Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-05-2011, n. 9773 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

a. D.S.N. e D.F. eredi di D. F. convenivano davanti al Tribunale di Venezia, l’Amministrazione del Tesoro per sentirla condannare alla liquidazione per la quota di spettanza degli indennizzi dovuti al de cuius per i beni abbandonati in Fiume a seguito degli eventi bellici ed in parte già accordati, nel corso degli anni, dalla convenuta. Si costituiva l’Amministrazione del Tesoro eccependo il difetto di legittimazione del giudice adito, la prescrizione delle pretese attoree e, nel merito, l’indeterminatezza della domanda.

Rimanevano contumaci: D.I. fratello di Fe. che con questi era titolare dei beni immobili e delle aziende lasciate in territorio fiumano, nonchè Fr. anch’egli figlio di Fe. convenuti entrambi al solo fine della regolarità del contraddittorio.

Il Tribunale con sentenza n. 1972 del 1996, non definitiva rigettava le eccezioni preliminari della convenuta, rimettendo la causa sul ruolo per la definizione nel merito e con successiva sentenza condannava l’Amministrazione del Tesoro al pagamento di L. 781.896.767 in favore della S. e di L. 390.948.384 in favore di D.F. oltre interessi legali fino al soddisfo. b. – Proponeva appello l’Amministrazione del Tesoro con citazione notificata il 14 ottobre 2002 alle sole parti costituite in prime cure, chiedendo una parziale riforma della sentenza di primo grado.

Si costituivano ritualmente i convenuti che svolgevano appello incidentale. Interveniva, altresì, De.Fr. e G. e D.E. questi ultimi quali eredi di D.I., i quali svolgevano impugnazione incidentale. La Corte di Appello di Venezia con sentenza non definitiva n. 1260/04 sottolineava che la posizione di Fr., G. ed D.E. non era quella di intervenienti poichè l’intervento in causa presuppone la qualità di terzo mentre sia il primo che i secondi questi ultimi eredi di D.I. erano già parti nel primo giudizio non si poneva, dunque, il problema di accertare l’ammissibilità di un siffatto intervento che doveva invece interpretarsi quale costituzione della parte non citata ancor prima che nei di lei confronti fosse ordinata la integrazione del contraddittorio per un’ipotesi nella specie di un litisconsorzio necessario processuale. E’ certo, comunque, – afferma ancora la Corte territoriale, che nel giudizio di primo grado non era stata proposta alcuna domanda nei loro confronti, nè essi proposero alcuna domandai riguardo agli indennizzi di cui trattasi. Ne consegue che l’appello incidentale svolto era del tutto inammissibile poichè una tale impugnazione presupponeva la soccombenza, in ogni caso, se anche non dovessero inquadrarsi le domande proposte nel senso specificato, esse sarebbero altrettanto inammissibili perchè nuove.

In ragione di queste considerazioni la Corte di Appello di Venezia dichiarava inammissibili gli appelli incidentali di Fr., nonchè G. ed D.E. e con la stessa sentenza rimetteva la causa sul ruolo come da separata ordinanza per ulteriori accertamenti in ordine alla domanda, principale;

c) Per la cassazione di tale sentenza ricorre D.G. e con controricorso e ricorso incidentale De.Fr. entrambi per un motivo, consegnato rispettivamente all’atto di ricorso notificato 10 settembre 2005 e al controricorso e ricorso incidentale notificato il 1 settembre 2005. Resiste il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso notificato il 10 settembre 2005.
Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo tutte le impugnazioni proposte contro la medesima sentenza.

Entrambi i ricorsi (principale e incidentale) riportano uno stesso e identico motivo, dunque, entrambi i ricorsi, come sopra riuniti, vengono esaminati unitamente.

2. – Con il primo motivo, sia D.G. sia D. F., lamentano – come da rubrica- Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.. Avrebbe errato la Corte di Appello di Venezia, secondo i ricorrenti nell’aver dichiarato inammissibili gli appelli incidentali di Fr., E. e D.G. ai sensi dell’art. 345 c.p.c., ritenendo che gli intervenienti non sarebbero stati legittimati a proporre appello incidentale perchè contumaci in primo grado e perchè nessuna domanda era stata proposta nei loro confronti in primo grado nè alcuna domanda avevano svolto loro stessi. In particolare sostengono i ricorrenti che non è vero che nessuna domanda fosse stata i proposta nei loro confronti in primo grado perchè, ove così fosse, non sarebbero stati legittimati al giudizio. Ed, invece, essi erano stati convenuti in primo grado con una domanda che nel suo presupposto di accertamento i chiedeva la quantificazione del valore del loro patrimonio. Essi – sostengono – di essere stati pregiudicati dalla sentenza di primo grado nella parte in cui identificava il valore del compendio su cui doveva essere calcolato l’indennizzo di loro spettanza ereditaria. Il non aver proposto domande in primo grado non pregiudicava tale loro diritto dal momento che l’impugnazione da loro proposta rimaneva esattamente nei limiti delle domande correttamente proposte dalle altre parti in giudizio.

2.2. – Il motivo (sia del ricorso principale sia del ricorso incidentale) è inammissibile per la mancata esposizione del fatto in maniera intellegibile.

2.3. – La Corte territoriale aveva specificato che, l’appello incidentale proposto dagli attuali ricorrenti era inammissibile perchè una tale impugnazione supponeva la soccombenza ma specificava, ulteriormente, che in ogni caso, se anche non dovessero inquadrarsi le domande proposte nel senso specificato, esse sarebbero inammissibili perchè nuove. A fronte di questa specifica affermazione il ricorrente si è limitato ad evidenziare che l’impugnazione da loro proposta rimaneva esattamente nei limiti delle domande correttamente proposte dalle altre parti in giudizio ma non ha indicato le ragioni di questa stessa affermazione, nè i necessari elementi di fatto per una valutazione di legittimità. Per altro, la carente esposizione del fatto impedisce di rilevare la stessa causa petendi.

2.4. – Va qui osservato che, nel ricorso in cassazione, l’indicazione dei motivi deve presentare i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 12.2.1988 n. 1497; Cass. 5.3.1991 n. 2325), allo scopo di assicurare che il ricorso presenti l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni ancora da risolvere perchè decise dal giudice di merito e mantenute in vita con l’impugnazione. La Corte di cassazione non è tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo, nè è tenuta a ricostruire i possibili significati dei motivi di ricorso non sufficientemente chiari, perchè questi, per la loro funzione limitativa dell’ambito dell’impugnazione, debbono essere specifici, esaurienti, completi il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione è stato di recente ribadito da queste sezioni unite, riaffermando che tutti i ricorsi sia principale che incidentale devono essere autosufficienti (Cass. sez. un. 4.2.1997 n. 1049).

In definitiva entrambi i ricorsi (principale e incidentale) sono inammissibili.
P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi li dichiara inammissibili.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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