eventuali irregolarità attinenti alla sua costituzione, in un momento in cui il Comune aveva esaurito ogni propria funzione inerente a tale fase.
5.2. – In relazione al profilo della legittimità della procedura, la difesa evidenzia la singolarità del modello strutturale societario utilizzato per la realizzazione dell’opera, non riconducibile ex se ad alcun altro sistema esistente nell’ordinamento, giustificando in tal modo l’intervento in autotutela dell’amministrazione.
La censura non può essere condivisa.
Se effettivamente permangono notevoli perplessità sulle modalità di costituzione della società in questione, vista la difficile riconducibilità al quadro normativo esistente, è peraltro vero che i poteri del Comune, sollecitati come si è visto da un atto amministrativo della Regione, si erano del tutto esauriti. Non vi è quindi ulteriore spazio giuridico per l’esplicazione del potere di autotutela.
5.3. – In relazione alla mancata ostensione dei motivi di interesse pubblico posti a fondamento della scelta, segnala la difesa del Comune che questi sarebbero effettivamente censiti negli atti gravati, sub specie di indicazione della necessità di ricorrere alla procedura di evidenza pubblica.
Anche il detto profilo appare infirmato dalla circostanza della consumazione del potere del Comune, come pure dal fatto che la mera indicazione di un fatto di illegittimità procedimentale non è ex se sufficiente alla rimozione di un atto in quanto, trattandosi di un provvedimento di amministrazione attiva, è necessario che sia assistito dalla necessità di cura di un interesse pubblico concreto. Pertanto, le indicazioni contenute negli atti gravati, lungi dal concretizzare la motivazione necessaria, evidenziano in sé la carenza del secondo elemento strutturale dell’azione di autotutela, ossia l’indicazione dell’attualità dell’interesse alla rimozione.
6. – Con un terzo motivo di diritto, viene censurata la valutazione sull’illegittimità della deliberazione n. 298 del 1999, che secondo il T.A.R. avrebbe contenuti meramente emulativi. La difesa del Comune opera al contrario una ricostruzione puntuale delle ragioni che avevano indotto l’ente a revocare la precedente determinazione, ragioni che peraltro risultano già valutate in primo grado.
6.1. – La doglianza non ha pregio.
Come evidenzia il giudice di prime cure, muovendo da una analitica ricostruzione della vicenda, la consecuzione procedimentale degli atti amministrativi preordinati a consentire l’attuazione del porticciolo di S. Felice era stata dapprima fortemente voluta dal Comune di Chioggia, anche come animatore della costituzione della società appellante, e poi bruscamente interrotta dallo stesso ente, con la deliberazione consiliare n. 106/98 e poi con la deliberazione giuntale n. 298/99, nella quale, sulla base delle richiesta di ulteriori approfondimenti, stabiliva di predisporre un nuovo piano particolareggiato.
La valutazione delle ragioni di tale arresto procedimentale, che per molti versi rischia di condurre ad una considerazione nel merito dell’azione amministrativa, può essere mantenuta negli ambiti della cognizione del giudice amministrativo solo qualora evidenzi momenti di irragionevolezza nella scelta operata.
In tal senso, e condivisibilmente, il giudice di prime cure ha ritenuto che il progettato intervento fosse insuscettibile di modifiche sostanziali, in quanto la sua strutturazione era perfettamente conforme alle previsioni contenute negli strumenti urbanistici, anche di rango sovracomunale. Inoltre, il progetto aveva già ottenuto il parere favorevole della CEI del Comune (verbale 20.6.1997 n. 35684), il nulla osta dell’ABCA, Soprintendenza archeologica (Foglio 18.7.1997 n. 10196), il nulla osta della Regione di compatibilità ambientale (DPGR 21.4.1998 n. 638), nonché i pareri favorevoli della Commissione di Salvaguardia di Venezia sotto i profili urbanistico (atto 10.2.1994 n. 5910), idraulico (atto 3.3.1998 n. 1565) e paesaggistico (atto 20.5.1998 n. 34087).
Proprio esaminando le nuove esigenze enunciate nelle premesse alla delibera n. 298/99, le opere ulteriormente richieste appaiono da un lato riguardare meri aspetti di dettaglio (mantenimento dell’accesso pubblico lungo i murazzi, dotazione degli impianti tecnologici atti a prevenire forme di inquinamento, dotazione dei servizi connessi al servizio portuale, utilizzo di materiali coerenti con l’ambiente), che non necessitavano di una ulteriore progettazione, ben potendo essere attuate a mezzo di idonee prescrizioni da inserire nella concessione edilizia; e dall’altro indicare ipotesi progettuali (dotazione di sufficienti parcheggi sia all’interno che all’esterno della struttura portuale, inserimento del porticciolo avendo riguardo alle caratteristiche paesaggistico-ambientali del sito, "realizzazione della minor volumetria possibile" al fine di non nuocere al paesaggio, redazione del progetto conformemente ai pareri del Magistrato delle acque e della Capitaneria di Porto) che non paiono considerare che il progetto aveva già ottenuto tutti i prescritti pareri di compatibilità ambientale, paesaggistica, urbanistica e idraulica.
Conclusivamente, senza intaccare i profili del merito amministrativo, la motivazione della delibera gravata appare oggettivamente carente, atteso che si fonda sulla considerazione di mancanze strutturali del progetto che non paiono ragionevolmente sostenibili.
7. – L’appello del Comune di Chioggia non può quindi essere accolto, dovendosi ritenere del tutto conforme a diritto la sentenza del giudice di prime cure nella parte in cui dispone l’annullamento degli atti gravati in ragione della loro illegittimità.
8. – Acclarata l’esistenza dei profili di illegittimità, occorre valutare l’esistenza del profilo di danno, vantato dalla Porto Felice s.p.a. e ritenuto insussistente dal T.A.R.. Sulla base della mancata considerazione in sentenza della sussistenza dell’azione risarcitoria, la Porto Felice s.p.a. ha proposto il suo appello, sostenendo l’erroneità delle considerazioni del giudice di primo grado in merito all’inesistenza dei presupposti per accedere al chiesto risarcimento.
9. – L’appello della Porto Felice s.p.a. è fondato e va accolto.
10. – Nella sentenza del T.A.R. Veneto, evidenziata l’esistenza dell’illegittimità degli atti amministrativi impugnati e la presenza di conseguenze dannose a carico della società qui appellante, l’inesistenza di un obbligo risarcitorio viene fondata sulla non imputabilità al Comune del fatto dannoso.
La sentenza afferma infatti che il Comune non avrebbe comunque potuto rilasciare alla ricorrente la concessione edilizia prima che la ricorrente stessa fosse divenuta concessionaria dell’area demaniale su cui allocare le opere portuali. Tale concessione, la cui richiesta era stata avanzata in data 14.2.1996, risulta rilasciata soltanto in data 13.5.1999, e quindi successivamente alla delibera di revoca del contributo, danno vantato dalla appellante, emanata in data 10.11.1998. Pertanto, l’appellante, in possesso unicamente di una autorizzazione provvisoria, peraltro limitata al solo spazio acqueo, non avrebbe avuto comunque alcuna possibilità di realizzare il progetto.
L’appellante evidenzia la tautologia dell’affermazione, visto che la concessione demaniale era subordinata all’esistenza di un piano attuativo, ossia lo stesso atto la cui revoca è stata oggetto della declaratoria di illegittimità.
10.1. – La censura va accolta.
Appare evidente come l’argomento circolare utilizzato per escludere il nesso causale , si scontri con la constatazione oggettiva che la società appellante era nelle condizioni di chiedere la concessione demaniale solo e nel momento in cui fosse esistente il citato piano attuativo. La mancanza di tale strumento, mancanza dovuta al comportamento illegittimo del Comune di Chioggia, è elemento che condiziona, in senso giuridico, lo sviluppo ulteriore del procedimento che, anche in relazione al comportamento del Magistrato delle acque, espressosi in senso favorevole al rilascio, appare immediatamente connesso con il fatto della mancata concessione.
L’illegittimità delle delibere oggetto di censura è quindi elemento fondante il giudizio di imputabilità giuridica delle conseguenze lesive dell’azione amministrativa, e va quindi ribaltato il giudizio del T.A.R. sulla riconducibilità all’azione del Comune del fatto dannoso evidenziato.
11. – Ritenuto carente il nesso causale , il T.A.R. non opera alcuna valutazione in tema di colpa. La mancata considerazione da parte del giudice di prime cure di uno degli elementi fondanti la domanda riproposta in secondo grado con l’atto di appello impone a questa Sezione di prendere posizione sulla questione.
Senza dover entrare nella diatriba sul contenuto del giudizio sulla colpa, non può non evidenziarsi come la giurisprudenza, pur escludendo, in mancanza di una espressa previsione normativa, l’esistenza di una generalizzata presunzione relativa di colpa per i danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, tenda comunque a dare risalto al valore delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice, di cui all’art. 2727 c.c., desunta dalla singola fattispecie (così Consiglio di Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3723; sulla possibilità che il danneggiato possa limitarsi ad allegare la sola illegittimità del provvedimento quale elemento idoneo a fondare una presunzione semplice circa la colpa, a quel punto spettando alla convenuta dimostrare che l’illegittimità è dovuta ad errore scusabile, vedi Consiglio di Stato, sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 775; id., 12 gennaio 2009, n. 65 ).
Nel caso in specie, non può tacersi l’osservazione sul comportamento complessivamente rilevante del Comune di Chioggia che ha di fatto dato vita, con una articolazione procedimentale ben ricostruita dal giudice di prime cure, ad un esito dannoso dovuto ad una azione complessiva diretta al ritiro delle proprie precedenti determinazioni, secondo una ottica del tutto conforme al concetto di colpa amministrativa, intesa come colpa di apparato nell’illegittimo perseguimento dei fini attribuitigli.
L’intero iter, censurato dal punto di vista dell’illegittimità degli atti, configura pienamente il concetto di imputazione anche soggettiva del fatto dannoso, stante la riconducibilità dell’evento ad una scelta amministrativa voluta e perseguita coerentemente.
Deve quindi ritenersi del tutto sussistente il requisito della colpa nella determinazione del fatto dannoso in capo al Comune di Chioggia.
12. – Resta a questo punto da esaminare il profilo della quantificazione del danno.
Fermo rimanendo che la Sezione ritiene di dover utilizzare lo strumento di cui all’art. 35 comma 2 del D.Lvo 31 marzo 1998, occorre peraltro individuare quali siano le poste che concretamente possono essere valutate a favore della società appellante.
Sulla scorta di quanto dedotto in precedenza, deve affermarsi la responsabilità piena del Comune di relazione alla perdita del finanziamento comunitario, derivato dall’attività illegittima condotta.
In merito all’ulteriore danno per mancata disponibilità dei capitali, deve ritenersi sicuramente acquisita la prova del danno subito in relazione alla immobilizzazione dei fondi versati quale capitale sociale, trattandosi di fattispecie sicuramente lesiva e collegata alla mancata esplicazione dell’attività d’impresa.
In merito poi al l’ulteriore danno per lucro cessante da inoperosità della struttura imprenditoriale, ritiene la Sezione che esso possa essere riconosciuto, in relazione al probabile utile di gestione che dovrà essere calcolato non in base alla valutazione prognostica effettuata dalla parte con propria consulenza, ma in relazione a quanto in concreto realizzato successivamente al reale inizio dell’attività imprenditoriale, come documentato con il deposito di documenti del 10 novembre 2009, parametrando i risultati effettivi di gestione al periodo in cui la società non ha potuto operare a causa dell’illegittima azione del Comune.
13. – L’appello n. 6512 del 2000 va quindi accolto, mentre va respinto l’appello n. 7212 del 2000. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
1. Accoglie l’appello n. 6512 del 2000, respinge l’appello n. 7212 del 2000 e per l’effetto in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 990 del 5 maggio 2000, accoglie la domanda risarcitoria proposta con il ricorso di primo grado;
2. Dispone che il Comune di Chioggia provveda, a norma dell’art. 35 comma 2 del D.Lvo 31 marzo 1998, a proporre alla Porto San Felice s.p.a. il pagamento di una somma, a titolo di ristoro per il danno sofferto, secondo i parametri indicati nella parte motiva, entro il termine di giorni 180 dal deposito della presente sentenza;
3. Condanna il Comune di Chioggia a rifondere alla Porto San Felice s.p.a. le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in . 5.000,00 (euro cinquemila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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