Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 04-03-2011, n. 8802 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Messina, con ordinanza del 26/5/2010, disponeva l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di B.R., indagato per reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Il Tribunale del riesame di Messina, chiamato a pronunciarsi sulla istanza ex art. 309 c.p.p., avanzata nell’interesse del prevenuto, con ordinanza del 21/6/2010, ha confermato la misura restrittiva in atto.

Propone ricorso per cassazione il B. a mezzo del proprio difensore, con i seguenti motivi:

– violazione e/o erronea applicazione dell’art. 273 c.p.p. in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, non ravvisandosi elementi acclaranti la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente;

– violazione e/o erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p. in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, rilevato che il Tribunale ha omesso di motivare adeguatamente in ordine alla permanenza delle esigenze cautelari, nonostante il lungo tempo trascorso tra il periodo dei reati contestati e la applicazione della misura restrittiva, nonchè in merito al nuovo stile di vita adottato dal B..
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La argomentazione motivazionale, sviluppata nella impugnata ordinanza, si palesa del tutto logica e le censure avanzate in impugnazione denunciano la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in particolare, tenuto conto del notevole lasso di tempo trascorso tra i fatti contestati al prevenuto e l’attuale stile di vita, condotto dallo stesso.

Orbene, rilevasi che, in relazione al primo motivo di ricorso, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del B., nella ordinanza del Tribunale di Messina vengono richiamate le innumerevoli intercettazioni telefoniche, sulle quali il decidente ha fondato il proprio convincimento della sussistenza dei gravi indizi, argomentando in maniera compiuta ed esaustiva. Del pari, sulla sussistenza delle esigenze cautelari il discorso sviluppato dal Tribunale si palesa esente da vizi ed in perfetta assonanza con il dettato di cui all’art. 274 c.p.p., valutando, in correlato, il tempo trascorso dalla commissione dell’illecito e la pericolosità sociale del prevenuto, nonchè la possibile reiterazione dei reati della stessa specie da parte del B..

Il decidente, sul punto, ritiene che il mantenimento della più grave misura è imposto dalla evidente emergenza di esigenze di cautela, correlate al rischio di reiterazione criminosa, richiamando le allarmanti modalità adoperate dal prevenuto nell’approcciare il mercato degli stupefacenti locali, inserendosi lo stesso a pieno titolo nel turpe commercio, con carattere di stabilità e di frequenza, nel contesto temporale interessato dalla attività di indagine, peraltro, rappresentando il B. uno stabile punto di riferimento per una pluralità di tossicodipendenti, potendo fruire di canali di approvvigionamento di sostanza stupefacente, elemento quest’ultimo per cui, a giusta ragione, il giudice di merito ha ritenuto il B. inserito in circuiti criminali di sicuro rilievo. Ad avviso del Tribunale la risalenza degli episodi accertati non consente di ritenere scemate le esigenze di cautela sociale, a fronte della allarmante propensione al crimine del prevenuto.

Si ritiene opportuno osservare che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. 15/12/08, n. 46124).

Inoltre, l’ordinamento non conferisce al giudice di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, per cui è inibito di procedere all’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta la applicazione della misura cautelare e del Tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità e perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: la esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; l’assenza nel testo della esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (ex plurimis Cass. 24/10/96, n. 2050).

Nel caso in esame detti due requisiti si palesano, con netta evidenza, ravvisabili. per cui le censure in ricorso avanzate devono considerarsi prive di fondamento.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *