Corte Costituzionale, Sentenza n. 234/2012, In tema di gestione dei beni immobili sottratti alla criminalità organizzata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 42 del 24-10-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 45,
comma 1, 47 e 48, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione,
nonche’ nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136),
promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 28
novembre 2011, depositato in cancelleria il 1° dicembre 2011 ed
iscritto al n. 166 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 18 settembre 2012 il Giudice
relatore Giorgio Lattanzi;
uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e
l’avvocato dello Stato Roberta Tortora per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 28 novembre 2011 e depositato il
successivo 1° dicembre (reg. ric. n. 166 del 2011) la Regione
siciliana ha promosso questioni di legittimita’ costituzionale degli
articoli 45, comma 1, 47 e 48, comma 3, del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure
di prevenzione, nonche’ nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto 2010, n. 136), in riferimento agli articoli 114, 116, 118, 119
e 120 della Costituzione, all’articolo 33, secondo comma, dello
statuto della Regione siciliana approvato con il regio decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della
Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2, e al principio di leale collaborazione.
Le disposizioni impugnate disciplinano il procedimento di
destinazione dei beni oggetto di confisca definitiva di prevenzione.
Ai sensi dell’art. 45, comma 1, tali beni sono acquisiti al
patrimonio dello Stato e in base all’art. 47 l’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita’ organizzata provvede successivamente a mantenerli
nel patrimonio dello Stato o a trasferirli al patrimonio del Comune
ove e’ sito l’immobile, ovvero al patrimonio della Provincia o della
Regione, secondo i criteri indicati dall’art. 48, comma 3. A propria
volta, gli enti territoriali possono amministrare direttamente il
bene oppure assegnarlo in concessione a terzi; qualora l’ente
territoriale ometta di provvedere sulla destinazione del bene nel
termine di un anno, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento o
la nomina di un commissario con poteri sostitutivi (art. 48, comma
3).
A parere della Regione siciliana, l’art. 45, comma 1, viola
l’art. 33, secondo comma, dello statuto, che riserva al patrimonio
regionale la proprieta’ delle miniere, cave e torbiere, quando la
disponibilita’ ne e’ sottratta al proprietario del fondo, e delle
cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico
ed artistico da chiunque ed in qualunque modo ritrovate nel
sottosuolo regionale.
L’art. 48, comma 3, sarebbe poi in contrasto con gli artt. 114,
116, 118 e 119 Cost., applicabili solo se piu’ favorevoli rispetto
alle competenze statutarie, ai sensi dell’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
Questa disposizione, infatti, avrebbe previsto l’assegnazione in
via preferenziale allo Stato dei beni confiscati sul territorio,
mentre l’autonomia regionale e locale esigerebbe che essa sia
«prioritariamente riconosciuta in favore del territorio al quale
questi ultimi appartengono»: tale preferenza sarebbe in armonia con
le competenze regionali, di carattere legislativo e amministrativo,
in materia di enti locali, governo del territorio, assistenza,
cultura e attivita’ produttive, oltre che con il principio di
sussidiarieta’.
Inoltre, l’art. 48, comma 3, nel prevedere l’esercizio di un
potere statale sostitutivo difforme dal paradigma indicato dall’art.
120, secondo comma, Cost., lederebbe quest’ultima disposizione
costituzionale, sia nella parte in cui assegna all’Agenzia, e non al
Governo, tale potere, sia nella parte in cui ne permette l’esercizio
al di fuori di casi «gravi ed eccezionali».
Infine, l’art. 47, consentendo all’Agenzia di disporre il
trasferimento dei beni senza «alcun coinvolgimento» della Regione,
pur nell’ambito di un concorso di competenze statali e regionali,
sarebbe in conflitto con il principio di leale collaborazione.
2.- Si e’ costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o non fondato.
A parere dell’Avvocatura, l’art. 45, comma 1, impugnato non
contrasta con l’art. 33, secondo comma, dello statuto, poiche’ sia le
miniere, sia i beni d’interesse storico, archeologico, paletnologico,
paleontologico e artistico ritrovati nel sottosuolo regionale «sono
gia’ necessariamente di proprieta’ della Regione» e non sono percio’
suscettibili di confisca.
Le cave e le torbiere, invece, potrebbero essere acquisite al
patrimonio regionale solo se «il giacimento non venga
convenientemente sfruttato», e «ne consegue che laddove le cave e le
torbiere siano adeguatamente sfruttate non sussiste alcuna norma che
preveda la proprieta’ obbligatoria in capo alla Regione».
L’art. 48, comma 3, prosegue l’Avvocatura, non indica alcun
criterio preferenziale per l’assegnazione dei beni, ponendo sul
medesimo piano Stato, Regione ed enti locali, ne’ esiste «alcun
principio costituzionale che imponga la destinazione preferenziale
alla Regione» dei beni confiscati. Sara’ invece la legge dello Stato
sia ad allocare la funzione di amministrazione dei beni, sia a
determinare «quali e quante risorse patrimoniali debbano essere
attribuite alle Regioni».
Ne’ il potere sostitutivo previsto sempre dall’art. 48, comma 3,
potrebbe essere posto a raffronto con l’art. 120, secondo comma,
Cost., giacche’ esso non avrebbe carattere straordinario. In ogni
caso, tale potere andrebbe esercitato «secondo le modalita’ previste»
dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per
l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che assicurerebbero
l’integrale rispetto delle competenze regionali.
Infine, l’art. 47 legittimamente ometterebbe di prevedere il
coinvolgimento della Regione nell’assegnazione dei beni, dato che si
verterebbe in materia di esclusiva competenza dello Stato, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
3.- Nell’imminenza dell’udienza pubblica l’Avvocatura generale
dello Stato ha depositato una memoria, insistendo perche’ il ricorso
sia dichiarato inammissibile o infondato.
Dopo aver ribadito gli argomenti gia’ sviluppati nell’atto di
costituzione, l’Avvocatura aggiunge che l’impiego dei beni confiscati
da parte dello Stato, ove essi si trovino sul territorio della
Regione siciliana, non determina alcun depauperamento della
collettivita’ locale, in quanto comunque finalizzato a scopi di
pubblico interesse.
Inoltre, le attribuzioni dell’Agenzia si giustificherebbero «con
esigenze di "unita’ giuridica" dell’ordinamento» e come tali
sarebbero gia’ state apprezzate da questa Corte con la sentenza n. 34
del 2012.
L’Avvocatura infine esclude che il principio di leale
collaborazione comporti un coinvolgimento della Regione per il solo
fatto che vi sia un «interesse comune» a quest’ultima.

Considerato in diritto

1.- La Regione siciliana ha promosso questioni di legittimita’
costituzionale degli articoli 45, comma 1, 47 e 48, comma 3, del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi
antimafia e delle misure di prevenzione, nonche’ nuove disposizioni
in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2
della legge 13 agosto 2010, n. 136), in riferimento agli articoli
114, 116, 118, 119 e 120 della Costituzione, all’articolo 33, secondo
comma, dello statuto della Regione siciliana approvato con il regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello
statuto della Regione siciliana), convertito nella legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e al principio di leale
collaborazione.
Le disposizioni impugnate concernono il procedimento di
assegnazione dei beni oggetto di confisca definitiva di prevenzione.
Essi sono acquisiti al patrimonio dello Stato (art. 45, comma 1, del
d.lgs. n. 159 del 2011) e ivi mantenuti, ovvero trasferiti al
patrimonio del Comune, della Provincia o della Regione (art. 48,
comma 3), con provvedimento dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita’ organizzata (art. 47).
La Regione ricorrente ritiene, anzitutto, che sia lesiva
dell’art. 33, secondo comma, dello statuto la previsione contenuta
nell’art. 45, comma 1, secondo la quale sono acquisiti al patrimonio
dello Stato tutti i beni oggetto di confisca definitiva, e percio’
anche le miniere, le cave e le torbiere, nonche’ le cose d’interesse
storico, archeologico, paletnologico, paleontologico ed artistico da
chiunque ed in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo regionale. A
parere della Regione siciliana, la previsione statutaria, nel
riservare tali beni al patrimonio indisponibile regionale, osterebbe
ad un simile effetto.
La questione non e’ fondata.
Con riguardo alle cose d’interesse storico, archeologico,
paletnologico, paleontologico ed artistico, infatti, e’ agevole
osservare che la disposizione statutaria e la norma impugnata hanno
presupposti differenti, e non sono pertanto destinate a sovrapporsi:
lo statuto disciplina un modo di acquisto della proprieta’ da parte
del patrimonio pubblico in seguito al ritrovamento di beni culturali
(artt. 10 e 91 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»), mentre l’art.
45, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 regola gli effetti della
confisca, ove essa abbia colpito tali beni che siano di proprieta’
privata.
Neppure le miniere sono assoggettabili ad una confisca
suscettibile, anche in linea astratta, di confliggere con la
disciplina statutaria, poiche’ appartengono di diritto al patrimonio
indisponibile della Regione. Non e’ percio’ immaginabile che esse
possano divenire oggetto di proprieta’ privata e siano pertanto
confiscabili.
Diversa e’ invece la situazione normativa delle cave e delle
torbiere, che lo statuto assegna in proprieta’ alla Regione quando ne
e’ sottratta la disponibilita’ al proprietario del fondo.
Si tratta di una particolare vicenda traslativa che attiene
all’impiego dei beni in questione in correlazione con la natura degli
stessi e con l’esercizio delle attribuzioni proprie del sistema
regionale. Questa Corte, infatti, ha gia’ chiarito che l’assegnazione
di una categoria di beni al patrimonio regionale viene compiuta «in
relazione alle funzioni pubbliche attribuite dalle norme
costituzionali alla Regione» (sentenza n. 31 del 1959), cosi’ da
costituire un «legame beni-funzioni» (sentenza n. 179 del 2004;
inoltre, sentenza n. 383 del 1991), che ponga i primi in rapporto di
strumentalita’ con le seconde. Ne consegue che la formula statutaria
non puo’ spingersi fino ad includere fattispecie conformate da
interessi cui la sfera regionale e’ del tutto estranea e in relazione
alle quali non e’ percio’ ipotizzabile alcuna competenza decentrata.
Su questo piano, la Corte ha gia’ avuto modo di affermare che la
normativa concernente gli effetti della confisca definitiva a titolo
di misura di prevenzione attiene alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza
(sentenza n. 34 del 2012), anche con riferimento all’assegnazione dei
beni e alle funzioni di vigilanza sulla corretta utilizzazione di
essi da parte degli assegnatari.
La norma impugnata opera, percio’, entro un’area estranea alle
attribuzioni della Regione siciliana, sicche’ l’art. 33, secondo
comma, dello statuto non puo’ governare la relativa vicenda
acquisitiva, connessa a finalita’, essenzialmente statali, di
sottrazione del bene al "circuito economico" di origine, per
inserirlo in un altro, esente dai condizionamenti criminali che
caratterizzavano il primo (sentenza n. 335 del 1996).
2.- La ricorrente ritiene inoltre che l’art. 47 del d.lgs. n. 159
del 2011, nel consentire che l’Agenzia assegni il bene confiscato
senza coinvolgere la Regione nel relativo procedimento, violi il
principio di leale collaborazione.
La questione non e’ fondata.
Una volta affermato infatti che la disposizione impugnata ricade
in un ambito materiale riservato alla potesta’ legislativa esclusiva
statale, viene meno l’obbligo di istituire meccanismi concertativi
tra Stato e Regione, giacche’ essi vanno, in linea di principio,
necessariamente previsti solo quando vi sia una concorrenza di
competenze nazionali e regionali, ove non possa ravvisarsi la sicura
prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri (sentenze n.
88 del 2009 e n. 219 del 2005).
3.- L’art. 48, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 individua nel
Comune, nella Provincia o nella Regione i destinatari del
provvedimento di assegnazione dei beni che non siano stati mantenuti
al patrimonio dello Stato.
La Regione siciliana censura tale disposizione perche’ ritiene
che esprima un’opzione di favore per il mantenimento al patrimonio
statale dei beni confiscati, rendendone il trasferimento a se stessa
e agli enti territoriali meramente residuale. In tal modo, si
realizzerebbe un depauperamento dell’ambito locale con riguardo a
beni che, invece, proprio in esso troverebbero adeguato impiego, in
violazione degli artt. 114, 116, 118 e 119 Cost.
La questione non e’ fondata, giacche’ si basa su un erroneo
presupposto interpretativo.
Come ha rilevato la stessa Avvocatura dello Stato, infatti, ne’
la lettera, ne’ lo spirito della disposizione impugnata depongono nel
senso ritenuto dalla ricorrente, poiche’ da essa non si puo’ trarre
alcun criterio preferenziale circa il mantenimento allo Stato, ovvero
il trasferimento alla Regione o agli enti locali, dei beni
confiscati. Si tratta, infatti, di un profilo applicativo,
impregiudicato sul piano normativo, sul quale dovra’ cadere, caso per
caso, l’apprezzamento dell’Agenzia nazionale. In particolare,
quest’ultimo non potra’ prescindere dal principio ispiratore sulla
destinazione dei beni confiscati, ravvisato da questa Corte, secondo
il quale «la restituzione alle collettivita’ territoriali – le quali
sopportano il costo piu’ alto dell’"emergenza mafiosa" – delle
risorse economiche acquisite illecitamente dalle organizzazioni
criminali rappresenta (…) uno strumento fondamentale per
contrastarne l’attivita’, mirando ad indebolire il radicamento
sociale di tali organizzazioni e a favorire un piu’ ampio e diffuso
consenso dell’opinione pubblica all’intervento repressivo dello Stato
per il ripristino della legalita’» (sentenza n. 34 del 2012).
4.- Infine, la ricorrente ritiene che l’art. 48, comma 3, del
d.lgs. n. 159 del 2011 leda l’art. 120 Cost., nella parte in cui
consente all’Agenzia nazionale di nominare un commissario con poteri
sostitutivi, nel caso in cui, entro un anno dall’assegnazione del
bene confiscato, l’ente territoriale non abbia provveduto a
conferirgli una delle destinazioni previste dalla legge. A parere
della Regione siciliana, difetterebbero sia le condizioni cui l’art.
120, secondo comma, Cost. subordina l’esercizio del potere
sostitutivo statale, sia i requisiti di legittimita’ della procedura,
dato che tale potere viene conferito all’Agenzia nazionale, anziche’
al Governo, che ne e’ il titolare in base alla Costituzione.
La questione non e’ fondata, perche’ e’ stata formulata sulla
base di un parametro costituzionale inapplicabile alla fattispecie.
Questa Corte ha ripetutamente chiarito che «l’articolo 120,
secondo comma, [Cost.] non puo’ essere inteso nel senso che
esaurisca, concentrandole tutte in capo allo Stato, le possibilita’
di esercizio di poteri sostitutivi. In realta’ esso prevede solo un
potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo, da esercitarsi
sulla base dei presupposti e per la tutela degli interessi ivi
esplicitamente indicati, mentre lascia impregiudicata
l’ammissibilita’ e la disciplina di altri casi di interventi
sostitutivi, configurabili dalla legislazione di settore, statale o
regionale, in capo ad organi dello Stato o delle Regioni o di altri
enti territoriali, in correlazione con il riparto delle funzioni
amministrative da essa realizzato e con le ipotesi specifiche che li
possano rendere necessari» (sentenza n. 43 del 2004; in seguito,
sentenze n. 69 del 2004; n. 236 del 2004; n. 167 del 2005; n. 250 del
2009).
Nel caso di specie, il potere sostitutivo delineato dalla
disposizione impugnata, certamente estraneo all’ambito applicativo
dell’art. 120, secondo comma, Cost., costituisce un corollario del
processo di allocazione, da parte della legge dello Stato, che ne e’
competente, della funzione amministrativa rimessa all’ente
territoriale reputato idoneo, al fine di evitare che l’esercizio di
tale funzione possa venire paralizzato dall’inerzia di quest’ultimo,
cosi’ compromettendo un interesse assegnato alla sfera di competenza
statale.
L’erronea indicazione del parametro costituzionale comporta,
pertanto, la non fondatezza della questione.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale
degli articoli 45, comma 1, 47 e 48, comma 3, del decreto legislativo
6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure
di prevenzione, nonche’ nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto 2010, n. 136), promosse, in riferimento agli articoli 114,
116, 118, 119 e 120 della Costituzione, all’articolo 33, secondo
comma, dello statuto della Regione siciliana approvato con il regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello
statuto della Regione siciliana), convertito nella legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e al principio di leale
collaborazione, dalla Regione siciliana con il ricorso indicato in
epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 ottobre 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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