Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 03-03-2011, n. 8483 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.A., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 5.8.2010, con cui il Tribunale di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame da lei proposta, avverso il provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro in data 17.7.2010.

La ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato per difetto di motivazione in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2 ed alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies; contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del riesame, i redditi percepiti erano proporzionati agli investimenti effettuati ed all’acquisto dei beni sottoposti a sequestro, intestati a P.A.; la stessa aveva documentato, nell’udienza camerale, altri redditi oltre quelli denunciati, tra i quali le somme di denaro percepite per l’assistenza prestata a persona invalida; peraltro la P., in nessun modo avrebbe potuto utilizzare proventi economici del marito, Pr.

A., in quanto questi (indagato per i reati di cui all’art. 74, commi 1, 2, 3 e 5 e di tre reati fine in materia di spaccio di sostanze stupefacenti), dal (OMISSIS), era stato ininterrottamente detenuto. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il provvedimento di sequestro investe numerosi beni appartenenti o riconducibili a Pr.An., marito dell’attuale ricorrente, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, con ordinanza 17.7.2010, per il delitto di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti oltre a tre violazioni della normativa in materia di sostanze stupefacenti). In particolare, sono stati sequestrati beni di proprietà del Pr. e della moglie, P.A. ed è stata, peraltro, disattesa, con corretta e logica motivazione, la tesi difensiva in ordine al fatto che il fabbricato, sito nel Comune di (OMISSIS), pure sottoposto a sequestro preventivo, sarebbe stato realizzato abusivamente da Pa.An. e successivamente trasferito alla sorella, P.A., prima del dies a quo (2005) della contestazione associativa a Pr.An.. Al riguardo il Tribunale del riesame ha dato conto che, dalle indagini espletate, era emerso che il nucleo familiare Pr. – P. non aveva potuto disporre di capitali sufficienti per effettuare l’acquisto dei beni oggetto della misura cautelare in esame, tenuto conto, fra l’altro, delle dichiarazioni dei redditi e dell’importo degli stessi, "palesemente incongruo" rispetto al valore di detti beni;

evidenziava, inoltre, che gli agenti di P.G. avevano accertato la "recente edificazione" della palazzina abusiva, composta di tre piani fuori terra, in difetto di qualsiasi prova che la stessa fosse stata realizzata entro l’anno 2005 ed, in applicazione del principio di diritto affermato dalle S.U. della S.C., con sentenza n. 1152/2008, ribadiva che il sequestro preventivo dovesse essere esteso all’edificio stesso, ancorchè la provenienza del suolo fosse legittima, verificandosi in tal caso una sorta di "accessione invertita" per il preminente valore economico dell’edifico rispetto al terreno. La accertata sproporzione tra il reddito personale di Pa.An. e P.A. ed il valore dei beni sequestrati, legittimava, pertanto, il provvedimento di sequestro, L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies, considerato che, nel caso di bene intestato a terzo estraneo al reato, l’indagine, preordinata all’applicazione della misura cautelare in esame, richiede solo, ai fini della prova della disponibilità del bene, da parte dell’indagato o condannato, che l’intestatario non abbia la possibilità economica di acquistare il bene (Cass. n. 27340/2008; n. 6365/2000).

La valutazione al riguardo del provvedimento impugnato, è sorretta da congrua motivazione ed esula, quindi, dal sindacato di legittimità che, in materia di misure cautelari reali, è circoscritto al vizio di violazione di legge o difetto assoluto di motivazione. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, somma determinata in via equitativa, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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