Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 02-03-2011, n. 8029

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- La Corte di assise di appello di Cagliari, in sede camerale, con sentenza datata 21.12.2009/19.2.2010, sull’appello proposto da P. G. e B.R. contro la sentenza del Gup del tribunale di Sassari – che condannava gli imputati, in sede di giudizio abbreviato, alla pena di anni trenta di reclusione ciascuno per i delitti di omicidio, detenzione e porto illegale di armi prive di segni identificativi, violenza privata e sequestro di persona -, confermava la pena nei riguardi P.G., la riduceva invece, per la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravati contestate, nei riguardi di B.R. determinandola in 18 anni di reclusione.

I fatti di reato venivano ricostruiti dai giudici di merito nel modo seguente: l’ucciso era tale M.D., (OMISSIS), fatto venire dal suo Paese per prestare lavoro quale giardiniere, custode ed in specie per accudire il bestiame, in particolare i cavalli, presso l’azienda agrituristica di N.M., situata a circa un chilometro da Pardu in Sardegna. L’assunzione del rumeno non era stata gradita dal P.G. che lavorava nell’azienda, nonchè dal suo entourage familiare (gli zii, P.F., M. e S., ed i genitori, P.B. e F.A.M.) che, a vario titolo, saltuariamente prestavano lavoro nell’agriturismo. Il P. aveva visto nell’assunzione del rumeno un atto che lo avrebbe col tempo estromesso dal lavorare nell’azienda, e che in atto avrebbe di molto ridotto i compiti a cui era adibito, sia pur saltuariamente, comunque un atto che segnalava all’esterno la mancanza di fiducia del suo datore di lavoro. Di conseguenza, ancor prima che il (OMISSIS) prendesse possesso del suo lavoro il 20.4.2007, aveva consegnato, il 9.4.2007 tramite il padre, B., le chiavi al N. a cui aveva manifestato in precedenza la sua contrarietà all’assunzione dello M.D., qualificato bascaramine (immondizia). Tale avversione e contrarietà per l’assunzione del rumeno -si evinceva dalle intercettazioni e dalle deposizioni di persone informate dei fatti- Fe.Io. e Fe.La. rispettivamente zia e cugino dell’ucciso – ed era stata manifestata anche da B. R., convivente della figlia di N.M..

Le intercettazioni telefoniche e ambientali erano tutte valorizzate ai fini di riscontrare l’avversione del P. e del B. nei confronti del M.D.; in specie quella, ambientale, svoltasi tra i due imputati il 19.5.2007, h. 22.10, costitutiva, nel pensiero dei giudici di primo e secondo grado, la rappresentazione di una vera e propria confessione stragiudiziale per il timore, manifestato dal P., di aver lasciato tracce del suo D.N.A. sul (testualmente):

"….colletto della felpa del pigiama nel collo a quel disgraziato……adesso non me lo ricordo se glielo avevo tagliato o se non glielo avevo tagliato…".

Le lacune e le contraddizioni del testimoniale e degli interrogatori, poi, conducevano all’incriminazione dei due attuali ricorrenti, nonchè di P.S., zio di G. – giudicato separatamente in via ordinaria, non in abbreviato -.

La ricostruzione del movente e delle modalità della azione omicidiaria, in gran parte collimante con la ricostruzione operata dal primo giudice, era operata dai giudici di appello, anche in seguito alle spontanee dichiarazioni confessorie rese da B. L. nel corso dell’udienza camerale del giudizio di appello, nel modo seguente: i due imputati, insieme a P.S., dopo essersi sincerati che nell’azienda agrituristica si erano allontanati per la notte sia il proprietario e gestore N.M., sia il di lui figlio, G. e la convivente e che vi era rimasto solo il M.D. che dormiva in una casetta rurale annessa all’azienda, erano arrivati, a bordo della macchina di P.S. verso le ore 3 del 22.4. nell’agriturismo, aprendo un cancello del cui lucchetto il P.G. possedeva la chiavi, avevano prelevato il M. dal letto, lo avevano caricato nella macchina, la Fiat Punto di P. S., sotto la minaccia delle armi – una carabina cal. 22 e una pistola beretta automatica cal. 6,35 – successivamente sequestrate -, quindi si erano recati in un terreno di pascolo di tale V. P. in loc. Agro, a circa sei chilometri dall’agriturismo, quivi legato al rumeno saldamente i polsi delle mani al corpo con delle funi che servivano a chiudere il cancello posto a difesa del terreno in cui si erano introdotti, lo avevano freddato con un primo colpo sulla nuca, quindi, una volta caduta a terra l’uomo, lo avevano finito con altri due copi sulla schiena di cui uno trapassante il cuore. Tra le altre, veniva ravvisata in sentenza l’aggravante della premeditazione per via dello spatium deliberandi intercorso tra una telefonata anonima,tra le 23 e le 23,30 del 21.4.2007, all’agriturismo per sincerarsi della eventuale presenza di persone, in una prima visita degli imputati in azienda, avvenuta all’incirca tra l’una e l’una e trenta del 22.4. per sincerarsi della presenza del M. nell’agriturismo e tra la successiva avvenuta all’incirca verso le ore tre, dopo che i tre correi si erano sincerati attraverso una telefonata a N.G., fatta con la scusa di invitarlo al bar di (OMISSIS) per una libagione, che egli, insieme alla sua compagna, avevano lasciato l’agriturismo, diretti in macchina a Olbia. In tale frattempo i tre si sarebbero procurate le armi che non avrebbero potuto certo essere portate in giro sulla macchina, perchè, in specie la carabina, ingombranti, ed avrebbero scelto il luogo posto a notevole distanza da (OMISSIS), il paese più vicino all’agriturismo, in modo da poter occultare il cadavere in un posto non frequentato da alcuno la notte e verso il quale, subito dopo il prelevamento del M. dal letto in cui dormiva, i tre, a bordo della macchina, si diressero senza alcuna titubanza.

-2- Gli imputati ricorrono disgiuntamente avverso la decisione proponendo un unico tema di discussione e censura: il vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in merito alla ritenuta sussistenza della aggravante della premeditazione.

Il P.G. richiama la distinzione tra preordinazione e premeditazione, rilevando la omessa e contraddittoria motivazione in merito alla sussistenza della seconda, e non invece la considerazione della sussistenza solo della prima, nella ricostruzione giudiziale:

la risoluzione dell’omicidio, una volta ammessa, sarebbe sorta solo nell’occasione della visita, alle ore 1,30 del 22.4, dei tre imputati all’agriturismo ed i giudici di merito avrebbero quindi omesso di valutare l’angusto spazio temporale sorto tra l’ideazione e l’esecuzione del delitto, spazio quindi da collocare tra le ore una – una e trenta del 22.4. e l’esecuzione avvenuta subito dopo, il tempo di procurarsi le armi e ritornare all’azienda di N.M..

Peraltro la visita seguiva ad un invito di N.G. che aveva incontrato i tre qualche ora prima nel bar del Paese e durante la quale, come dichiarato da A.M., la moglie di N. M., si era parlato di una possibile assunzione nell’azienda di un nipote di P.S. e del menù da allestire per un gruppo di ospiti segnalati da quest’ ultimo e da P.B.. Nessuna prova poi vi era sulla preordinata in precedenza raccolta delle armi che invece erano state prese sul momento, nell’occasione della improvvisa determinazione di commettere l’omicidio. Aveva poi omesso di valutare, ai fini della esclusione dell’aggravante, il giudice di merito che il P.G., con i suoi sodali, nelle ore precedenti l’omicidio si era spostato da un locale all’altro nel paese di (OMISSIS), dove aveva, con i suoi compagni, bevuto tanta birra da essere del tutto in preda all’alcool, situazione questa che sarebbe incompatibile con la fredda determinazione di uccidere.

Il motivo di ricorso proposto da B.R. segnala carenza motivazione della sentenza sul fatto che, anche ammessa l’aggravante della premeditazione per il correo, non viene segnalata alcuna circostanza da cui si possa dedurre se e quando un proposito così radicato e preparato possa essere venuto a sua conoscenza, tenendo conto che la causale posta a base dell’omicidio riguarda il P. G., non certo il B.R.. Le conversazioni richiamate, con G. del 19.5 e con la madre il 10 maggio, nel corso delle quali il B. manifestava certamente un atteggiamento ostile verso il rumeno e gli stranieri in genere che vengono in Sardegna per rubare il lavoro ai locali, avvengono dopo la commissione del delitto e debbono essere interpretate solo come una giustificazione a posteriori di quanto accaduto. Le armi erano state rinvenute poi in un terreno nella disponibilità dei P., la visita alle ore di notte all’agriturismo aveva una causale, quella rappresentata da A.M. che udì quella notte parlare i tre con N. G. di cose che riguardavano la conduzione dell’agriturismo.

-3- I due ricorsi non meritano di essere accolti.

Secondo l’indirizzo consolidato del giudice di legittimità (v, per tutte, S.U. 18.12.2008/9.1.2009, Antonucci e a., Rv. 241575) gli elementi costitutivi della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso – elemento di natura cronologica -, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunità del recesso, e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzioni di continuità nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine – elemento di natura ideologica -. Ed è ancora consolidata la regola che la mera preordinazione del delitto, intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione, nella fase a questa ultima immediatamente precedente, si distingue dalla premeditazione per caratterizzarsi quest’ ultima dall’intensa riflessione precedente alla esecuzione, dal persistente, costante radicamento del proposito omicida, del quale sono sintomi, e solo sintomi, il previo studio delle occasioni ed opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive del crimine (ancora, per tutte, Sez. 1, 5.3/26.3.2006, Travaguin, Rv. 204299).

L’elemento del tempo necessario per configurare la perseveranza della volontà criminosa non è però di facile determinazione: si richiede talvolta che sia apprezzabile (Sez. 1, 13.4/27.6. 1995, Abbà, Rv.

201739), talvolta viene indicato quale strettamente necessario per l’approntamento dei mezzi di esecuzione del delitto (Sez. 1, 15.3/13.5.1993, Ardito, Rv. 194556), tal’altra ancora, e con maggiore concretezza, viene quantificato in una ora e mezza (Sez. 11.5/5.8.1977, Sabatini, Rv. 89215). Ne consegue che, a fronte di una definizione così incerta dei limiti temporali del c.d. elemento cronologico costitutivo della premeditazione, lo stesso deve ritenersi, più che distinto, implicito nella definizione della aggravante attraverso il vero e più pregante suo elemento identificativo: la riflessione del delitto, la duplicatio cogitationis, il perdurare di una decisione criminosa irrevocabile.

Il che vale più di ogni altro a individuare la ratio, il fondamento della circostanza aggravante nell’intensità del dolo, da distinguere dal dolo di impeto, nel permanere, la decisione di uccidere, ferma e costante nella coscienza dell’agente. Con la conseguenza che l’elemento cronologico, come la preordinazione, la preparazione dei mezzi, l’agguato, costituiscono, più che elementi della aggravante, i mezzi di prova, gli elementi fattuali attraverso i quali svolgere il ragionamento induttivo per il suo riconoscimento. Ed in questa prospettiva si colloca, in definitiva, quella giurisprudenza che richiede sì nel delitto premeditato un intervallo di tempo giuridicamente apprezzabile tra la risoluzione criminosa e la sua esecuzione, ma solo per sottolineare che l’intervallo di tempo in tanto assume rilevanza in quanto l’agente abbia avuto la possibilità di riflettere e rimeditare sull’intento criminoso e lo abbia tenacemente tenuto fermo, senza perplessità o tentennamenti, respingendo ogni interiore controspinta del delitto (Sez. 1, 6.2/26.2.2007, P.G. in proc. Francavilla, Rv. 236243; Sez. 1, 3.6/3.10.1997, Ogliari, Rv. 208471).

Ora i giudici di merito, con ragionamento congruo esaustivo, hanno indicato circostanze tutte pregnanti per sottolineare la riflessione duratura dell’imputato P.G. e del suo correo sull’omicidio da compiere attraverso una serie di condotte preparatorie, non recedenti a fronte degli ostacoli che nel contesto si frapponevano alla esecuzione, preordinate e preparate attraverso il reperimento di armi clandestine, tenute nascoste in luoghi certo distanti dal luogo del premeditato delitto, attraverso, ancora, la scelta del luogo dove trasportare ancora in vita la vittima per lì freddarla con inaudita ferocia. Anche a non valorizzare i sentimenti di ostilità e di astio nei confronti della persona offesa ancor prima che il predetto prendesse possesso del lavoro presso l’agriturismo di N.M., i giudici di merito hanno tratto la ponderata e matura riflessione dell’evento criminoso in un arco di tempo che si colloca tra la sera del giorno (OMISSIS) fino alle ore 3- 5 del giorno successivo in base alla indicazione e valutazione delle seguenti circostanze indizianti:

gli imputati si incontrano con P.S., di cui utilizzeranno per tutto il prosieguo la macchina Fiat Punto, nel bar di Mu.Gi.

D. del paesino di (OMISSIS) tra le ore 20 e le ore 21, per allontanarsene dopo una un’ora e quindi rientrarvi, alle ore 23- 23,30) N.G., che si trova con la sua compagna nella agriturismo riceve una telefona muta, rilevando però i "rumori di sottofondo come se provenissero dall’interno di un bar", successivamente, si reca allarmato, in perlustrazione nel vicino paese di (OMISSIS) e sorprende il B., il P.G. e S., insieme, in un bar; rientra quindi nell’agriturismo dove con la di lui sorpresa, arrivano verso l’una – l’una e trenta i due imputati con P.S. che vanno via verso le ore due della notte, poco prima o contemporaneamente all’allontanarsi dalla struttura di tutti i clienti, i lavoranti e lo stesso N.; questi, in viaggio verso Olbia, riceve verso le ore 2,20 una telefonata di P.S. che lo invita, ricevendone un rifiuto, a raggiungerlo per bere una cosa al bar dell’angolo di (OMISSIS); i tre, quindi, con la macchina di P.S., si precipitano nella struttura ormai deserta ad eccezione dell’ignaro M.D. che dormiva in una dependence della struttura, lo costringono, armi in mano, a salire in macchina, lo conducono in un luogo, già programmato, isolato, pressochè deserto e distante sei chilometri dalla struttura per ivi freddarlo impietosamente. Dalle modalità della condotta dei tre si evince chiarissima la ferma programmazione dell’omicidio, la matura e ponderata riflessione del proposito criminoso, la sua fermezza e costanza manifestata, in un arco apprezzabile di tempo, dal sincerarsi prima, tramite la telefonata muta, della presenza di persone sul luogo del delitto, quindi nel recarvisi con una scusa in piena notte per allontanarsi quando tutte le persone presenti se ne erano o erano in procinto di andarsene, di verificare successivamente, con la telefonata a N.G., che nessuna altra persona avesse intenzione di tornarvi, di procurarsi a tempo le armi clandestine di certo nascoste in luoghi non facilmente accessibili, tant’è che furono poi ritrovate in un anfratto roccioso posto in località "Sa Poltizzola", nelle vicinanze di un terreno di proprietà di P.F., fratello del padre di P.G..

Non ha pregio poi, il motivo di ricorso di B.R., che ha confessato, in sede di giudizio di appello la commissione del delitto, ma che ha protestato la sua estraneità alla sua premeditazione attribuibile solo al suo sodale. Il ragionamento difensivo non vale a scalfire le valutazioni sul punto dei giudici di merito.

E’ pur vero che, proprio considerando il carattere soggettivo della circostanza, non è più possibile aderire ad una risalente impostazione culturale, riflesso di una normativa superata dalla L. n. 19 del 1970, alla cui stregua l’aggravante della premeditazione riferibile solo a taluno dei concorrenti era ritenuta applicabile agli altri concorrenti, malgrado il suo carattere soggettivo, ove fosse servita ad agevolare l’esecuzione del reato. Ma l’aggravante di certo potrà essere estesa al concorrente che ne abbia effettiva conoscenza e che aderisca così al progetto criminoso (Sez. 2, 16.3/9.6.2005, Laraspota, Rv. 231974) E i motivi di ricorso non riescono a segnalare una anche minima circostanza in forza della quale escludere una tale consapevolezza, tenendo conto che il B. aveva manifestato la sua contrarietà, come il P. G., all’assunzione del rumeno nella azienda e che con il predetto e P.S. si era accompagnato per tutto il tempo – tra la sera del 21 e le ore 3-5 del giorno seguente – in cui il proposito criminoso si era stabilizzato ormai in una riflessione ferma e duratura, con la preordinata acquisizione delle armi, con le varie condotte, snodantesi nel tempo, che garantissero agli imputati di accedere sul luogo del delitto non frequentato, nella notte fonda in modo da agire con sicurezza e senza la vista di alcuna persona.

Al rigetto dei ricorsi segue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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