Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-11-2010) 03-03-2011, n. 8464 Archiviazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza depositata in data 16 ottobre 2009, all’esito dell’udienza camerale del 13 ottobre 2009, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola disponeva l’archiviazione del procedimento a carico di M.A. e G.A. in ordine al reato di tentata estorsione ai danni di D.L.E., nei cui confronti i predetti avrebbero tenuto un comportamento minaccioso tendente ad impedire l’ultimazione dei lavori di ristrutturazione dello stabile sito in (OMISSIS) e ad ottenere la cessione a prezzo vile della proprietà di un locale sito al piano terra di detto immobile. Il giudice per le indagini preliminari affermava che i testimoni indicati nell’atto di opposizione avrebbero dovuto riferire su circostanze estranee alla contestazione di tentata estorsione e che il loro esame doveva ritenersi pertanto in conferente. Il giudice qualificava inoltre – come aveva già fatto il Tribunale del riesame, annullando l’ordinanza di custodia cautelare per carenza di gravi indizi di colpevolezza – inattendibile la persona offesa, unica fonte di accusa, le cui dichiarazioni, relativamente alla pretesa di cessione del locale, erano state smentite dalle persone informate sui fatti I.L. e D.G.. Il D.L., inoltre, secondo il giudice per le indagini preliminari, aveva un rapporto marcatamente conflittuale con il M. e la G. nei cui confronti aveva intrapreso numerose iniziative giudiziarie in sede civile, aggiungendo che la conflittualità tra le parti non sarebbe tuttavia mai trasmodata (in particolare per il M.) in condotte estorsive.

Avverso la predetta ordinanza la persona offesa D.L.E. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce:

1) la "violazione dell’art. 24 Cost., art. 6 Conv. Diritti Uomo, per non essere stato messo il fascicolo a disposizione della difesa al fine di estrarre copia degli atti per la impugnazione" e, inoltre, la "violazione dell’art. 25 Cost., principio del giudice naturale precostituito, art. 6 Conv. Diritti Uomo";

2) la "violazione di legge art. 409 c.p.p. e art. 606 c.p.p., lett. B" e la "violazione di legge – art. 606 c.p.p., lett. C, D ed E – travisamento dei fatti oltre che inesistenza della motivazione", con riferimento alla dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione nonostante l’allegazione di elementi aggiuntivi e sopravvenuti a sostegno della tesi accusatoria (provvedimenti della Regione, diffida e nomina di un commissario adacta, elementi di riscontro emergenti dalle dichiarazioni di A.A.).

La persona offesa ricorrente ha deposito una memoria, con allegata documentazione.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte rileva che il provvedimento di archiviazione è stato emesso all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 13 ottobre 2009, fissata dal giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 410 c.p.p., comma 3 e art. 409 c.p.p., comma 2. Le parti, e in particolare la persona offesa che aveva presentato opposizione alla richiesta del pubblico ministero di archiviazione, sono state quindi poste in condizione di confrontarsi in camera di consiglio per sostenere le rispettive posizioni. Del tutto irrilevante è la circostanza che il ricorrente abbia incontrato difficoltà nel poter prendere visione del fascicolo dopo l’udienza in camera di consiglio, cui non aveva presenziato, trattandosi eventualmente di omissione rilevante sotto il profilo della decorrenza del termine per impugnare ed essendo stato nel caso concreto tale diritto comunque esercitato. Del tutto generica è, inoltre, la censura relativa alla pretesa violazione del principio del giudice naturale per il fatto che l’udienza in camera di consiglio del 13 ottobre 2009 sia stata tenuta da un giudice per le indagini preliminari diverso da quello che aveva fissato l’udienza, tanto più che la mancata consultazione del verbale di udienza da parte del ricorrente per verificare il motivo della sostituzione, ascritta a pretese disfunzioni della cancelleria, non trova giustificazione ben potendo l’interessato, nel caso, richiedere copia dell’atto ai sensi dell’art. 116 c.p.p..

Il secondo motivo è inammissibile perchè proposto fuori dei casi previsti dalla legge.

Il ricorrente, che denuncia formalmente la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), d) ed e), si sofferma in maniera articolata sulle valutazioni compiute dal giudice per le indagini preliminari in ordine alla notitia criminis e all’idoneità degli elementi raccolti a sostenere l’accusa in giudizio, valutazioni che non possono formare oggetto del ricorso per cassazione previsto dall’art. 409 c.p.p., comma 6.

L’art. 409 c.p.p., comma 6 prevede invece che l’ordinanza di archiviazione, emessa a seguito dell’udienza in camera di consiglio, è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, che sanziona con la nullità la mancata osservanza delle norme concernenti la citazione e l’intervento delle parti in camera di consiglio. Ne consegue che non è mai consentito il ricorso per cassazione per motivi diversi, cioè attinenti al merito della notitia criminis, e che, quindi, è inammissibile il ricorso proposto dalla persona offesa nel quale si censuri la motivazione, posto che tale ipotesi non rientra tra quelle previste di violazione del contraddittorio (Cass. Sez. Un. 9 giugno 1995 n. 24, Bianchi; sez. 1^ 3 febbraio 2010 n. 9440, Di Vincenzo).

Peraltro nel provvedimento impugnato è stata fornita specifica motivazione in ordine alla superfluità delle ulteriori indagini proposte dalla persona offesa.

Con la memoria difensiva il ricorrente insiste nelle censure sul merito del provvedimento impugnato, non proponibili in questa sede.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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