Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-01-2011) 02-03-2011, n. 8079

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di colpevolezza di L.A. in ordine al reato di cui all’art. 349 cpv. c.p., a lei ascritto per avere violato i sigilli apposti dall’autorità giudiziaria a due manufatti realizzati abusivamente. Con la sentenza di primo grado era stata dichiarata la continuazione tra il predetto reato e quelli di cui a precedente pronuncia di applicazione della pena sull’accordo delle parti emessa nei confronti dell’imputata, divenuta irrevocabile, ed era stata concessa la sospensione condizionale della pena subordinatamente alla demolizione delle opere abusive.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato l’affermazione di colpevolezza e chiesto, in subordine, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Su tale punto la sentenza ha rilevato che detto beneficio era già stato concesso dalla pronuncia di primo grado.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. a), l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge ad organi amministrativi. Si deduce che non è consentito al giudice ordinario subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto la legge attribuisce istituzionalmente al sindaco la competenza a valutare il danno arrecato dall’opera al tessuto urbanistico ed a stabilire i modi per la sua eliminazione.

Si deduce anche che, trattandosi di sanzione amministrativa, il beneficio della sospensione condizionale della pena non può essere subordinato alla esecuzione della medesima, in quanto la subordinazione può essere disposta solo con riferimento alle pene accessorie.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la mancata applicazione dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 unitamente al beneficio della sospensione della pena. Il ricorse non è fondato.

E’ stato già da tempo definitivamente affermato da questa Suprema Corte che il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile, (sez. un. 199700714, Luongo, RV 206659) Nel caso in esame, peraltro va precisato che, essendo stata ritenuta la continuazione tra il reato di cui alla affermazione di colpevolezza e quelli di cui a precedente sentenza di applicazione della pena concordata, divenuta irrevocabile, la condizione apposta al beneficio si riferisce all’ordine di demolizione già imposto con la precedente pronuncia in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) (capo a di tale sentenza) e al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (capo d della medesima sentenza).

A proposito della sospensione condizionale della pena inoltre la sentenza impugnata ha osservato che l’appellante aveva già ottenuto il beneficio richiesto e che la condizione ad esso apposta non ha formato oggetto di contestazione nei motivi di gravame. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Con recente pronuncia le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (sentenza 15.7.2010 n. 36837, RV 247940), hanno affermato che la sospensione condizionale della pena non può concorrere con l’indulto e che tra i due benefici prevale la sospensione condizionale della pena, in quanto più favorevole per l’imputato, a nulla rilevando peraltro l’apposizione di una condizione al primo beneficio.

Nel caso in esame, infine, l’indulto non risulta neppure essere stato chiesto al giudice di appello. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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