T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-02-2011, n. 1779

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società ricorrente è titolare di concessione demaniale in località Passoscuro nel Comune di Fiumicino per la gestione dello stabilimento balneare "L.S.".

Lo stabilimento balneare in questione esiste sin dal 1966, quando l’area demaniale fu concessa con provvedimento del Ministero della Marina mercantile – Capitaneria di Porto di Roma n. 178/1966, rep. n. 204, pratica n. D.956, al Sig. M.P.; tale atto contemplava l’autorizzazione a collocarvi un chiosco bar in legno della superficie di 30,45 mq (tale estensione è evincibile dalla circostanza che nel provvedimento si fa riferimento ad una superficie coperta appunto di 30,45 mq).

La relativa azienda ha subito una serie di passaggi di mano fino a pervenire all’odierna istante.

In data 11.3.2004 la Società G. S.n.c., poi trasformatasi in quella ricorrente, a seguito di cessione di quote delle Signore G.P. e M.P., rispettivamente, ai Signori U.F. e S.A., giusta scrittura privata autenticata dal notaio Antonio Pugliese in data 27.9.2004, rep. n. 43158, ha presentato domanda di condono edilizio per un complesso immobiliare adibito a stabilimento balneare su area demaniale, comprendente immobili per 223,84 mq e tettoie di 128,64 mq, provvedendo a versare l’oblazione per un importo di Euro 516,00.

Con ordinanze 12.11.2004, prot. n. 67374, e 28.10.2005, prot. n. 67451, è stata ingiunta la demolizione di opere di ampliamento in muratura e vetro, per una superficie di 60 mq circa, di un preesistente salone, adibito a ristorante, al servizio dello stabilimento balneare, e di rifacimento, in parte in muratura ed in parte in lamiera, con copertura in pannelli in coibentato plastico, di un manufatto di 60 mq circa, previo abbattimento di quello preesistente avente materiali deteriorati, adibito a ricovero lettini, sdraio ed attrezzature varie.

Nel corso del sopralluogo eseguito il 28.9.2005 sono state rinvenute ulteriori opere, consistenti nella realizzazione di servizi igienici per 6 mq circa, nell’ampliamento della predetta struttura adibita a ricovero attrezzature, per 14,30 mq, e nella costruzione di servizi doccia di 10 mq circa.

Accertatasi l’assenza di titolo per il manufatto adibito a ristorante, della superficie di 156 mq, e per l’annessa tettoiazona d’ombra, di 120 mq circa, con ordinanza 28.10.2005, prot. n. 67451, è stata intimata la demolizione di un manufatto di circa 234 mq.

Con successiva ordinanza 1.12.2005, prot. n. 77556, notificata il 6.12.2005, sono state annullate le precedenti menzionate ordinanze demolitorie ed è stata disposta la demolizione d’ufficio, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, di un manufatto in muratura di 156 mq, adibito a ristorante bar, e dell’annessa tettoia – zona d’ombra di 120 mq, dell’ampliamento di detto ristorante, per una superficie di 60 mq, di un magazzino di 60 mq circa, successivamente ristrutturato, adibito a ricovero attrezzi, e del suo ampliamento, per 14,30 mq circa, di locali impiegati come wc di 6 mq circa ed infine di servizi doccia di 10 mq circa.

Il provvedimento richiamato in ultimo è stato impugnato con il presente ricorso, nel quale sono state dedotte le seguenti doglianze:

1) eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà della motivazione, errore sui presupposti di fatto e di diritto, violazione di legge: le opere sarebbero state descritte in modo generico e non chiaro e peraltro non tutte sarebbero abusive, nulla dicendosi in ordine alla preesistenza di parte di esse da oltre 40 anni, e precisamente dal 1966, ed alla circostanza che esse sarebbero state oggetto di domanda di condono, presentata in data 11.3.2004; inoltre non sarebbe stata indicata alcuna specifica norma di legge violata nella realizzazione delle predette opere, né le motivazioni per cui vi sarebbe stata tale violazione;

2) eccesso di potere per assoluta indeterminatezza dell’oggetto del provvedimento: non solo le opere sarebbero descritte in modo generico, ma sarebbe indicato un numero civico errato, vale a dire il n. 31, anziché il 29 di via Ghilarza, dove viene svolta l’attività;

3) eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto: sin dal 1966 era presente un chiosco bar di circa 31 mq e, perciò, per tale manufatto non vi sarebbe stata la necessità di acquisire alcun titolo abilitativo ed inoltre è stata presentata una domanda di condono edilizio per 223,84 mq coperti e 128,64 mq per tettoie, mentre le eventuali difformità rispetto alla detta domanda di condono potrebbero al più riguardare piccole cubature di servizio ed, in ogni caso, per la zona d’ombra non sarebbe necessario il permesso di costruire, trattandosi di opera precaria ed amovibile;

4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380: la menzionata disposizione normativa sarebbe stata applicata erroneamente, non sussistendo alcun vincolo di inedificabilità assoluta, ma solo la tutela ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, mentre le norme di salvaguardia sarebbero prive di efficacia, essendo trascorso il termine quinquennale ex lege, e si sarebbe, invece, dovuto applicare l’art. 31 del medesimo decreto.

Si è costituito il Comune di Fiumicino, il quale ha controdedotto alle censure avversarie.

Con ordinanza 7.4.2006, n. 2099, l’istanza cautelare, proposta in via incidentale, è stata accolta, sino alla definizione della domanda di condono.

Con determinazione dirigenziale 7.6.2007, n. 164, rimasta inoppugnata, è stata respinta la predetta domanda di condono, sul presupposto che l’area su cui insistono le opere abusive, oggetto della stessa, è di proprietà del demanio marittimo.

Successivamente, in data 11.10.2007, la Società ricorrente ha presentato domanda di permesso di costruire "per l’esecuzione dei lavori di modifiche dello stato attuale con riduzioni volumetriche del chiosco bar (…) ed accertamento di conformità (…) per una situazione finale di manufatti di mq 147,05 di cui 90,05 per il chiosco bar e mq 57,00 di veranda". In accoglimento di detta istanza, è stato rilasciato il permesso di costruire 3.6.2009, PdC/92/2009.

Con atto depositato in data 24.12.2010, il Comune di Fiumicino ha conferito mandato nei confronti dell’Avv. Francesco Di Mauro, dopo aver revocato in data 26.11.2010 quello in favore dell’Avv. Stefania Scaramella.

Il suddetto Ente ha, altresì, depositato in data 30.12.2010 una memoria conclusionale, nella quale ha eccepito l’improcedibilità del gravame, evidenziando che con il rilascio del richiamato provvedimento di sanatoria la ricorrente avrebbe dimostrato di non avere più interesse all’impugnativa dell’ordinanza demolitoria censurata e sostenendo, comunque, l’infondatezza del ricorso proposto da controparte.

La Società ricorrente ha, a sua volta, depositato in data 3.1.2011 una memoria defensionale, nella quale ha affermato la fondatezza del ricorso, rimarcando la pendenza, al tempo dell’adozione del provvedimento impugnato, della domanda di condono edilizio per le opere ivi contestate, ed ha in via subordinata chiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere, a seguito del rilascio del su menzionato titolo edilizio.

In relazione a tale ultimo profilo, con ulteriore memoria del 17.1.2011, il Comune di Fiumicino ha rilevato che si tratterebbe non già di cessazione della materia del contendere, bensì di sopravvenuta carenza di interesse, attesa la diversità delle opere oggetto del permesso di costruire del 2009 rispetto a quelle colpite con l’ordinanza qui gravata.

Nell’udienza pubblica del 3.2.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il gravame in esame si impugna il provvedimento recante demolizione d’ufficio, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, di una serie di opere realizzate su area di demanio marittimo, data in concessione alla Società ricorrente.

2 – Preliminarmente il Collegio afferma di non poter dichiarare la cessazione della materia del contendere, così come richiesto in via subordinata dalla parte ricorrente nella memoria conclusiva, né la sua improcedibilità, come sostenuto dal Comune resistente, per effetto del rilascio del permesso di costruire 3.6.2009, PdC/92/2009.

2.1 – È evidente che non sussiste coincidenza tra le opere assentite con tale provvedimento e quelle oggetto dell’ordinanza gravata; si tratta, infatti, della "esecuzione dei lavori di modifiche dello stato attuale con riduzioni volumetriche del chiosco bar (…) ed accertamento di conformità (…) per una situazione finale di manufatti di mq 147,05 di cui 90,05 per il chiosco bar e mq 57,00 di veranda", chiaramente di portata diversa e ben più ridotta rispetto ai manufatti contestati nel provvedimento impugnato. Ciò è sufficiente ad impedire la dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

2.2 – Non si ritiene neppure di poter dichiarare il ricorso improcedibile, tenuto conto che la Società ricorrente ha nella predetta memoria rimarcato in via principale, a suo dire, l’illegittimità del provvedimento, in tal modo facendo intendere di aver ancora interesse alla pronuncia nel merito, e che, d’altra parte, anche ove le opere oggetto di demolizione fossero state rimosse, l’interesse potrebbe essere riferito ad un’eventuale volontà di avanzare domanda di risarcimento del danno, in caso di accoglimento del ricorso.

3 – Ciò posto, nel merito, in primo luogo non si ravvisa quella genericità nella descrizione di dette opere, ivi dedotta, atteso che esse sono puntualmente individuate, con l’indicazione anche della loro superficie e del loro utilizzo.

Né può, al riguardo, sostenersi che tale genericità si desumerebbe dalla circostanza che sarebbe stato erroneamente individuato il numero civico nel quale si svolge l’attività di stabilimento balneare, in quanto proprio l’esercizio di detta attività vale comunque ad individuare in modo inequivocabile l’ubicazione delle stesse.

4 – Quanto poi al rilevo, secondo cui una parte di tali opere sarebbe risalente al 1966, deve farsi notare che a quel tempo insisteva sull’area demaniale data in concessione unicamente un chiosco bar di legno di appena 30,45 mq, che, peraltro, risulta dagli atti essere andato distrutto in un incendio. È chiaro che nessuno dei manufatti colpiti dalla demolizione qui censurata coincide con quello ante 1967, per superficie e tipologia, avuto riguardo ai materiali impiegati per la sua costruzione.

5 – Neppure si ravvisa la dedotta genericità in ordine alla disposizione che si assume violata; essa si desume da quella che in concreto è stata applicata, rappresentata dall’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, di cui pure si denuncia la violazione.

6 – La citata disposizione sanziona con la demolizione d’ufficio e con il ripristino dello stato dei luoghi l’esecuzione di opere senza titolo "su aree assoggettate a vincolo di in edificabilità (…) o destinate ad opere e spazi pubblici (…), nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".

Ciò detto, deve rilevarsi che l’area sulla quale sono stati realizzati i manufatti contestati rientra nei "territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia" di cui all’art. 142, comma 1, lett. a), del d.lgs. 22.1.2004, n. 42, sottoposti a tutela paesaggistica, ed è demaniale. Ne deriva che la costruzione degli stessi, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, che non può intervenire in via postuma, secondo quanto statuito dall’art. 146 del citato decreto, peraltro in area demaniale, è senz’altro da considerarsi in contrasto con la disciplina urbanistica di zona. Pertanto, differentemente da quanto asserito in ricorso, la disposizione di cui all’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 risulta conferente.

7 – Il gravame risulta fondato, invece, nella parte in cui rimarca l’avvenuta presentazione ex ante della domanda di condono edilizio, naturalmente limitatamente alle opere che ne costituiscono l’oggetto, che, tuttavia, non coincidono in toto con quelle contestate nell’ordinanza impugnata.

Sicuramente ne rimangono fuori tutte quelle accertate nel sopralluogo del 28.9.2005, evidentemente successivo temporalmente alla presentazione di detta istanza. Presumibilmente non ne sono incluse anche altre, tenuto conto che la domanda di sanatoria de qua si riferisce, oltre che a tettoie per 128,64 mq, altresì ad una superficie di 223,84 mq coperti, inferiore a quella riscontrata nei precedenti sopralluoghi e sanzionata con l’ordinanza gravata.

7.1 – In proposito deve evidenziarsi che, pur essendo indiscutibile il carattere abusivo di tali opere, comunque il Comune non ne avrebbe potuto disporre la demolizione, finché era pendente la domanda di condono edilizio.

Va, infatti, richiamato l’art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 24.11.2003, n. 326, il quale, al comma 25, prevede espressamente l’applicabilità, per le opere ultimate entro il 31.3.2003, dei Capi IV e V della L. 28.2.1985, n. 47. Orbene, ai sensi dell’art. 38 della legge menzionata in ultimo, che è collocato nel Capo IV, la presentazione della domanda di condono edilizio sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative, impedendo, perciò, l’irrogazione di tali sanzioni per il relativo abuso.

Ne deriva che, limitatamente alle opere oggetto anche dell’istanza di sanatoria, il provvedimento impugnato è illegittimo.

8 – Non può, invece, condividersi l’assunto di parte ricorrente, secondo cui le opere ulteriori sarebbero minime e non si sarebbero dovute sanzionare con la demolizione d’ufficio.

In proposito valgono due considerazioni.

8.1 – In primo luogo tali opere, considerate nel loro insieme, sono tutt’altro che trascurabili e comportano una trasformazione del territorio, che, essendo stata realizzata in assenza di permesso di costruire, determina la sanzione demolitoria, non valendo in contrario il materiale con cui detti manufatti sono stati costruiti o il loro carattere amovibile, dedotti in ricorso, tenuto conto che rileva solo l’uso precario e non già stagionale degli stessi; è chiaro che detto uso precario nella specie non sussiste.

8.2 – Inoltre si richiama quanto in precedenza affermato in ordine all’applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, per il caso di contrasto con la disciplina di zona.

9 – In conclusione il ricorso è fondato e va accolto parzialmente, nei limiti suindicati, e l’ordinanza gravata va annullata in parte qua.

10 – Naturalmente restano salvi gli ulteriori provvedimenti adottati dal Comune di Fiumicino in relazione ai manufatti realizzati sull’area interessata dalle opere sanzionate con la predetta ordinanza.

11 – Con riguardo alle spese di giudizio, ai diritti ed agli onorari di difesa, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del gravame, si ravvisano i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *