Corte Costituzionale, Sentenza n. 242 del 2012, in materia di elezioni comunali in comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 44 del 7-11-2012

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’articolo 71, comma 10, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), promosso dal Consiglio di Stato – sezione V giurisdizionale nel procedimento vertente tra Petrollini Gabriella ed altro e il Comune di Sessano del Molise ed altri, con ordinanza del 31 maggio 2011, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2011. Visto l’atto di costituzione di Petrollini Gabriella ed altro nonche’ l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica del 18 settembre 2012 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli; uditi gli avvocati Federico Sorrentino per Petrollini Gabriella ed altro e l’avvocato dello Stato Roberta Tortora per il Presidente dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 31 maggio 2011, il Consiglio di Stato – sezione V giurisdizionale ha sollevato questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 71, comma 10, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), «nella parte in cui include i cittadini iscritti all’AIRE [Anagrafe italiani residenti all’estero] nel numero degli aventi diritto al voto al fine del calcolo della percentuale, non inferiore al cinquanta per cento dei voti espressi, ai fini della validita’ del voto ottenuto dall’unica lista ammessa e votata», prospettandone il contrasto con gli articoli 1, secondo comma, 3, 48, primo comma e 51, primo comma, della Costituzione. Come emerge dall’ordinanza di rimessione, il giudice a quo e’ chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto dal candidato sindaco, per l’unica lista in competizione, e da altro cittadino, del Comune di Sessano del Molise, avverso il provvedimento che – in applicazione, appunto, della norma denunciata – aveva dichiarato la nullita’ delle elezioni, svoltesi in quel Comune nel marzo 2010, in quanto il numero dei votanti (368) era stato inferiore al 50 per cento del numero degli iscritti nelle liste elettorali (1186), comprensivo dei cittadini residenti all’estero iscritti all’AIRE (495); non computando i quali l’elezione sarebbe risultata viceversa valida. Nel che, appunto, e’ individuata la rilevanza della questione. In motivazione della sua non manifesta infondatezza, premette poi il rimettente che «i residenti all’estero non partecipano alla vita locale e non subiscono direttamente gli effetti delle scelte amministrative e normative compiute dagli organi elettivi» e ne inferisce che «condizionare la validita’ delle elezioni al raggiungimento di un quorum di votanti rapportato anche ai residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno esercitato il diritto di voto, finisce col far dipendere la validita’ delle elezioni da un elemento estrinseco alla compagine elettorale». E in cio’ ravvisa «l’irragionevolezza della disposizione in questione in relazione all’ordinamento complessivo e ai valori costituzionali garantiti ai cittadini ed alle comunita’ locali». In particolare, la violazione dell’art. 3 Cost. e’ motivata anche in ragione della paventata discriminazione di fatto degli enti locali caratterizzati, come nella specie, da fenomeni di migrazione rispetto agli altri Comuni; ed il vulnus agli articoli 1, secondo comma, 48, primo comma, e 51, primo comma, Cost. e’ ricollegato all’asserito contrasto della disposizione denunciata con i principi, rispettivamente, di partecipazione democratica e rappresentativita’, di effettivita’ del diritto al voto, e di partecipazione popolare al voto. A conforto del proprio assunto, il Collegio a quo richiama la sentenza n. 173 del 2005 di questa Corte, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita’ costituzionale della legge 11 dicembre 2003, n. 21 della Regione Friuli-Venezia Giulia (Norme urgenti in materia di enti locali, nonche’ di uffici di segreteria degli assessori regionali), nella parte in cui questa prevede, diversamente dalla normativa statale, che, per determinare il quorum dei votanti, «non sono computati fra gli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune quelli iscritti nell’anagrafe degli elettori residenti all’estero». 2.- E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilita’ della questione, per il profilo della sua correlazione a meri inconvenienti di fatto privi di rilievo costituzionale; e, in subordine, per la sua infondatezza sul rilievo, tra l’altro, che «l’evoluzione storico legislativa del sistema e’ finalizzata a garantire la massima partecipazione al voto degli italiani residenti all’estero e non a limitarne l’esercizio» e in considerazione della non irragionevolezza della scelta legislativa contestata, «valutata globalmente e nel suo insieme», poiche’ l’ancoraggio della selezione elettorale anche al criterio della cittadinanza «consente di preservare e valorizzare il legame ed il sentimento di appartenenza alla comunita’ di origine del residente all’estero». 3.- Si sono altresi’ costituite le parti ricorrenti nel giudizio a quo, svolgendo, e ribadendo anche con successiva memoria, argomenti adesivi alla denuncia del rimettente. Considerato in diritto 1.- Questa Corte e’ chiamata a pronunciarsi sulla legittimita’ costituzionale dell’articolo 71, comma 10, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) per sospetto contrasto con gli articoli 1, secondo comma, 3, 48, primo comma, e 51, primo comma, della Costituzione. La norma denunciata, in tema di elezioni nei comuni sino a 15.000 abitanti, per quanto nel presente giudizio rileva, testualmente dispone che, «ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, e il candidato sindaco collegato, purche’ (…) il numero dei votanti non sia inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione e’ nulla». Poiche’ nelle liste elettorali del comune, ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960 n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) e successive modificazioni, risultano iscritti anche i cittadini «compresi nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE)» – con la possibile conseguenza, che nei comuni ad alto tasso di emigrazione, cio’ possa condizionare in negativo il raggiungimento del quorum e quindi la validita’ della elezione – si denuncia dal rimettente che, appunto «nella parte in cui include i cittadini iscritti all’AIRE nel numero degli aventi diritto al voto al fine del calcolo percentuale, non inferiore al cinquanta per cento dei voti espressi, ai fini della validita’ del voto ottenuto dall’unica lista ammessa», la norma in questione contrasti con i richiamati precetti costituzionali, per la sua irragionevolezza e per violazione dei principi di partecipazione popolare e del diritto all’elettorato passivo, quanto ai candidati, nonche’ di quello di elettorato attivo di coloro che hanno espresso il proprio voto in favore della lista ammessa, in relazione anche al principio di uguaglianza, discriminando di fatto gli enti locali caratterizzati da fenomeni di migrazione rispetto agli altri comuni. 2.- Viene, preliminarmente, in esame l’eccezione di inammissibilita’ della riferita questione, formulata dall’Avvocatura sulla base della considerazione che essa «fa[rebbe] dipendere la ragionevolezza della norma da mere circostanze di fatto», quali la mancata predisposizione, nella specie, di strumenti atti a mettere i residenti all’estero in condizioni di esercitare effettivamente il loro diritto al voto. L’eccezione e’ infondata. E cio’ in quanto quella omissione e’ propriamente, e correttamente, valutata dal giudice a quo non come dato contingente fattuale, bensi’ come elemento di criticita’ del contesto normativo in cui si inquadra la disposizione denunciata, sul rilievo che il legislatore ordinario, al quale l’articolo 48, secondo comma, Costituzione demanda di stabilire le modalita’ di esercizio del voto dei cittadini residenti all’estero, «relativamente alle elezioni amministrative, non ha emanato norme che facilitino e, in sostanza rendano effettivo l’esercizio del diritto di voto». Vale a dire che l’invalidazione della elezione, nei comuni sino a 15.000 abitanti, per mancato raggiungimento del quorum partecipativo, in dipendenza del computo dei non residenti nella correlativa base di calcolo, non viene prospettata come un caso limite, ascrivibile a contingenze accidentali, bensi’ come evenienza insita nel meccanismo predisposto dalla disposizione denunciata. Ed in relazione a tale evenienza, appunto, viene censurata dal rimettente l’eccedenza e l’irragionevolezza della sanzione di nullita’ dell’elezione, che quella stessa norma vi riconnette. Da qui l’ammissibilita’ della questione, per attinenza ad effettivi suoi profili di rilievo costituzionale. 3.- La questione e’ anche rilevante ai fini della decisione nel giudizio a quo. Come infatti, sul punto, motivato dal rimettente, ove fosse consentito escludere dal quorum partecipativo i cittadini iscritti all’AIRE che non hanno votato, risulterebbe raggiunta, nella elezione per cui e’ causa, la percentuale del 50 per cento prescritta dalla norma denunciata e potrebbe, di conseguenza, accogliersi il ricorso degli interessati avverso la precedente declaratoria di sua nullita’. 4.- Nel merito, argomenta, come sopra detto, il rimettente che «i residenti all’estero non partecipano alla vita locale e non subiscono direttamente gli effetti delle scelte amministrative e normative compiute dagli organi elettivi, sicche’ condizionare la validita’ delle elezioni al raggiungimento di un quorum dei votanti rapportato anche ai residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno esercitato il diritto di voto, finisce col far dipendere la validita’ delle elezioni da un elemento estrinseco alla compagine elettorale». Da cio’ – «in relazione all’ordinamento complessivo e ai valori costituzionali garantiti ai cittadini e alle autonomie locali», di cui agli evocati articoli 1, secondo comma, 3, 48, primo comma e 51, primo comma, Costituzione – l’irragionevolezza, a suo avviso, della disposizione in questione, per l’eccessiva compromissione, che da essa deriverebbe, del voto degli abitanti, «condizionato da quello (eccessivamente enfatizzato per un retaggio storico culturale male interpretato) dei residenti all’estero avulso dalla partecipazione responsabile alla vita democratica». Dal che l’opzione del giudice a quo, per una «diversa formulazione» del denunciato comma 10 dell’articolo 71 del d.lgs n. 267 del 2000, «con l’estromissione dal quorum degli iscritti all’AIRE». La quale «non inciderebbe sulla capacita’ elettorale dei residenti all’estero e sul loro diritto elettorale, quanto piuttosto individuerebbe piu’ realisticamente e correttamente il giusto equilibrio tra le due categorie di elettori e rappresenterebbe un corretto parametro di validita’ del voto espresso dal corpo elettorale». Lo scomputo degli iscritti all’AIRE – aggiunge il rimettente – «sarebbe legittimo e compatibile con la Costituzione», come del resto gia’ riconosciuto, con riguardo alla legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 21 (Norme urgenti in materia di enti locali, nonche’ di uffici di segreteria degli assessori regionali), che la prevede, dalla sentenza n. 173 del 2005 di questa Corte. Un tale scomputo varrebbe anche a «restituire coerenza al meccanismo di cui all’art. 71, comma 10. I parametri di rappresentativita’ del voto espresso, infatti, non debbono necessariamente ricavarsi da un calcolo proporzionale rapportato alla dimensione dell’intero numero degli elettori, ben potendo, invece tener conto del loro effettivo grado di partecipazione alla vita della comunita’ locale, distinguendo in sede di verifica della rappresentativita’, tra residenti e non residenti iscritti all’AIRE, senza che cio’ incida minimamente sul diritto di voto riconosciuto dal legislatore anche ai residenti all’estero». 5.- La questione cosi’ prospettata non e’ fondata. Nell’operare il bilanciamento del diritto elettorale degli abitanti con quello dei cittadini residenti all’estero, tra le due soluzioni possibili – quella di garantire con pienezza il diritto dei non residenti iscritti all’AIRE alla appartenenza al corpo elettorale locale si’ da concorrere al calcolo del quorum per la validita’ delle elezioni in condizioni di perfetta parita’ con i cittadini residenti, e quella di assicurare ampia ed incondizionata garanzia ai diritti politici di questi ultimi – il legislatore del 2000 ha optato per la prima soluzione, emanando la norma la cui legittimita’ costituzionale e’ revocata in dubbio con l’ordinanza di rimessione. Le considerazioni del rimettente sugli inconvenienti derivanti dalla assenza (cui e’ auspicabile che il legislatore ponga rimedio) di una normativa agevolativa del voto dei residenti all’estero con riguardo alle elezioni amministrative, e i rilievi dello stesso giudice diretti ad una «diversa formulazione» della norma in esame, anche in ragione dei segnalati suoi profili di non piena coerenza, nel testo attuale, con la disciplina di settore, se inducono a ritenere opportuna, da parte del legislatore, una rimeditazione del bilanciamento di interessi attuato in detta norma, tuttavia non ne evidenziano un tasso di irragionevolezza manifesta, tale da comportarne la caducazione da parte di questa Corte. Cio’ in quanto, come gia’ sottolineato, «la determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicita’ della scelta legislativa, censurabile in sede di giudizio di costituzionalita’ solo quando risulti manifestamente irragionevole» (sentenza n. 260 del 2002). Ne’ e’ sostenibile che un tal tasso di irragionevolezza della disposizione denunciata possa desumersi, a contrario, dalla precedente richiamata pronuncia di questa Corte n. 173 del 2005. La quale ha bensi’ ritenuto compatibile con i precetti di cui agli articoli 3 e 48 Cost. la norma, di segno opposto, adottata in materia (nell’ambito, per altro, della sua competenza primaria) dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 1, comma 2, legge reg. 11 dicembre 2003 n. 21), con esclusione degli elettori iscritti all’AIRE ai fini del computo del quorum partecipativo. Ma cio’ ha fatto, detta sentenza, valutando la ragionevolezza di quel «regime speciale» e ravvisando «la sua giustificazione nell’alto tasso di emigrazione che caratterizza alcune aree della Regione Friuli-Venezia Giulia». Il che, all’evidenza, non comporta, specularmente, l’irragionevolezza, che rileverebbe solo ove manifesta, della non coincidente soluzione adottata dal legislatore statale, basata su una ponderazione di interessi non mirata a circoscritte specifiche realta’ territoriali, ma riferita ad un quadro piu’ generale (sentenza n. 107 del 1996), e volta ad un (non irragionevole, appunto) bilanciamento del diritto al voto dei residenti con quello degli iscritti all’AIRE. Non risultano, di conseguenza, violati – nell’ambito della discrezionalita’ di scelte riservata al legislatore – i principi di partecipazione democratica, eguaglianza, effettivita’ del diritto di voto, di cui agli articoli 1, secondo comma, 3, 48, primo comma e 51, primo comma, Cost., come richiamati, in reciproca combinazione, dal ricorrente. 6.- La questione va dichiarata, pertanto, non fondata in riferimento a tutti i parametri invocati.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 71, comma 10, del decreto legislativo 16 maggio 2000 n.
267, (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali),
sollevata, in riferimento agli articoli 1, secondo comma, 3, 48,
primo comma e 51, primo comma, della Costituzione, dal Consiglio di
Stato – sezione V giurisdizionale con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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