T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 01-03-2011, n. 75 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I – Il ricorrente, avendo svolto il servizio di leva nel Corpo dei Vigili del Fuoco, con apprezzabile rendimento, partecipava al concorso pubblico per il reclutamento di 780 allievi della Polizia di Stato (G.U. 101 del 20.12.1996), ma ne veniva escluso per il mancato possesso delle qualità morali (art. 124 R.D. 30.1.1941 n. 12), in quanto figlio di persona condannata per uxoricidio. Insorge, per impugnare i seguenti atti: 1)provvedimento di esclusione dal concorso per il reclutamento di 780 allievi della Polizia di Stato, pubblicato sulla G.U. n. 101 del 20.12.1996, comunicato verbalmente il 26.3.1999; 2)tutti gli atti presupposti, conseguenti o connessi. Il ricorrente chiede, inoltre, l’ammissione con riserva alle prove concorsuali e l’immissione in ruolo, ovvero il risarcimento del danno ingiusto. Deduce i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione legge n. 241/1990, artt. 1, 3, 7 e segg., anche in relazione agli artt. 1, 2, 3, 4, 51 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione del bando di concorso, violazione art. 124 R.D. n. 12/1941, nonché art. 26 legge n. 53/1989, eccesso di potere sotto diversi profili.

Con i motivi aggiunti del 17.5.1999, il ricorrente impugna il nuovo provvedimento di esclusione prot. n. 333B/12M.3A(96)H del 26.3.1999 della Direzione Centrale del Personale – Servizio Concorsi, del Ministero dell’Interno, di conferma della esclusione dal concorso. Deduce le medesime censure già contenute nei motivi del ricorso introduttivo.

Con memoria datata 1°.6.2010, notificata all’Amministrazione resistente, la parte ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni, proponendo domanda di risarcimento dei danni.

Si costituisce l’Amministrazione intimata, per resistere nel giudizio. Con successiva memoria deduce l’improcedibilità del ricorso.

Con le ordinanze n.n 218/99 e 293/99, questa Sezione accoglie le domande cautelari connesse al ricorso introduttivo e ai motivi aggiunti.

All’udienza del 12 gennaio 2011, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso e i motivi aggiunti sono procedibili per la parte relativa alla domanda risarcitoria, nonché fondati.

III – La vicenda è complessa e merita di essere meglio ricostruita in fatto. Con D.M. 8.11.1996 viene indetto un concorso per il reclutamento di 780 allievi agenti della Polizia di Stato, al quale il ricorrente chiede di essere ammesso. Con decreto del 26.3.1999, il ricorrente è escluso dal concorso, per mancanza del possesso dei requisiti di moralità e condotta (ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 della legge n. 1.2.1989 n. 53 e dell’art. 124 comma quinto del R.D. 30.1.1941 n. 12, come modificato dall’art. 6 comma secondo del D.Lgs. 17.11.1997 n. 398). La ragione dell’esclusione è che risulta dal casellario giudiziario che il padre del ricorrente sia stato condannato, con sentenza definitiva, per omicidio aggravato (uxoricidio). A seguito del ricorso che impugna l’esclusione, questo T.A.R. accoglie la domanda cautelare; nondimeno, l’Amministrazione riconferma l’esclusione del ricorrente dal concorso. Dopo i motivi aggiunti e una nuova istanza cautelare, questo T.A.R., con l’ordinanza n. 293/1999, ingiunge l’esecuzione cautelare, di guisa che il ricorrente è sottoposto dall’Amministrazione – finalmente ottemperante – agli accertamenti attitudinali, a seguito dei quali è dichiarato inizialmente non idoneo. Poi – a conclusione di un nuovo contenzioso svoltosi dinanzi al T.A.R. Lazio di Roma – il ricorrente è reclutato e nominato allievo agente della Polizia, in data 5.3.2001. Intanto, l’Amministrazione, con decreto del 21.10.2000, di propria iniziativa, annulla in autotutela il provvedimento qui impugnato, al deliberato scopo di dare attuazione alla sentenza n. 391/2000 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 124 settimo comma del R.D. n. 12/1941. Il ricorrente, infine, in data 8.10.2001, si dimette dal corso per la nomina ad agente di Polizia.

IV – Non vi è dubbio che il sopravvenuto provvedimento amministrativo, datato 21.10.2000, di annullamento in autotutela dei provvedimenti qui impugnati, abbia fatto venir meno l’interesse ad ottenere l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti gravati con il ricorso e con i motivi aggiunti. Tuttavia, l’istanza risarcitoria del ricorrente sorregge un residuo interesse a vedere dichiarata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, rendendo procedibili il ricorso e i motivi aggiunti, per la parte relativa alla domanda risarcitoria.

V – I provvedimenti di esclusione del ricorrente dal concorso di reclutamento in Polizia denotano i vizi denunciati nel ricorso e nei motivi aggiunti. Invero, l’Amministrazione applica – non pedissequamente, ma acriticamente e persino erroneamente – l’art. 124 del R.D. n. 12/1941, come modificato dall’art. 6 del D.Lgs. n. 398/1997, nonché l’art. 26 della legge n. 53/1989, senza considerare che per un soggetto di condotta irreprensibile, qual è il ricorrente, appare del tutto arbitrario presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza siano automaticamente trasferiti all’interessato, quasi per effetto di una nemesi tribale (cfr.: Cons. Stato IV, 2.3.1995 n. 130; Corte Cost. 31.3.1994 n. 108). Non è certamente quello il modo più corretto di interpretare la normativa in argomento, neppure prima che essa fosse in parte modificata dall’intervento correttivo della Corte Costituzionale, di cui alla citata sentenza n. 391/2000. Il degradato contesto familiare può essere rilevante quando è indicatore di una scarsa affidabilità morale, se non proprio di una pericolosità del soggetto che vi appartiene. Nel caso di specie, l’Amministrazione ha deciso di escludere il ricorrente dal concorso, nonostante la sua irreprensibile condotta morale, ancor più apprezzabile se si considera il tragico vissuto dell’esperienza familiare, e lo ha fatto addirittura dopo che il ricorrente aveva già sostenuto e superato le prove, sul falso presupposto dell’indegnità familiare. L’Amministrazione ha omesso di valutare che, proprio a causa del delitto commesso da uno dei genitori (uxoricidio), il ricorrente li aveva persi entrambi, la madre perché privata della vita, il padre perché condannato e privato della potestà paterna. Il fatto che l’Amministrazione, anche dopo l’ordinanza cautelare di questo T.A.R. n. 218/1999, abbia reiterato il provvedimento di esclusione del ricorrente dal concorso, denota una certa qual ostinazione, rilevante ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo nella responsabilità civile. Peraltro, il ricorrente ha dovuto sostenere un ulteriore contenzioso dinanzi al T.A.R. del Lazio, per vedersi riconosciuta l’idoneità attitudinale al concorso, talché emerge con evidenza come l’Amministrazione abbia osteggiato, in ogni modo, il reclutamento del ricorrente.

VI – Dal comportamento complessivo dell’Amministrazione si evidenzia un marcato profilo di illiceità della condotta amministrativa e di responsabilità, la cui conseguenza è il danno patrimoniale causato al ricorrente dal ritardato o rallentato reclutamento in Polizia. Sono presenti, nella fattispecie, tutti gli elementi della responsabilità civile: l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, la colpa dell’Amministrazione, il nesso causale tra il fatto e il danno risarcibile, consistente precipuamente nelle differenze retributive, non già nel danno alla vita di relazione, né nel danno da perdita di "chance".

Per differenze retributive si intendono quelle tra quanto percepito dal ricorrente nello svolgimento di diversa attività lavorativa nel periodo che va dalla prima esclusione dal concorso (26.3.1999), fino all’atto di accertamento dei requisiti attitudinali (17.7.1999) e quanto avrebbe potuto percepire nello stesso periodo presso l’Amministrazione, se fosse stato tempestivamente reclutato come allievo agente di P.S.

La questione della risarcibilità dei danni conseguenti all’accertamento negativo dei requisiti attitudinali si può anche porre, ma non in questa sede, bensì dinanzi al T.A.R. Lazio, che ha già dichiarato l’illegittimità di quell’accertamento.

Non è viceversa ravvisabile, nel caso di specie, il danno da perdita di "chance", in quanto il raggiungimento del risultato sperato vi è stato (cfr.: Cons. Stato VI, 3.11.2010 n. 7744; idem 23.7.2009 n. 4628). Sia pure in ritardo, il ricorrente ha realizzato la sua possibilità di divenire allievo agente di Polizia. Si tratta, dunque, di una "chance" non già perduta ma realizzata in ritardo, talché il prospettato danno della perdita di "chance" si esaurisce proprio nelle anzidette differenze retributive e la perdita del possibile risultato utile coincide esattamente con il differenziale economico tra il "percipiendum" e lo "aliunde perceptum", cioè tra quel che il danneggiato ha guadagnato nel periodo in cui ha perduto tempo a litigare in giudizio con l’Amministrazione e ciò che avrebbe potuto guadagnare, se la possibilità perduta si fosse realizzata tempestivamente.

Quanto al danno alla vita di relazione, non vi è dubbio che l’intera vicenda abbia potuto determinare disagio e sofferenza nel ricorrente, che l’avrà vissuta come dolorosa insorgenza di ricordi angosciosi e come inaccettabile umiliazione, ma, in mancanza di un accertamento medicolegale, non vi è prova, né principio di prova che vi sia stata lesione dell’integrità psichica. Non è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova dell’evento dato dalla sussistenza di una lesione di un suo diritto primario, ma occorre che provi la ricorrenza di significative ripercussioni pregiudizievoli, sotto il profilo del dannoconseguenza (cfr.: Cons. Stato V, 28.5.2010 n. 3397). Risultando non assolto l’onere probatorio della parte attorea, la domanda risarcitoria del danno non patrimoniale è inattendibile (cfr.: T.A.R. Milano III, 11.2.2010 n. 369; T.A.R. Torino I, 15.6.2007 n. 2623).

VII – Considerato che l’azione di annullamento è stata tempestivamente proposta, la domanda risarcitoria formulata nel corso del giudizio è da ritenersi ammissibile, sia in ragione della previgente normativa processuale, sia in considerazione di quanto attualmente previsto dall’art. 30 comma quinto del codice del processo amministrativo (c.p.a.). La pronuncia di condanna risarcitoria può avvenire in conformità all’art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998 (ora abrogato dall’art. 4 punto 20 dell’Allegato 4 del D.Lgs. n. 104/2010), nonché – in ragione di una successione temporale delle norme processuali – ai sensi dell’art. 34 comma quarto del c.p.a. Pertanto, trattandosi di condanna pecuniaria, devono essere fissati da questo T.A.R. i criteri in base ai quali l’Amministrazione debitrice dovrà proporre a favore del ricorrente creditore il pagamento di una somma, entro e non oltre 90 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza. Se le parti non giungono a un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, il "quantum" della somma risarcitoria (ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti) potrà essere accertato in un successivo giudizio di ottemperanza.

VIII – I criteri per la determinazione e quantificazione del danno risarcibile per equivalente sono sostanzialmente due, come di seguito indicati: 1)occorre calcolare le differenze retributive tra quanto percepito dal ricorrente nello svolgimento di diversa attività lavorativa, nel periodo che va dalla prima esclusione dal concorso (26.3.1999), fino all’atto di accertamento dei requisiti attitudinali (17.7.1999), e quanto avrebbe potuto percepire presso l’Amministrazione, se fosse stato tempestivamente reclutato come allievo agente di P.S.; 2)occorre aggiungere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del debito fino al soddisfo.

IX – In conclusione, il ricorso viene accolto e l’Amministrazione è condannata al risarcimento dei danni in favore del ricorrente. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono forfetariamente liquidate in euro 2000,00 (duemila) al lordo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni patiti dalla parte ricorrente, da liquidare, in conformità ai criteri indicati nella motivazione, con le modalità di cui all’art. 34 comma quarto del c.p.a. L’Amministrazione debitrice dovrà proporre a favore del ricorrente creditore il pagamento di una somma, entro e non oltre 90 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza. Se le parti non giungono a un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, il "quantum" della somma risarcitoria (ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti) potrà essere accertato in un successivo giudizio di ottemperanza.

L’Amministrazione resistente è altresì condannata alle spese del giudizio, liquidate forfetariamente in euro 2000,00 (duemila) al lordo.

All’Autorità amministrativa è dato ordine di dare esecuzione alla presente sentenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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