Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-05-2011, n. 9714 Buona fede

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 29 ottobre 2007, la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame svolto da A.A. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla spa Poste Italiane volto alla declaratoria di legittimità della sanzione disciplinare inflitta.

2. La Corte territoriale puntualizzava che si verteva in tema di inosservanza del sistema di consegna della corrispondenza detta ad areole, in base al quale il singolo operatore è tenuto alla consegna non solo della corrispondenza della zona di sua competenza, ma anche, in quota, della corrispondenza di altra zona ricompresa nel medesimo raggruppamento di zone (areola), in caso di assenza dell’operatore assegnato a quella zona, e che il rifiuto di compiere la parte della prestazione riferibile alla sostituzione di altro collega fosse ingiustificato malgrado il riferimento all’agitazione COBAS alla quale il lavoratore intendeva aderire.

3. La Corte, a sostegno del decisum, escludeva la violazione procedimentale per mancata audizione del lavoratore, L. n. 300 del 1970, ex art. 7 sul presupposto che non esistesse un diritto di essere ascoltato sul posto e nell’orario di lavoro anzichè presso l’ufficio del contenzioso dell’azienda; riteneva, inoltre, legittima la sanzione disciplinare inflitta sui seguenti presupposti:

– a) il rifiuto di compiere solo la parte della prestazione riferibile al collega assente, con l’effettuazione per il resto della normale prestazione, non poteva ritenersi sciopero, ma modifica dell’organizzazione del lavoro, di competenza del datore di lavoro;

– b) l’assenza di rilievi negativi della Commissione di garanzia rispetto alle iniziative del sindacato Cobas era ininfluente nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore;

c) il rifiuto di eseguire la prestazione era confermato dal complessivo atteggiamento del lavoratore, con la mancata presentazione presso l’Ufficio del personale per essere sentita, rivelatrice di un’aprioristica presa di posizione;

– d) la sanzione era proporzionata alla condotta.

4. Infine, la Corte di merito riteneva infondato l’appello incidentale sulla compensazione delle spese di primo grado, attesi i precedenti non univoci sulla questione.

5. A. ricorre per cassazione articolando quattro motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso eccependo inammissibilità e infondatezza del ricorso, Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione

6. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2106,1175,1375 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 7, art. 116 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3), per aver la Corte di merito denegato il diritto dei lavoratori di essere ascoltati a difesa sul posto e nell’orario di lavoro. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto con il quale si chiede alla Corte di dire se costituisca lesione del diritto di difesa disporre l’audizione in sede disciplinare, richiesta dalla dipendente con l’assistenza del rappresentante sindacale, in luogo diverso da quello della prestazione lavorativa e al di fuori dell’orario contrattuale, sì da rendere gravoso l’esercizio del diritto, violando i principi generali, essendo il potere disciplinare interno al rapporto di lavoro.

7. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 40 Cost. e della L. n. 146 del 1990, artt. 1, 2, 4, 12, 13 e 14 (art. 360 c.p.c., n. 3), per aver la Corte di merito denegato il legittimo esercizio del diritto di sciopero, nonostante l’adesione del lavoratore allo sciopero, e l’esclusiva competenza della sola Commissione di garanzia ad infliggere sanzioni disciplinari. Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "in tema di sciopero nei servizi essenziali ed in particolare in quello dei dipendenti di Poste italiane, attinente alla libertà di comunicazione, assoggettato alla normativa di regolamentazione, per sciopero deve intendersi ogni forma di azione sindacale comportante una riduzione del servizio tale da determinare un pregiudizio per tutti gli utenti, ciò valendo anche in caso di astensione collettiva dal lavoro straordinario o considerato aggiuntivo e, in ogni caso, l’esercizio del potere disciplinare relativo all’astensione dal lavoro collettiva è di esclusiva competenza della Commissione di garanzia che eventualmente delibera e prescrive al datore di lavoro la sanzione, con la conseguenza che, nel caso di specie, sussiste l’abuso del potere disciplinare da parte di Poste italiane". 8. Con il terzo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., in relazione all’accordo collettivo 29 luglio 2004 ( art. 360 c.p.c., n. 3) per più profili inerenti al "canone letterale dell’intenzione dei contraenti" (così nel ricorso) e al tenore letterale dell’accordo, e vizio di motivazione indicando come fatto controverso e decisivo oggetto del vizio di motivazione lo sciopero così come proclamato e il contenuto della prestazione.

9. Con il quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 2104, 2150, 2106 c.c. e vizio di motivazione deducendo, riconnettendosi al primo motivo di censura, che la mancata presenza all’audizione disciplinare fissata in tempo extralavorativo non escludeva la buona fede del lavoratore nell’aver agito nell’apparenza di uno sciopero del tutto legittimo. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto con il quale, in sintesi, si chiede alla Corte di dire se debba escludersi la responsabilità disciplinare da inadempimento, per assenza di qualsiasi elemento colposo a carico del lavoratore che abbia aderito all’astensione dalla prestazione lavorativa ritenuta dallo stesso datore di lavoro sciopero e come tale comunicata per iscritto pubblicamente, senza alcuna riserva.

10. I motivi devono essere trattati congiuntamente per la loro logica connessione.

11. Come già ritenuto da questa Corte in altre controversie in parte sovrapponibili al presente giudizio, con decisione alla quale il Collegio intende uniformarsi (v. Cass. 547/2011), la prima questione, in ordine logico sistematico, è quella di stabilire se l’astensione dal lavoro di cui si tratta rientri o meno nel concetto di sciopero.

Ciò perchè se il comportamento dei lavoratori che hanno aderito all’astensione proclamata dal Cobas è una forma di sciopero, la sanzione disciplinare è illegittima, in quanto lo sciopero è un diritto costituzionalmente sancito e il suo esercizio sospende il diritto al corrispettivo economico, ma rende immune il comportamento da sanzioni. Se, al contrario, non è sciopero, il rifiuto della prestazione costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali e l’applicazione della sanzione disciplinare è legittima.

12. Invero, non esiste una definizione legislativa dello sciopero. I lineamenti del concetto sono stati individuati sul piano giuridico tenendo conto della storia e delle prassi delle relazioni industriali. Peraltro, la stessa dottrina che chiede all’interprete questa attenzione al dato storico-sociologico ed una particolare duttilità ermeneutica, al tempo stesso precisa che non può essere definita sciopero ogni manifestazione di lotta che i soggetti agenti designino come tale.

13. Lo sciopero si risolve, nei fatti, nella mancata esecuzione in forma collettiva della prestazione lavorativa, con corrispondente perdita della relativa retribuzione. La mancata esecuzione si estende per una determinata unità di tempo: una giornata di lavoro, più giornate, oppure periodi di tempo inferiori alla giornata, sempre che non si vada oltre quella che viene definita "minima unità tecnico temporale", al di sotto della quale l’attività lavorativa non ha significato esaurendosi in un’erogazione di energie senza scopo.

14. In tale logica, la giurisprudenza, dopo alcune oscillazioni, riportò entro la nozione di sciopero anche la mancata prestazione del lavoro straordinario (Cass., 28 giugno 1976, n. 2480).

L’astensione anche in questo caso ha una precisa delimitazione temporale e concerne tutte le attività richieste al lavoratore.

15. Al contrario, ci si colloca al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. E’ il caso del c.d. sciopero delle mansioni, comportamento costantemente ritenuto estraneo al concetto di sciopero e pertanto illegittimo dalla giurisprudenza (Cass., 28 marzo 1986, n. 2214).

16. Il rifiuto di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell’obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo, non è astensione dal lavoro straordinario, nè astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute. Situazione assimilabile a quella del c.d. sciopero della mansioni perchè, all’interno del complesso di attività che il lavoratore è tenuto a svolgere, l’omissione concerne un aspetto specifico di tali obblighi.

17. L’astensione, pertanto, non può essere qualificata sciopero e resta un mero inadempimento parziale della prestazione dovuta. Di conseguenza, la sanzione disciplinare non è illegittima.

18. Questa conclusione non solo è in linea con le coordinate generali prima tracciate, ma anche con la specifica giurisprudenza di legittimità sull’argomento: Cass. 25 novembre 2003, n, 17995, occupandosi di una situazione analoga, concernente il sistema di sostituzioni entro l’ambito della c.d. areola (antecedente dell’area territoriale nell’organizzazione delle Poste), ha affermato che il rifiuto di effettuare la sostituzione del collega assente, è "rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore" e "non costituisce esercizio del diritto di sciopero", con la conseguenza che deve escludersi l’antisindacalità della scelta datoriale di applicare una sanzione disciplinare.

19. Escluso, pertanto, che si sia trattato, nella specie, di esercizio del diritto di sciopero, tutte le altre censure correlate all’esercizio del diritto di sciopero, sollevate da parte ricorrente, rimangono assorbite.

20. La seconda questione da affrontare concerne il rapporto con le determinazioni della Commissione di garanzia e l’eventuale esclusiva competenza disciplinare della predetta Commissione.

21. Anche per tale profilo il Collegio ritiene di uniformarsi ai recentissimi specifici precedenti, in particolare Cass. 548/2011. Si è già detto del perchè l’astensione in esame non costituisce esercizio del diritto di sciopero. Deve aggiungersi che la nozione di sciopero proposta dal ricorrente non è condivisibile, perchè non può definirsi sciopero ogni astensione sindacale che comporti una riduzione del servizio. Nè, invero, lo sciopero si caratterizza per il fatto che determina un danno per gli utenti. Questo può essere un effetto collaterale, ma non è elemento costitutivo dello sciopero;

molti scioperi non danneggiano gli utenti.

22. La definizione di sciopero proposta dal ricorrente invero richiama l’espressione usata dalla Commissione di garanzia nel provvedimento del 7 marzo 2002 allegato al ricorso, che peraltro non si occupa delle astensioni contro l’accordo sulle aree territoriali, che del resto è del 2004, bensì in generale degli scioperi dei dipendenti delle Poste. In ogni caso, tale provvedimento non incide sulla soluzione delle questioni oggetto di questa controversia.

23. Nel delineare il suo campo di applicazione, la delibera precisa che "la presente disciplina si applica ad ogni forma di azione sindacale, comunque denominata, comportante una riduzione del servizio tale da determinare un pregiudizio per tutti gli utenti". Ed aggiunge che si applica anche al caso di astensione dal lavoro straordinario.

24. La Commissione, con tali espressioni, si prefiggeva solo, nella sua ottica specifica, di limitare le conseguenze di azioni sindacali implicanti danni per l’utenza, siano o non siano qualificabili come sciopero. Qualora si tratti di azioni qualificabili come sciopero varranno le esenzioni dal diritto comune dei contratti derivanti dall’art. 40 Cost.. Al contrario, in caso di azioni estranee a tale ambito, l’esenzione non opererà e si applicheranno le regole civilistiche ordinarie in materia di inadempimento delle obbligazioni prima esaminate. L’intervento della Commissione di garanzia non incide su questo ordine di conseguenze, nè, in caso di inadempimento della prestazione non qualificabile come sciopero, incide sul potere disciplinare del datore di lavoro.

25. La terza questione che il Collegio è chiamato ad affrontare concerne le modalità per l’esercizio del diritto di difesa in sede disciplinare ed, in particolare, se il diritto di difesa del lavoratore debba essere garantito sul posto e nell’orario di lavoro.

26. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che la specifica garanzia della previa audizione a difesa opera non già indistintamente, ma solo se il lavoratore abbia espressamente chiesto di essere sentito (Cass. 4435/2004). Formulata la richiesta, la previa audizione costituisce indefettibile presupposto procedurale che legittima l’adozione della sanzione disciplinare anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, contestualmente alla richiesta di audizione a difesa, abbia comunicato al datore di lavoro giustificazioni scritte, destinate ad integrarsi con le giustificazioni che il lavoratore stesso, eventualmente, aggiunga o precisi in sede di audizione (Cass. 6845/2010; Cass. 21899/2010).

27. Nessuna fonte normativa o pattizia prevede che l’audizione debba aver luogo nell’orario e nella sede di lavoro, nè contempla il diritto del lavoratore di essere sentito a difesa condizionato, nel quando e nel quomodo, dal tempo e luogo della prestazione lavorativa, onerando il datore di lavoro di consentire l’esercizio del diritto di difesa del lavoratore alle condizioni da questi richieste, sì che l’inottemperanza possa assurgere a violazione delle garanzie procedimentali.

28. Il denunciato profilo non rileva, per quanto detto, agli effetti della validità della sanzione disciplinare, nè ritiene il Collegio che la discrasia denunziata tra tempi e modalità dell’audizione e tempi e luogo della prestazione lavorativa possa assumere rilevanza nel ritenere la condotta datoriale non informata ai principi di correttezza e buona fede.

29. Di certo non appare gravoso l’esercizio del diritto dei lavoratori con le modalità temporali e di luogo indicate dal datore di lavoro, tenendo conto del congruo margine temporale assegnato per permettere loro di raggiungere, dalla sede di lavoro, la sede centrale di svolgimento dell’audizione (fissata alle 14,30, dopo la fine del turno di lavoro delle ore 13, presso la sede di Milano, ove si trova la Direzione risorse umane, raggiungibile dalla sede di lavoro in (OMISSIS)), onde la condotta datoriale non appare censurabile neanche sul piano della correttezza e buona fede.

30. L’ultima questione da risolvere concerne la rilevanza scriminante del putativo esercizio del diritto di sciopero, al fine di ritenere incolpevole l’inadempimento parziale del lavoratore.

31. Al riguardo, osserva il Collegio che, in tema di obbligazioni, lo stato soggettivo di buona fede non è idoneo, di per sè solo, ad escludere l’imputabilità dell’inadempimento, essendo a tal fine necessaria, per converso, la prova, da parte del debitore, che l’inadempimento stesso (o anche il semplice ritardo) siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivata da causa oggettivamente non imputabile all’obbligato, situazione, quest’ultima, non riconducibile alla mera condizione psicologica (di buona fede) del debitore, e rapportabile, invece, all’impegno di cooperazione che, tenuto conto della natura del rapporto e delle circostanze del caso concreto (nonchè delle qualità soggettive del debitore), l’obbligato stesso è tenuto ad esplicare.

32. L’impegno di cooperazione non è stato, nella specie, esplicato, tanto che il lavoratore si è anche rifiutato di presenziare alla richiesta audizione ove, invece, avrebbe potuto palesare, ben prima della sede giudiziaria, la propria condizione soggettiva di incolpevole affidamento. L’inadempimento parziale del lavoratore non può, pertanto, ritenersi incolpevole.

33. Il ricorso, nel suo complesso, è infondato e deve essere respinto, con le conseguenze previste dal codice in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 35,00, oltre 2.000,00 (duemila/00) Euro per onorario, spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 31 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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