Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-11-2010) 03-03-2011, n. 8466 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 18 ottobre 2007 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lanciano disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di C.W. in ordine ai reati di danneggiamento ( art. 635 c.p.) e danneggiamento e imbrattamento di cose altrui ( art. 639 c.p.).

Avverso la predetta ordinanza la persona offesa D.L. ha proposto, tramite i difensori, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 408, 409, 125 e 127 c.p.p. e artt. 111 e 112 Cost. nonchè dell’art. 12 preleggi e art. 6 C.E.D.U., la violazione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale e del diritto di difesa di cui agli artt. 24, 111 e 112 Cost. e art. 6 C.E.D.U., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale con riferimento all’art. 125 c.p.p., art. 127 c.p.p., commi 1, 3 e 5, artt. 128 e 178 ss. c.p.p., art. 409 c.p.p., comma 6 e art. 410 c.p.p. e artt. 635, 639, 81, 110, 650, 361, 323 e 328 c.p. e, infine, l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità con riferimento agli artt. 11, 178 ss., 606 c.p.p., artt. 24, 25, 111 e 112 Cost.; in particolare l’ordinanza di archiviazione sarebbe "…irrimediabilmente nulla…per mancato rispetto delle norme poste a garanzia anche del contraddittorio e della difesa, per omesso effettivo deposito e messa in visione del fascicolo processuale dopo l’udienza camerale effettuata in data 17 ottobre 2007, a cui non ha potuto partecipare la persona offesa, e perchè la comunicazione dell’ordinanza impugnata e la conseguente archiviazione è stata disposta illegittimamente de plano senza alcuna motivazione sulle indagini omesse dal pubblico ministero e richieste dalla persona offesa con l’opposizione (di tutta evidenza necessarie per valutare e motivare come per legge); anche per incompetenza territoriale dei magistrati che se ne sono occupati ex artt. 11 e 22 c.p.p., che in questa sede si eccepisce formalmente, per manifesto esercizio da parte del giudice e del pubblico ministero di una potestà riservata dalla legge ad altri magistrati di altro distretto (Procura di Campobasso e giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Campobasso)…". Nella parte conclusiva del ricorso si chiede "…alla Suprema Corte di Cassazione e al Procuratore Generale presso la Suprema Corte di cassazione di voler risolvere d’ufficio la questione di cui all’art. 11 c.p.p. che si eccepisce formalmente ed il relativo empasse procedurale conseguente al mancato illegittimo accoglimento dell’opposizione e conseguentemente disporre il proseguimento delle indagini richieste ovvero l’ordine d’imputazione, ecc, previa trasmissione degli atti alla Procura competente, salvo avocazione delle indagini preliminari, relativamente a tutti i fatti esposti nel procedimento instaurato a seguito della proposizione dell’esposto-denuncia-querela della persona offesa in data 5 maggio 2007 e conseguente opposizione per cui è causa e quant’altro dovuto per legge, oltre che utile e necessario…".

Il ricorso è inammissibile.

Da quanto si evince dal ricorso – che, pur articolato, non ha il pregio della chiarezza nella prospettazione dei motivi d’impugnazione che risulta contorta e ripetitiva, a tratti incomprensibile anche per il richiamo a vicende collaterali alle indagini a carico del C. che non risultano documentate in maniera adeguata – la principale doglianza difensiva riguarda il fatto che il giudice per le indagini preliminari avrebbe disposto de plano l’archiviazione degli atti relativi al procedimento a carico dell’indagato in ordine ai reati previsti dagli artt. 635 e 639, procedimento originato dalla denunzia querela della persona offesa D., senza prendere in considerazione le richieste di approfondimento investigativo formulate con l’opposizione dalla stessa persona offesa. A questo proposito la Corte rileva che il provvedimento di archiviazione è stato emesso all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 17 ottobre 2007, fissata dal giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 410 c.p.p., comma 3 e art. 409 c.p.p., comma 2.

L’archiviazione non è stata pertanto disposta de plano – come si sostiene nel ricorso – perchè le parti, e in particolare la persona offesa che aveva presentato l’opposizione, sono state poste nella condizione di confrontarsi in camera di consiglio per sostenere le rispettive posizioni. Del tutto irrilevante è la circostanza che, come si legge a f. 7 del ricorso, "…all’udienza in camera di consiglio del 17 ottobre 2007 nessuno è comparso per la persona offesa, in quanto il difensore-procuratore-domiciliatario era già impegnato in una causa penale davanti al giudice dell’udienza preliminare di Chieti fissatagli in precedenza in data 14 marzo 2007…e non aveva diritto al rinvio e sostituti (notoriamente in loco)…", in quanto nell’udienza camerale ex art. 409 c.p.p. la partecipazione dei difensori e degli altri destinatari degli avvisi è soltanto facoltativa (Cass. sez. 6^ 14 gennaio 2004 n. 29864, Gori). Infatti l’art. 127 c.p.p. – espressamente richiamato dall’art. 409 c.p.p., comma 2 quanto alle forme del procedimento in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione (o nel caso previsto dall’art. 410 c.p.p., comma 3 di opposizione alla richiesta di archiviazione che non sia inammissibile) – prevede al terzo comma che il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonchè i difensori sono sentiti se compaiono. Pertanto l’eventuale legittimo impedimento del difensore non rileva nei procedimenti in camera di consiglio ex art. 127 c.p.p. quale causa di rinvio dell’udienza (Cass. sez. 6^ 19 febbraio 2009 n. 14396, Leoni). Manifestamente infondata risulta pertanto, sotto questo profilo, la doglianza relativa alla violazione del contraddittorio. L’art. 409 c.p.p., comma 6 prevede infatti che l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, che sanziona con la nullità la mancata osservanza delle norme concernenti la citazione e l’intervento delle parti in camera di consiglio, norme che nel caso di specie non risultano essere state violate essendo stata la parte regolarmente avvisata. Ne consegue che non è mai consentito il ricorso per cassazione per motivi diversi, cioè attinenti al merito della notitia criminis, e che, quindi, è inammissibile il ricorso proposto dalla persona offesa nel quale si censuri la motivazione, posto che tale ipotesi non rientra tra quelle previste di violazione del contraddittorio (Cass. Sez. Un. 9 giugno 1995 n. 24, Bianchi;

sez. 1^ 3 febbraio 2010 n. 9440, Di Vincenzo). Nel provvedimento impugnato si fa peraltro riferimento all’impossibilità di enucleare fattispecie di rilevanza penale dall’esposizione dei fatti contenuta in querela – e, come specificamente evidenziato, reiterata nell’atto di opposizione – che riguardava l’asserito danneggiamento dell’immobile concesso in locazione dal querelante all’indagato, in mancanza di elementi sull’elemento soggettivo del dolo in relazione agli ipotizzati reati ( artt. 635 e 639 c.p.). Indirettamente la richiesta di ulteriori indagini formulata nell’atto di opposizione, la cui rilevanza il ricorrente si limita a ribadire apoditticamente, risulta essere stata disattesa.

La violazione del principio del contraddittorio non può, inoltre, essere ravvisata nemmeno nell’asserita omissione dell’"effettivo deposito e messa in visione del fascicolo processuale dopo l’udienza camerale effettuata in data 17 ottobre 2007" trattandosi eventualmente di omissione rilevante sotto il profilo della decorrenza del termine per impugnare ed essendo stato nel caso concreto tale diritto comunque esercitato. Questa Corte ha, comunque, affermato che l’esito dell’udienza camerale a norma dell’art. 409 c.p.p., comma 2 deve essere notificato agli interessati, ma che l’omessa notifica del provvedimento conclusivo non è suscettibile di essere autonomamente impugnato in cassazione, non essendo espressamente ricompreso nella previsione dei commi primo e secondo dell’art. 568 c.p.p., mentre l’interessato, nel caso, può invece sempre richiedere copia dell’atto, ai sensi dell’art. 116 c.p.p. (Cass. sez. 4^ 21 settembre 2004 n. 48138, Contessa).

Del tutto generica oltre che manifestamente infondata è, infine, l’asserita violazione dell’art. 11 c.p.p. che presuppone comunque la formale assunzione da parte del magistrato della qualità di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato (Cass. sez. 6^ 22 aprile 2008 n. 35218, Trolio; sez. 6^ 9 maggio 2005 n. 40984, Mazzoccoli), formale assunzione che non risulta nella confusa esposizione del ricorso.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processai della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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