Cassazione civile 5063/2010 Attenzione: se non viene rispettato il litisconsorzio necessario, è tutto da rifare!

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.
“Con citazione notificata in data 14 dicembre 1994 F. B. ha convenuto dinanzi al Tribunale di Velletri la Azienda USL omissis ed ha esposto che il giorno omissis era rimasto vittima di un incidente, in conseguenza del quale era stato trasportato all’Ospedale di omissis ove gli era stata praticata una semplice medicazione; ha aggiunto che dopo una settimana si era nuovamente recato presso il detto nosocomio, senza che venissero apprestate terapie di alcun genere; ha quindi dedotto che successivi esami elettromiografici avevano evidenziato lesioni del nervo radiale, in conseguenza delle quali era stato oggetto di ricovero ed intervento presso il Centro omissis di omissis. L’attore ha quindi dedotto l’inadeguatezza della condotta dei sanitari dell’Ospedale di omissis ed ha chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni.
La convenuta, nel costituirsi in giudizio, ha preliminarmente eccepito la nullità della citazione ed ha contestato nel merito la fondatezza della domanda; ha inoltre proposto domanda di garanzia nei confronti della società assicuratrice UAP Italiana s.p.a., la quale, a seguito della notifica dell’atto di chiamata in causa, ha eccepito la mancanza di valida copertura assicurativa, nonché la prescrizione del diritto.
La causa è stata istruita con la produzione di documenti ed espletamento di prova testimoniale e di consulenza tecnica d’ufficio ed è stata quindi definita con la sentenza n. 381/2000, in date 20-27 marzo 2000, con la quale il tribunale adito (nella persona del giudice onorario aggregato dinanzi al quale la causa è proseguita ai sensi della legge 22 luglio 1997, n. 276, e del dm. 30 luglio 1998) ha rigettato la domanda proposta dall’attore, dichiarando compensate le spese del giudizio anche nei confronti della società chiamata in causa. Nella motivazione della pronuncia, il tribunale ha rilevato che la convenuta era stata evocata in giudizio quale successore della USL omissis ed ha escluso tale rapporto di successione, con la conseguente carenza di legittimazione passiva dell’ente convenuto.
Con atto di appello notificato in data 21 gennaio 2002 l’attore ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, a motivi del gravame, l’erroneità delle valutazioni espresse dal primo giudice in ordine alla carenza di legittimazione passiva della convenuta, osservando comunque che il legale rappresentante di questa si era costituito nel giudizio anche nella qualità di Commissario della pregressa USL e che alla data di instaurazione del processo non era stata emanata la legge n. 724 del 23 dicembre 1994 e la successiva normativa richiamata nella sentenza impugnata a fondamento della tesi della successione della Regione.
L’Azienda Unità Sanitaria Locale omissis ha contestato la fondatezza dell’impugnazione ribadendo le deduzioni formulate circa la propria carenza di legittimazione passiva.
Nel corso del giudizio l’appellante ha proceduto alla chiamata in causa della Gestione liquidatoria della USL omissis – che ha contestato nel merito la fondatezza della domanda attrice -, della Regione Lazio – che si è associata alle censure dell’appellante circa l’individuazione del soggetto responsabile, contestando nel merito i profili di responsabilità dedotti a fondamento della domanda – e della Axa Assicurazioni s.p.a., succeduta alla UAP Italiana – la quale ha ribadito le eccezioni svolte dalla società chiamata in causa in primo grado -.
La causa è stata quindi posta in deliberazione all’udienza collegiale del 13 aprile 2004, sulle conclusioni sopra trascritte”.
Con sentenza 20.4 – 10.5.2004 la Corte d’Appello di Roma decideva come segue:
“…definitivamente pronunciando,
rigetta l’appello proposto da F. B. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 381/2000, in date 20-27 marzo 2000 e nei confronti dell’Azienda USL omissis e dell’Axa Assicurazioni s p.a., e dichiara inammissibile la chiamata nel processo della Gestione liquidatoria ex USL omissis e della Regione Lazio; dichiara integralmente compensate le spese del presente grado del giudizio”.
Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione B. F..
Ha resistito con controricorso la REGIONE LAZIO.
Ha resistito con controricorso anche l’AZIENDA USL omissis.
Ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato l’AXA ASSICURAZIONI s.p.a..

Motivi della decisione

Va anzitutto disposta la riunione dei ricorsi.
I motivi del ricorso principale vanno esaminati insieme poiché connessi.
Con il primo motivo F. B. denuncia “Omessa statuizione su un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c. n. 5) nonché violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 n. 3” esponendo doglianze da riassumere come segue. La Corte di Appello non ha preso in considerazione la doglianza dell’appellante di aver il Tribunale di Velletri, con evidente contraddittorietà, respinto, ingiustamente, l’istanza volta all’integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Lazio, e conseguentemente dichiarato inutile il giudizio, con esclusione di ogni statuizione sul merito, per la mancata presenza nel processo del soggetto tenuto a rispondere della obbligazione. Il giudice di Velletri, in virtù dei poteri di cui all’art. 183 c.p.c. (“il giudice indica alle parti le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”) e all’art. 184 bis c.p.c. (“il giudice rimette nei termini la parte incorsa in eventuale decadenza per fatto non imputabile”) ed in virtù del principio di ordine generale per il quale è compito del giudicante dare e consentire una risposta di merito alle domande delle parti nel rispetto anche delle disposizioni sopra richiamate (art. 88, 81 e 101 c.p.c.) avrebbe dovuto autorizzare ed anzi disporre l’integrazione del contraddittorio e rimettere allo scopo la causa sul ruolo.
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 in riferimento agli artt. 111 e 354 c.p.c.” esponendo doglianze da sintetizzare nel modo seguente. La sentenza di 2° grado ha dichiarato “la inammissibilità della chiamata in causa – effettuata – di soggetti rimasti estranei al giudizio di 1° grado (Regione Lazio e Gestione liquidatoria ex USL omissis) in quanto, “a norma dell’art. 344 c.p.c. in grado di appello è consentito soltanto l’intervento di terzi che potrebbero proporre opposizione di terzo, salvo la deroga riguardo ai terzi legittimati ad intervenire ai sensi degli artt. 110 e 111 c.p.c.”. La domanda dell’attore è stata introdotta allorché la legge 724/1994 non era ancora in vigore, essendo entrata in vigore durante il processo. Nel corso del processo, il soggetto legittimato ad adempiere l’obbligazione, sorta antecedentemente alla legge 724/1994, non è più lo stesso, e viene individuato, dalla richiamata legge, nella Regione Lazio. La Regione Lazio pertanto, non riveste, nel processo, il ruolo di terzo interveniente, ma quello di parte, succeduta cioè nella situazione giuridica controversa e tenuta a rispondere dell’obbligazione.
Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia “violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c. n. 5 in riferimento agli artt. 2907 c.c., 99 c.p.c. in relazione al principio dispositivo a fondamento del processo civile” esponendo: – che la Regione Lazio e la Gestione Liquidatoria della ex USL omissis si costituivano in giudizio, accettando integralmente il contraddittorio nel merito, contestando cioè esclusivamente nel merito le domande del B. – che la Corte non avrebbe dovuto disattendere la volontà delle parti di partecipare attivamente al processo, né ignorare che la norma per la quale il processo è rimesso al potere dispositivo delle parti è una norma di ordine pubblico.
Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. n. 3” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. Non c’è dubbio che, entrata in vigore la legge 724/1994 la legittimazione passiva a rispondere dei debiti delle pregresse USL è trasferita alla Regione Lazio e che tale legittimazione riguarda tutte le situazioni debitorie, anche quelle precedenti la legge 724/1994. Nella fattispecie in oggetto, però la questione posta è altra; nel senso che alla data di notifica dell’atto di citazione – 14.12.1994 – la legge n. 724 del 23.12.94 ancora non era stata promulgata, per cui la legittimazione passiva della Regione Lazio, si è realizzata successivamente all’introduzione del giudizio. A quella data, la legge n. 502 del 30.12.92, dichiarate estinte le USL, aveva istituito le Aziende Sanitarie Locali, quali enti dotati di personalità giuridica pubblica con completa autonomia nel cui patrimonio venivano trasferiti tutti i beni e le attrezzature delle USL. Alla data di introduzione del giudizio quindi non esisteva altro ente, se non la A.S.L., quale soggetto passivo della domanda.
Ritiene il collegio che il ricorso principale vada accolto nella sua parte essenziale.
In tema di soppressione delle USL ed istituzione della AUSL questa Corte Suprema ha più volte affermato che per effetto del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dell’art. 2, comma quattordicesimo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le regioni sono succedute nei debiti delle soppresse unità sanitarie locali, nel senso che si è verificata una successione “ex lege” a titolo particolare delle Regioni in tutti i rapporti obbligatori in questione già di pertinenza delle USL (cfr. Cass. sentenza n. 17913 del 04/08/2009: “In seguito alla soppressione delle USL ad opera del d.lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le AUSL, e per effetto degli artt. 6, primo comma, della legge n. 724 del 1994 e 2, quattordicesimo comma, della legge n. 549 del 1995, che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi, essendo la successione delle Regioni caratterizzata da una procedura di liquidazione affidata ad un’apposita gestione stralcio, individuata nell’ufficio responsabile della medesima USL, il processo instaurato da o nei confronti di una USL prima della sua soppressione prosegue tra le parti originarie, con le relative conseguenze in ordine alla legittimazione attiva e passiva in ragione dell’attribuzione al direttore generale della nuova AUSL della qualità di organo di rappresentanza della gestione stralcio.”; cfr. tra le altre anche Cass. sentenza n. 8826 del 13/04/2007; Cass. sentenza n. 13386 del 08/06/2007; e Cass. Sez. U, sentenza n. 1989 del 06/03/1997).
Questa Corte Suprema non si è però mai trovata ad affrontare la particolare situazione di chi ha dovuto iniziare una delle cause in questione contro una Unità Sanitaria nel periodo successivo all’entrata in vigore del DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, n. 502, ma prima dell’entrata in vigore della legge 23 DICEMBRE 1994, n. 724, la quale ha introdotto la norma che è alla base delle problematiche in questione: e cioè quella parte dell’art. 6 nella quale si stabilisce che “…IN NESSUN CASO È CONSENTITO ALLE REGIONI DI FAR GRAVARE SULLE AZIENDE DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI ED INTEGRAZIONI, NÉ DIRETTAMENTE NÉ INDIRETTAMENTE, I DEBITI E I CREDITI FACENTI CAPO ALLE GESTIONI PREGRESSE DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI. A TAL FINE LE REGIONI DISPONGONO APPOSITE GESTIONI A STRALCIO, INDIVIDUANDO L’UFFICIO RESPONSABILE DELLE MEDESIME…”; è infatti in considerazione di quest’ultima disposizione che è sorto il filone interpretativo in questione (cfr. tra le altre Cass. sentenza n. 2766 dell’11/02/2005 “A norma dell’art. 6 della legge n. 724 del 1994, secondo cui in nessun caso le Regioni possono far gravare sulle neo – costituite aziende sanitarie locali i debiti già facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali, si è realizzata una successione “ex lege” della Regione nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle USL, caratterizzata da una procedura di liquidazione affidata ad un’apposita gestione stralcio, fruente della soggettività dell’ente soppresso (prolungata durante la fase liquidatoria). Ne consegue, quanto alla regione Calabria, la sua legittimazione passiva nelle controversie instaurate dai dipendenti ex USL per debiti pregressi. Tale legittimazione non è esclusa dalla disposizione della legge reg. n. 2 del 1996 che ha stabilito che nei giudizi concernenti i crediti e i debiti pregressi delle soppresse USL, la legittimazione attiva e passiva spetta ai direttori generali delle aziende sanitarie locali, nella qualità di commissari liquidatori, giacché tale norma non solo non ha inciso, né poteva incidere, sulle disposizioni delle ricordate leggi statali, ma ha confermalo quanto sopra specificato a proposito della posizione assunta in materia dai direttori generali.”).
Ben diversa era però la situazione normativa precedente.

Il DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, n. 502, stabiliva infatti tra l’altro:
“..ART 3. ORGANIZZAZIONE DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI
1. L’UNITÀ SANITARIA LOCALE È AZIENDA E SI CONFIGURA COME ENTE STRUMENTALE DELLA REGIONE, DOTATO DI PERSONALITÀ GIURIDICA PUBBLICA, DI AUTONOMIA ORGANIZZATIVA, AMMINISTRATIVA, PATRIMONIALE, CONTABILE, GESTIONALE E TECNICA, FERMO RESTANDO IL DIRITTO-DOVERE DEGLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DI ESPRIMERE IL BISOGNO SOCIO-SANITARIO DELLE COMUNITÀ LOCALI.
[…omissis…]
5 LE REGIONI DISCIPLINANO, ENTRO CENTOTTANTA GIORNI DALLA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE DECRETO, NELL’AMBITO DELLA PROPRIA COMPETENZA LE MODALITÀ ORGANIZZATIVE E DI FUNZIONAMENTO DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI PREVEDENDO TRA L’ALTRO, SENTITE LE PROVINCE INTERESSATE:
[…omissis…]
c) I CRITERI PER LA DEFINIZIONE DEI RAPPORTI ATTIVI E PASSIVI FACENTI CAPO ALLE PREESISTENTI UNITÀ SANITARIE LOCALI E UNITÀ SOCIO-SANITARIE LOCALI;
[…omissis…]
ART. 5. PATRIMONIO E CONTABILITÀ
1. NEL RISPETTO DELLA NORMATIVA REGIONALE VIGENTE, TUTTI I BENI MOBILI, IMMOBILI, IVI COMPRESI QUELLI DA REDDITO, E LE ATTREZZATURE CHE, ALLA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE DECRETO, FANNO PARTE DEL PATRIMONIO DEI COMUNI CON VINCOLO DI DESTINAZIONE ALLE UNITÀ SANITARIE LOCALI, SONO TRASFERITI AL PATRIMONIO DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI E DELLE AZIENDE OSPEDALIERE; SONO PARIMENTI TRASFERITI AL PATRIMONIO DELLE UNITÀ SANITARIE LOCALI I BENI DI CUI ALL’ARTICOLO 65, PRIMO COMMA – COME SOSTITUITO DALL’ARTICOLO 21 DEL DECRETO-LEGGE 12 SETTEMBRE 1983, N. 463, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 11 NOVEMBRE 1983, N. 638 – DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833…”.
Da tali disposizioni e dal contesto della normativa in questione si evince che dopo l’emanazione del DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, n. 502, e prima dell’emanazione della sopra citata legislazione successiva, era ben difficile per il cittadino prevedere che “…i debiti già facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali…” non sarebbero stati a carico delle “… neo-costituite aziende sanitarie locali…”. Proprio sulla base di quanto appariva emergere da detta normativa era infatti largamente diffusa la convinzione che per detti debiti, una volta sorte le AUSL, la legittimazione passiva spettasse a queste ultime.
Ritiene il collegio che di fronte ad una siffatta situazione, una interpretazione costituzionalmente orientata (in particolare con riferimento all’art. 24 della Costituzione, che tutela i diritti del cittadino con riferimento alla concreta ed effettiva possibilità di agire in giudizio) imponga di consentire a chi abbia citato un soggetto ritenendolo passivamente legittimato in base ad una non irrazionale interpretazione della legislazione esistente all’epoca della citazione medesima, di poter chiedere al Giudice l’autorizzazione a convenire in giudizio il soggetto che è poi emerso essere passivamente legittimato, in base alla legislazione successiva. Inoltre tale possibilità deve (data la ratio predetta; che altrimenti non verrebbe rispettata) permanere, a prescindere dalla normale scansione dei tempi processuali (e dalle relative conseguenti preclusioni) fino all’ultimo atto difensivo (compreso) immediatamente successivo al momento in cui la giusta soluzione è emersa con sufficiente chiarezza (e quindi la predetta domanda può essere in tal caso proposta persino nella comparsa conclusionale).
La Corte d’Appello non ha applicato tale principio di diritto. La sentenza va dunque cassata.
Nella fattispecie non si è trattato di una mancata integrazione del contraddittorio in senso stretto; in quanto il soggetto (AUSL) che appariva (ragionevolmente) come legittimato passivo al momento dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado si è poi rivelato (sulla base della legislazione successiva) privo di detta legittimazione (che spettava invece ad un altro soggetto); ma certamente la situazione è pienamente assimilabile a detta mancata integrazione sotto il profilo che qui interessa; con le relative conseguenze (cfr., con riferimento alla violazione del principio del contraddittorio Cass. sentenza n. 8825 del 13/04/2007: “Quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, primo comma, cod. proc. civ., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio per cassazione, l’annullamento – anche d’ufficio – delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ.”, e Cass. Sez. U, sentenza n. 3678 del 16/02/2009 conforme).
Ritiene dunque il collegio che, sussistendo una nullità del giudizio di primo grado per la quale il Giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo Giudice, in applicazione del principio del doppio grado, vada disposto il rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (detto ultimo comma ricomprende l’ipotesi di nullità in questione con conseguente rinvio al primo Giudice nell’ambito della decisione di “Cassazione con rinvio”, come recita la rubrica dell’articolo medesimo).
Il ricorso incidentale condizionato dell’AXA deve ritenersi assorbito da una siffatta pronuncia e le questioni in esso affrontate potranno essere riproposte innanzi al Giudice di merito predetto (che applicherà il principio di diritto sopra esposto). A quest’ultimo va demandata la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa l’impugnata decisione e rinvia la causa al Giudice di primo grado anche per la decisione sulle spese del Giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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