Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-05-2011, n. 9777 Vendita di immobili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 22/4/1982 L.P., conveniva in giudizio S.L. esponendo che, con contratto 15/10/1981, aveva promesso di vendere un appezzamento di terreno a S. L., promissario acquirente, ma questi aveva rifiutato di stipulare il contratto definitivo.

L’attore chiedeva, quindi, che fosse pronunciato il trasferimento della proprietà dell’immobile oggetto del preliminare con la condanna del convenuto al pagamento del saldo prezzo di L. 10.500.000.

Il S., costituitosi, eccepiva:

– che il contratto azionato dall’attore era simulato – – che il vero contratto preliminare era stato stipulato in data 2/8/1981;

– che nella scrittura privata il L. si era assunto l’obbligo, rimasto inadempiuto, di costruire una strada sullo stesso tracciato di una strada ex comunale, che avrebbe consentito un più agevole accesso al fondo. Pertanto chiedeva, in via riconvenzionale, di assegnare all’attore un termine per l’adempimento dell’obbligo come sopra assunto e di dichiarare, in caso di mancata realizzazione della strada, la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore;

in via subordinata, chiedeva la condanna del L. al pagamento dell’indennità prevista dall’art. 1381 c.c., per il mancato adempimento da parte del terzo (proprietario della strada) del fatto promesso dal L., compensando l’importo dovuto con il residuo prezzo.

Il Tribunale di Ancona con sentenza del 10/2/2003 dichiarava che il contratto del 2/8/1981 era da considerarsi contratto traslativo della proprietà e che tale effetto era stato realizzato; di conseguenza condannava il S. al pagamento del saldo prezzo e respingeva le sue domande riconvenzionali. Il S. proponeva appello al quale resistevano gli eredi, odierni resistenti, di L.P. nel frattempo deceduto.

La Corte di Appello di Ancona respingeva l’appello del S. dichiarando assorbito l’appello incidentale.

La Corte territoriale rilevava:

– che l’impegno assunto dal L. per la realizzazione di una strada di accesso alla proprietà compravenduta era valido, ma che era qualificabile come promessa del fatto del terzo in quanto la strada doveva essere realizzata su un fondo di proprietà altrui e, quindi, era realizzabile solo dal proprietario del fondo o con il suo consenso;

– che il L. non si era attivato presso il terzo proprietario onde ottenere il consenso all’apertura della strada, ma che tale inadempimento non incideva apprezzabilmente nell’economia complessiva del contratto tanto da giustificarne la risoluzione.

A tale conclusione giungeva osservando che le parti nel decidere, rispettivamente di vendere e di acquistare il terreno, non avevano dato eccessivo rilievo all’apertura della strada posto che:

il fondo era raggiungibile anche con un diverso tragitto;

– l’impegno era stato assunto con una clausola aggiunta a precisazione e dopo la sottoscrizione del contratto;

l’impegno era stato preso senza un termine di scadenza, e senza alcuna indicazione in merito alle caratteristiche che avrebbe dovuto avere la strada;

– che l’acquirente era stato immediatamente autorizzato ad arare il fondo e da subito lo aveva coltivato indipendentemente dalla strada.

La Corte respingeva anche la richiesta del S. di pagamento dell’indennità di cui all’art. 1381 c.c., osservando che tale indennità è dovuta se il terzo si rifiuta di obbligarsi o di compiere il fatto promesso, mentre il S. aveva dedotto solo l’inadempimento del L. all’obbligo di attivarsi per ottenere l’apertura della strada, che integrava una situazione differente da quella considerata dalla citata norma.

Infine, la Corte di Appello rigettava la domanda di adempimento dell’obbligo di apertura della strada proprio sul rilievo che il L. non aveva assunto tale obbligo, ma aveva promesso il fatto del terzo.

Propone ricorso per Cassazione il S. sulla base di tre motivi; resistono con controricorso gli eredi L. che hanno anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e segg., in tema di interpretazione della clausola contrattuale relativa all’apertura di strada di accesso al fondo e la violazione dell’art. 1455 c.c., con riferimento all’importanza dell’inadempimento, nonchè il vizio di motivazione.

Il ricorrente si duole che la Corte di Appello non abbia ritenuto l’inadempimento dell’impegno assunto dal promettente venditore di realizzare una strada di accesso al fondo sufficientemente importante da giustificare la risoluzione del contratto.

Il motivo è infondato perchè la Corte territoriale, correttamente applicando l’art. 1362 c.c. e l’art. 1455 c.c. si è fatta carico di ricostruire la comune volontà delle parti, considerando pure il loro comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto; si vedano, al riguardo le convincenti argomentazioni, sopra sinteticamente riportate, sulla marginalità della clausola e la conseguente scarsa importanza dell’inadempimento, sulla indeterminatezza delle caratteristiche della strada da costruire, sulla circostanza che il fondo fosse raggiungibile anche attraverso altra strada e che l’acquirente lo avesse coltivato da subito e indipendentemente dalla realizzazione della strada.

In conclusione, la motivazione esiste, è giuridicamente corretta ed è coerente.

Le censure non attingono la correttezza logico formale della motivazione, ma semplicemente e inammissibilmente sono dirette a proporre una interpretazione diversa da quella data dal giudice del merito; la stessa deduzione per la quale il C.T.U. avrebbe considerato che il fondo, senza il comodo accesso, avrebbe avuto un minor valore del 30%, trova esauriente e convincente risposta nella motivazione della Corte di Appello che ha osservato che la percentuale di decremento costituiva una valutazione immotivata e che quand’anche la strada fosse stata realizzata non avrebbe comunque garantito un agevole accesso, secondo quanto riferito dalla C.T.U. del geometra C..

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1362 c.c. (interpretazione del contratto) e art. 1381 c.c. (promessa del fatto del terzo), e il vizio di motivazione perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel qualificare come promessa del fatto del terzo la clausola con il quale era assunto l’impegno di ripristinare una strada già comunale, di conseguenza, avrebbe errato nei considerare l’obbligo assunto in suscettibile di adempimento in forma specifica.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto non viene trascritto il contenuto della clausola oggetto di censura e comunque, così come dedotto, è infondato perchè essendo certo che la strada doveva essere ripristinata su un fondo di proprietà di terzi, non si vede come il venditore che si era assunto l’obbligo di ripristino, avrebbe potuto direttamente adempiervi se non tramite il proprietario del fondo o con il suo consenso, come correttamente rilevato dalla Corte di Appello.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato)ed erronea qualificazione della domanda di condanna al pagamento dell’indennità di cui all’art. 1381 c.c., che, dal contenuto sostanziale della pretesa e dal complesso degli atti difensivi, doveva invece essere qualificata come domanda di riduzione del prezzo ex art 1492 c.c. o di risarcimento.

Il motivo, oltre ad essere inammissibile per mancanza di autosufficienza (non essendo trascritto il contenuto delle domande formulate dal ricorrente) è altresì manifestamente infondato alla luce di quanto è dato apprendere dalla lettura della sentenza impugnata e del motivo di ricorso: il S. non aveva proposto alcuna domanda di riduzione del prezzo e aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni solo quale conseguenza della pronuncia di risoluzione per inadempimento; inoltre aveva espressamente chiesto, in subordine, il pagamento dell’indennità di cui all’art. 1381 c.c. (così risulta dalla motivazione della Corte di Appello); pertanto nessuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato è ravvisabile nella sentenza impugnata, mentre nulla si conosce sul preteso divergo contenuto sostanziale della delle domande proposte per il suddetto difetto di autosufficienza del ricorso.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.500.00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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