Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 04-03-2011, n. 8739 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 20 luglio 2010, il Tribunale di Milano, 11^ sezione penale in funzione di giudice del riesame, confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Monza, con la quale era stata rigettata l’istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti di D. E..

Il Tribunale osservava che l’interrogatorio era stato reso dall’indagato in occasione dell’udienza di convalida del fermo e che prima del suo espletamento il GIP aveva autorizzato alla difesa solo l’esame della richiesta di convalida del fermo e ciò in quanto i verbali degli atti di PG non erano ancora stati depositati dal PM, sicchè il relativo contenuto avrebbe potuto formare oggetto di contestazione durante l’interrogatorio.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 293 c.p.p., comma 2, artt. 390 e 391 c.p.p. in relazione all’art. 178 c.p.p., comma 1 e art. 180 c.p.p., perchè, indipendentemente dall’inesatta ricostruzione operata nel provvedimento impugnato e dal GIP in ordine all’asserita mancata trasmissione della comunicazione di notizia di reato assieme al verbale di fermo, il dato rilevante è costituito dalla constatazione che l’interrogatorio è avvenuto senza che alla difesa fosse consentito l’accesso agli atti.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato ma deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito spiegate.

Il segnalato contrasto interpretativo ha trovato soluzione di recente nella pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione, che hanno ritenuta corretta l’opzione ermeneutica di cui alla sentenza n. 10492 del 23.2.2006 di questa Sezione.

Perchè l’interrogatorio effettuato in sede di convalida dell’arresto o del fermo possa avere valore equipollente a quello dell’interrogatorio di garanzia disciplinato dall’art. 294 c.p.p. occorre che la difesa sia posta nelle condizioni di conoscere, prima dell’interrogatorio, gli elementi di prova che il pubblico ministero sottopone al giudice della cautela al fine di ottenere la pronuncia della misura cautelare.

Ove il giudice non consenta alla difesa l’accesso agli atti, si determina una nullità a regime così detto intermedio.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’ordinanza impugnata va quindi confermato il principio di diritto secondo il quale "il difensore dell’arrestato o del fermato ha diritto, nel procedimento di convalida, di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare;

il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell’interrogatorio e del provvedimento di convalida" (Cass, S.U. 30.9-11.10.2010 n. 36212).

Ha precisato comunque la ora citata sentenza, che la relativa questione deve costituire oggetto, oltre che di tempestiva eccezione (nel caso in esame proposta) anche di specifica ed insediata impugnazione.

Nel caso in esame risulta che il 10.6.2010 la difesa ha presentato soltanto istanza di scarcerazione ex art. 302 c.p.p..

Vale allora richiamare la motivazione delle Sezioni unite, che ha affrontato un caso analogo a quello in esame: "alla stregua dei richiamati principi, il ricorso deve essere, nella peculiare fattispecie qui in esame, dichiarato inammissibile.

Come infatti pacificamente posto in risalto tanto nella ordinanza impugnata che nel ricorso, la difesa ebbe formalmente e tempestivamente ad eccepire, nel corso della udienza di convalida, la nullità degli atti derivante dal fatto che tanto alla difesa che all’indagato non era stato consentito di prendere visione degli atti posti a fondamento della richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare formulale dal pubblico ministero, che non era comparso.

Il giudice della convalida aveva poi disatteso l’eccezione, provvedendo ad adottare tanto il provvedimento di convalida dal fermo che ad applicare la misura cautelare sollecitata dal pubblico ministero.

Ciò comporta, dunque, che la statuizione del giudice di accogliere, all’esito della udienza di convalida, le richieste del pubblico ministero e disattendere la eccezione difensiva, doveva formare oggetto di apposita impugnazione, secondo il generale principio in virtù del quale la decisione giurisdizionale impugnabile (come l’ordinanza che decide sulla convalida, ex art. 391 c.p.p., comma 3) e non impugnata, assume i connotati preclusivi della irrevocabilità.

Essendo stato, dunque, ritualmente fatto valere il vizio nel corso della udienza di convalida, il provvedimento reiettivo adottato, con la pronuncia conclusiva della udienza, in mancanza di impugnazione, non è più suscettibile di revisione con la conseguenza di rendere dunque inammissibile l’odierno ricorso, mirando esso a riesaminare una decisione ormai irretrattabile sul punto.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Non sussistono invece i presupposti per pronunciare una condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, avuto riguardo ai principi a tal proposito dettati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000".
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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