Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-05-2011, n. 9781 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 23 aprile 2004 il Ministero dell’Economia e delle Finanze contestava, su proposta della Consob, alla Banca Leonardo s.p.a. ed ai suoi amministratori e sindaci B.P., + ALTRI OMESSI la violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a), in relazione al rapporto intercorso dal gennaio 2001 fino a giugno 2002 tra il proprio addetto alla gestione del desk "trasformazione premi", B.B., e l’agente di cambio Ba.Da., che era stato dichiarato dalla stessa Consob insolvente in relazione agli impegni derivanti da operazioni svolte sul mercato dei premi, per non avere dotato la Banca, secondo le rispettive competenze, di "una struttura e di procedure idonee a garantire che l’operato della Banca si conformasse agli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza per l’integrità dei mercati omettendo di porre in atto "i controlli necessari allo scopo".

Avverso tale decreto gli intimati proposero opposizione dinanzi alla Corte di appello di Milano, assumendo, tra l’altro, per quanto qui interessa, l’insussistenza della violazione, in quanto la condotta speculativa posta in essere dall’agente di cambio insolvente non era percepibile nei suoi aspetti illeciti dagli organi della banca, tenuto anche conto che la stessa Consob non aveva mai manifestato sospetti o rilievi al riguardo.

Con decreto del 13 marzo 2005, il giudice adito, dopo avere disatteso gli altri motivi di impugnativa, ed aver osservato, nel merito, che le contestate irregolarità non derivavano dalle caratteristiche proprie delle singole operazioni, di per sè lecite, ma dalla loro considerazione nel quadro complessivo dell’attività oggetto di verifica, che era tale da rivelare, letta nel suo insieme, una strategia speculativa estremamente rischiosa, affermò l’infondatezza della contestata violazione, rilevando che proprio la considerazione che l’anomalia delle operazioni era risultata percepibile solo in base ad un quadro di insieme rendeva problematico ipotizzare una negligenza dell’intermediario nel non aver saputo valorizzare aspetti peculiari e non usuali della gestione del rapporto con l’agente di cambio, aspetti che, si aggiunge, erano sfuggititi anche alla Consob, che, pur avendo un’informazione privilegiata sui dati di mercato, aveva rilevato l’attività speculativa soltanto dopo l’insolvenza dell’agente di cambio Ba.. Per la cassazione di questa decisione, notificata il 3 maggio 2005, ricorrono, con atto notificato il 1 luglio 2005, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Commissione nazionale per le Società e la Borsa, affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso gli intimati.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 190 censurando la sentenza impugnata per avere dedotto l’inesistenza di responsabilità in capo agli esponenti della banca e della Banca stessa sulla base del rilievo che le irregolarità non erano state rilevate, durante il rapporto, dalla Consob, assegnando in tal modo alla funzione di vigilanza della Consob un’efficacia sostitutiva dei doveri gravanti sugli opponenti e sostanzialmente esimente delle violazioni contestate. Questa conclusione è però chiaramente errata, in quanto il dovere di controllo che grava sugli esponenti è un dovere proprio, che si pone su un piano affatto diverso da quello in cui opera la vigilanza dell’ente pubblico. E’ mancata, per contro, da parte degli opponenti la prova di avere effettivamente impiegato la dovuta diligenza nella supervisione dell’operatività svolta a livello delle strutture operative. Il motivo è infondato.

Le censure svolte non investono l’effettiva ratio decidendi del decreto impugnato, che ha escluso la responsabilità degli opponenti sulla base dell’affermazione, che costituisce accertamento di fatto, non censurabile in questa sede, che l’anomalia dell’attività intercorsa con l’agente di cambio non consisteva nelle caratteristiche delle singole operazioni, che in tal caso sarebbe stata immediatamente percepibile, ma in ragione della loro concatenazione, ripetizione e complessità, con l’effetto che essa era rilevabile non già in relazione alle singole operazioni, ma soltanto in forza della considerazione del loro insieme, aggiungendo che proprio questa peculiarità rendeva problematico ipotizzare un omesso controllo da parte degli opponenti, non rinvenendosi nel corso del rapporto, prima, vale a dire; della dichiarazione di insolvenza dell’agente di cambio, dinamiche di gestione tali da far emergere la dedotta anomalia a fine speculativo. Queste argomentazioni e la valutazione che la conclude non risultano efficacemente criticate dal ricorso attraverso argomenti capaci di dimostrare il malgoverno da parte del giudicante dei parametri normativi la cui inosservanza viene lamentata.

Il motivo, infatti, investe sostanzialmente l’affermazione del giudicante secondo cui l’anomalia riscontrata era talmente difficile da rilevare che la stessa Consob, che pure disponeva di dati specifici, era intervenuta soltanto dopo la dichiarazione di insolvenza dell’agente di cambio. E’ questa, tuttavia, una considerazione che. nel percorso motivazionale della decisione, costituisce soltanto un’argomentazione ulteriore, svolta a fine di rafforzare persuasivamente la valutazione accolta di insussistenza della violazione, ma che non la sostituisce nè ne rappresenta, quanto meno in forma esclusiva e pregnante, il fondamento logico e giuridico.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, assumendo che la decisione impugnata cade in contraddizione laddove, da un lato, afferma che la Consob doveva farsi carico del sospetto e della conseguente strategia operativa speculativa in atto e, dall’altro, precisa che tale anomalia non era immediatamente percepibile. Si aggiunge che la motivazione è anche insufficiente, in quanto non precisa in che termini la Consob avrebbe dovuto farsi carico del sospetto delle varie irregolarità. Il mezzo è inammissibile.

Il decreto della Corte di appello che decide sulle opposizioni alle sanzioni irrogate per violazione della legge in materia di intermediazione finanziaria è infatti impugnabile, avendo contenuto decisorio e mancando previsioni apposite, con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., mezzo col quale (prima della riforma dell’art. 360 cod. proc. civ. introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, qui non applicabile) possono essere fatte valere violazioni di norme di diritto sostanziale o processuale, quindi anche la totale carenza o la mera apparenza della motivazione, restando invece esclusa l’ammissibilità di ogni sindacato in ordine alla congruità ed alla adeguatezza della motivazione (Cass. n. 3391 del 2004; Cass. n. 135971 del 1999).

Ciò posto, le censure sollevate con il motivo sono inammissibili, in quanto anche se esso appare formalmente indirizzato a denunziare una carenza assoluta di motivazione, in realtà le doglianze prospettano vizi assimilabili a quelli di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, come tali non rilevabili in questa sede.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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