Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-05-2011, n. 9770 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 28 novembre 2007, la Corte d’Appello di Milano accoglieva il gravame svolto da M.R. ed altri 2 contro la sentenza di primo grado che aveva accolto i ricorsi proposti dalla spa Poste Italiane volti alla declaratoria di legittimità delle sanzioni disciplinari inflitte ad alcuni portalettere.

2. La Corte territoriale puntualizzava che la contestazione – in tema di inosservanza del sistema di consegna della corrispondenza detta ad areole, in base al quale il singolo operatore è tenuto alla consegna non solo della corrispondenza della zona di sua competenza, ma anche, in quota, della corrispondenza di altra zona ricompresa nel medesimo raggruppamento di zone (areola), in caso di assenza dell’operatore assegnato a quella zona – concerneva l’esercizio del diritto di sciopero e non già il rifiuto di una prestazione.

3. La Corte, a sostegno del decisum, escludeva la violazione procedimentale per mancata audizione dei lavoratori, L. n. 300 del 1970, ex art. 7, sul presupposto che non esistesse un diritto dei lavoratori di essere ascoltati sul posto e nell’orario di lavoro anzichè presso l’ufficio del contenzioso dell’azienda; riteneva illegittime le sanzioni inflitte sul presupposto che:

a) i lavoratori non avevano dato esecuzione ad un accordo autonomo, modificativo dell’originario contratto di lavoro, che prevedeva prestazioni aggiuntive rispetto a quelle ordinarie, con un compenso destinato a remunerare il protrarsi di due ore dell’orario giornaliero;

– b) ricorreva il requisito della sinallagmaticità nel senso della sospensione di entrambe le prestazioni come effetto naturale dell’esercizio del diritto di sciopero;

– c) l’esercizio dello sciopero in tempi non perfettamente collimanti con i perieli della proclamazione e l’eventuale irregolarità per tale profilo non assumeva rilevanza;

d) quanto al profilo della proporzionalità rilevava l’esistenza di uno stato di agitazione al quale i lavoratori si erano attenuti con la loro astensione.

4. Poste italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, ricorre per cassazione articolando quattro motivi, illustrati con memoria. Gli intimati hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato. La società ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

6. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., n. 5) deducendo che il rifiuto di prestazioni ordinarie da parte del dipendente configura responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente. Il motivo si conclude con la formulazione del momento di sintesi.

7. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la corte di merito delimitato il thema decidendum come indicato nel punto 2 che precede, omettendo di considerare le prove in atti. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto.

8. Con il terzo e quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost. e della L. n. 146 del 1990, artt. 1 e 2, per aver la Corte di merito riconosciuto come legittimo esercizio del diritto di sciopero il rifiuto di eseguire una parte delle mansioni legittimamente richiedibili al lavoratore senza perdita della retribuzione, pur se attuato al di fuori dei periodi proclamati di astensione collettiva, ovvero senza la preventiva comunicazione prevista dalla L. n. 146 del 1990. I motivi si concludono con la formulazione dei quesiti di diritti.

9. I motivi devono essere trattati congiuntamente per la loro logica connessione.

10. Come già ritenuto da questa Corte in altre controversie in parte sovrapponibili al presente giudizio, con decisione alla quale il Collegio intende uniformarsi (v. Cass. 547/2011), la prima questione, in ordine logico sistematico, è quella di stabilire se l’astensione dal lavoro di cui si tratta rientri o meno nel concetto di sciopero.

Ciò perchè se il comportamento dei lavoratori che hanno aderito all’astensione proclamata dal Cobas è una forma di sciopero, la sanzione disciplinare è illegittima, in quanto lo sciopero è un diritto costituzionalmente sancito e il suo esercizio sospende il diritto al corrispettivo economico, ma rende immune il comportamento da sanzioni. Se, al contrario, non è sciopero, il rifiuto della prestazione costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali e l’applicazione della sanzione disciplinare è legittima.

11. Invero, non esiste una definizione legislativa dello sciopero. I lineamenti del concetto sono stati individuati sul piano giuridico tenendo conto della storia e delle prassi delle relazioni industriali. Peraltro, la stessa dottrina che chiede all’interprete questa attenzione al dato storico-sociologico ed una particolare duttilità ermeneutica, al tempo stesso precisa che non può essere definita sciopero ogni manifestazione di lotta che i soggetti agenti designino come tale.

12. Lo sciopero si risolve, nei fatti, nella mancata esecuzione in forma collettiva della prestazione lavorativa, con corrispondente perdita della relativa retribuzione. La mancata esecuzione si estende per una determinata unità di tempo: una giornata di lavoro, più giornate, oppure periodi di tempo inferiori alla giornata, sempre che non si vada oltre quella che viene definita "minima unità tecnico temporale", al di sotto della quale l’attività lavorativa non ha significato esaurendosi in un’erogazione di energie senza scopo.

13. In tale logica, la giurisprudenza, dopo alcune oscillazioni, riportò entro la nozione di sciopero anche la mancata prestazione del lavoro straordinario (Cass., 28 giugno 1976, n. 2480).

L’astensione anche in questo caso ha una precisa delimitazione temporale e concerne tutte le attività richieste al lavoratore.

14. Al contrario, ci si colloca al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. E’ il caso del c.d. sciopero delle mansioni, comportamento costantemente ritenuto estraneo al concetto di sciopero e pertanto illegittimo dalla giurisprudenza (Cass., 28 marzo 1986, n. 2214).

15. Il rifiuto di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell’obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo, non e astensione dal lavoro straordinario, nè astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute. Situazione assimilabile a quella del c.d. sciopero della mansioni perchè, all’interno del complesso di attività che il lavoratore è tenuto a svolgere, l’omissione concerne un aspetto specifico di tali obblighi.

16. L’astensione, pertanto, non può essere qualificata sciopero e resta un mero inadempimento parziale della prestazione dovuta. Di conseguenza, la sanzione disciplinare non è illegittima.

17. Questa conclusione non solo è in linea con le coordinate generali prima tracciate, ma anche con la specifica giurisprudenza di legittimità sull’argomento: Cass. 25 novembre 2003, n. 17995, occupandosi di una situazione analoga, concernente il sistema di sostituzioni entro l’ambito della c.d. areola (antecedente dell’area territoriale nell’organizzazione delle Poste), ha affermato che il rifiuto di effettuare la sostituzione del collega assente, è "rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore" e "non costituisce esercizio del diritto di sciopero", con la conseguenza che deve escludersi l’antisindacalità della scelta datoriale di applicare una sanzione disciplinare.

18. Escluso, pertanto, che si sia trattato, nella specie, di esercizio del diritto di sciopero, tutte le altre censure sollevate da parte ricorrente rimangono assorbite.

19. Quanto alla denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte di merito delimitato il thema decidendum come indicato nel punto 2 che precede, omettendo di considerare le prove in atti, deve essere dichiarata l’inammissibilità del mezzo atteso che l’erronea valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, disciplinata dalle citate disposizioni del codice di rito, ridonda quale vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (ex multis, Cass. 2707/2004), ma parte ricorrente ha, nella specie, del tutto omesso di specificare il profilo alla stregua del quale la sentenza è censurata, così precludendo alla Corte di delineare chiaramente l’esame devolutole.

20. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato i lavoratori denunciano violazione degli artt. 2106, 1175 e 1375 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 7, art. 116 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3), per aver la Corte di merito negato il diritto dei lavoratori di essere ascoltati a difesa sul posto e nell’orario di lavoro. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto con il quale si chiede alla Corte di dire se costituisca lesione del diritto di difesa disporre l’audizione in sede disciplinare, richiesta dai dipendenti con l’assistenza del rappresentante sindacale, in luogo diverso da quello della prestazione lavorativa e al di fuori dell’orario contrattuale, sì da rendere gravoso l’esercizio del diritto, violando i principi generali, essendo il potere disciplinare interno al rapporto di lavoro.

21. Osserva il Collegio che tra le garanzie dell’esercizio del diritto di difesa del lavoratore non è previsto il diritto del lavoratore alla previa audizione sul posto e nell’orario di lavoro.

22. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che la specifica garanzia della previa audizione a difesa opera non già indistintamente, ma solo se il lavoratore abbia espressamente chiesto di essere sentito (Cass. 4435/2004). Formulata la richiesta, la previa audizione costituisce indefettibile presupposto procedurale che legittima l’adozione della sanzione disciplinare anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, contestualmente alla richiesta di audizione a difesa, abbia comunicato al datore di lavoro giustificazioni scritte, destinate ad integrarsi con le giustificazioni che il lavoratore stesso, eventualmente, aggiunga o precisi in sede di audizione (Cass. 6845/2010; Cass. 21899/2010).

23. Nessuna fonte normativa o pattizia prevede che l’audizione debba aver luogo nell’orario e nella sede di lavoro, nè contempla il diritto del lavoratore di essere sentito a difesa condizionato, nel quando e nel quomodo, dal tempo e luogo della prestazione lavorativa, onerando il datore di lavoro di consentire l’esercizio del diritto di difesa del lavoratore alle condizioni da questi richieste, sì che l’inottemperanza possa assurgere a violazione delle garanzie procedimentali.

24. Il denunciato profilo non rileva, per quanto detto, agli effetti della validità della sanzione disciplinare, nè ritiene il Collegio che, ai fini della validità della sanzione disciplinare, la discrasia denunziata tra tempi e modalità dell’audizione e tempi e luogo della prestazione lavorativa possa assumere rilevanza nel ritenere la condotta datoriale non informata ai principi di correttezza e buona fede.

25. Di certo non appare gravoso l’esercizio del diritto dei lavoratori con le modalità temporali e di luogo indicate dal datore di lavoro, tenendo conto del congruo margine temporale assegnato per permettere loro di raggiungere, dalla sede di lavoro, la sede centrale di svolgimento dell’audizione (fissata alle 14,30, dopo la fine del turno di lavoro delle ore 13, presso la sede di (OMISSIS), ove si trova la Direzione risorse umane, raggiungibile dalla sede di lavoro in (OMISSIS)), onde la condotta datoriale non appare censurabile neanche sul piano della correttezza e buona fede.

26. Ne consegue il rigetto del ricorso incidentale condizionato.

27. All’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale, respinti per il resto il ricorso principale e l’incidentale condizionato, segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto. La Corte, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, dichiara legittima la sanzione disciplinare inflitta agli intimati.

28. Le spese dei gradi di merito vanno compensate in considerazione dell’esito alterno dei giudizi; le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il terzo motivo del ricorso principale, respinge per il resto il ricorso principale e l’incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara legittima la sanzione disciplinare inflitta agli intimati. Compensa le spese dei gradi di merito; condanna i lavoratori al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate complessivamente in Euro 46,00 per spese, oltre Euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per onorario, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *