Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 03-03-2011, n. 8473 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.L., tramite difensori di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza,in data 5.8.2010, con cui il Tribunale di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame avverso l’ordinanza 17.7.2010 del GIP del Tribunale di Catanzaro, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del C., indagato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6.

Il ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:

1) illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 416 bis c.p.; il pentito A.C. si era limitato a rappresentare l’attività di vigilanza svolta dal C. nei locali di intrattenimento e commerciali, per conto di un’Agenzia di Vigilanza fondata da B.M., M.P.S. e G.M., sicchè in assenza di altre indicazioni, doveva ritenersi che il C. non fosse consapevole della condotta estorsiva svolta dall’associazione criminosa in questione e dei singoli affari tra i titolari di detta agenzia ed i gestori dei locali; i giudici del riesame avevano, inoltre, travisato quanto riferito dal chiamante in correità, A.C., sulla partecipazione del C. ad una "riunione" tenuta da esponenti di spicco della contestata associazione a delinquere; le dichiarazioni sul punto dell’ A. erano prive di riscontri individualizzanti nè aveva rilevanza indiziaria la circostanza che l’indagato fosse genero di Ma.Pi., tenuto conto della cessazione di ogni rapporto associativo a seguito dell’arresto del Ma. stesso;

2) violazione degli artt. 273, 274 e 276 c.p.p. nonchè omissione e contraddittorietà di motivazione, per avere i giudici del riesame omesso di considerare che già dal 2007 il C. non svolgeva alcun sevizio di Sicurezza di "bodyguard", non era coinvolto in alcun reato fine ed era incensurato, circostanze che escludevano il persistere della presunta pericolosità ex art. 275 c.p.p., comma 3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Le censure sopra esposte attengono ad una valutazione alternativa delle elementi indiziari e delle circostanze di fatto su cui è fondata l’ordinanza impugnata, a fronte di una congrua e logica motivazione della stessa e della correttezza dei principi di diritto governanti l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Trattasi, quindi, di doglianze inammissibili in sede di legittimità, posto che, in materia di misure cautelari personali, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato conto, adeguatamente, delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruità della motivazione, senza che sia possibile procedere a nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti e fattuali delle vicende indagate(Cass. n. 3240/2004; n. 1700/97). Orbene, il Tribunale del Riesame ha dato conto, con specifica e logica motivazione, della sussistenza dei gravi indizi in ordine al reato associativo contestato; in particolare ha evidenziato l’inserimento dell’indagato nell’organizzazione di stampo mafioso, richiamando le propalazioni dei collaboratori di giustizia A.C. e Cu.Vi., con riferimento, fra l’altro, alla partecipazione del C. ad una cena cui era presenti altri associati e nel corso della quale P. F. aveva parlato di spaccio di stupefacenti e di numerose altre questioni attinenti a condotte delittuose, rilevando, inoltre, quanto alla dedotta "muta partecipazione" al vertice dell’associazione a delinquere, da parte del C., che questi si trovava all’esterno, unitamente ad altri sodali, per segnalare l’eventuale arrivo di forze dell’ordine.

Non rileva,peraltro, la mancata contestazione di reati-fine, una volta accertata la condotta di partecipazione dell’indagato all’associazione criminosa per il perseguimento dei comuni fini illeciti ed il suo ruolo dinamico e funzionale all’interno della stessa (V. S.U. n. 33748/2005).

Le esigenze cautelari risultano congruamente motivate in base alla presunzione di pericolosità sociale derivante dall’accusa per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., stabilita dal legislatore ai sensi dell’art. 275 c.p., comma 3 nonchè in considerazione del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, insito nella notevole gravità del fatto contestato(partecipazione ad associazione di stampo mafioso).

Non essendo, quindi, ravvisabile alcun vizio manifesto di illogicità o carenza di motivazione nè alcuna violazione di legge, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *