Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-05-2011, n. 9768 Rimborsi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato la Azienda ASL RM (OMISSIS) si opponeva al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma ad istanza della società Villa Luana G.I.F.I., quale mandataria ad agire e riscuotere del signor C.G., chiedendo venisse dichiarata l’incompetenza del Giudice adito, nonchè il difetto di legittimazione passiva e comunque deducendo l’insussistenza del diritto della società istante ad agire in nome del predetto C., la decadenza dal diritto a richiedere la somma ingiunta e la erroneità di quest’ultima nonchè l’erronea formulazione dell’ordine di pagamento in favore della società senza che fosse precisato che essa agiva in nome e per conto della detta persona.

Si costituiva la società Villa Luana controdeducendo su tutti punti.

L’adito Tribunale rigettava l’opposizione.

Avverso tale pronuncia proponeva appello la Azienda Sanitaria sostenendone l’erroneità.

Si costituiva la società appellata resistendo al gravame di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza del 3 gennaio-6 giugno 2008, la Corte di Appello di Roma revocava il decreto ingiuntivo – in quanto emesso in favore della Soc. Villa Luana sic et simpliciter, senza la precisazione che la stessa agiva per conto del C., e perchè era stato indicato "quale creditore un soggetto che non lo era ma che era solo dotato di rappresentanza sostanziale…", e condannava l’appellante al pagamento, in favore della controparte, della somma di Euro 29.584,39 oltre interessi dalle scadenze al saldo, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

In particolare, quanto al merito, veniva disapplicata la DGR Lazio 4 marzo 1980, n. 726, che aveva fissato l’importo di rimborso per l’assistenza in forma indiretta, sempre poi confermato dalle successive delibere, ritenendo che la stessa fosse stata adottata in violazione della L.R. Lazio n. 15 del 1975, art. 11, comma 6, poichè la Giunta Regionale non avrebbe tenuto conto del criterio da quest’ultima stabilito e cioè non avrebbe valutato la spesa media sostenuta per analoghe prestazioni nelle Case di Cura private convenzionate nonchè il tipo di malattia e la durata della degenza.

La Corte riteneva di aver dovuto supplire agli adempimenti omessi dalla Regione Lazio attraverso la disposta "indagine tecnica per appurare l’entità della quota di rimborso….", specificando che si provvedeva, da parte del CTU, alla determinazione analitica della malattia sofferta dal paziente, della durata media della degenza e, conseguentemente applicandosi le tariffe previste dal Decreto Ministeriale anzidetto (D.M. 14 dicembre 1994, n. 169) con i ribassi pure sopra specificati" (20% aumentato di un ulteriore 20% per giornate di degenza oltre la 60^)".

Precisava la Corte di essere consapevole che il "Decreto Ministeriale in questione si riferiva alle strutture pubbliche o private accreditate, ciò nonostante riteneva di doverlo "sicuramente" utilizzare anche per determinare la quota di rimborso per l’assistenza indiretta sull’assunto che la Legge Regionale anzidetta aveva chiaramente parificato alle case di cura convenzionate quelle non convenzionate per la individuazione della entità della quota di rimborso e, quindi, per determinare in concreto l’ammontare ditale quota.

Statuiva inoltre che il rimborso andava riconosciuto all’assistito come rappresentato e quindi alla "Società appellata" condannando la ASL RM/(OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 29.584,39 oltre interessi dalla scadenza al saldo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’Azienda USL RM (OMISSIS) con due motivi.

Resiste la Villa Luana G.I.F.I. srl con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 77 c.p.c., anche in combinato disposto con l’art. 100 c.p.c., nonchè omessa e/o lacunosa motivazione, sostiene che la procura rilasciata da C. G. alla Società Villa Luana Gestioni Immobili Fondiaria Italiana – GIFI srl per atto Notaio Giuseppe Valente di Roma – del 9/4/1998 contenuto nel fascicolo della fase monitoria non sarebbe idonea a conferire poteri di rappresentanza sostanziale in relazione al rapporto oggetto della lite e corrispondentemente poteri di rappresentanza processuale.

Il motivo è infondato.

Invero, con la suddetta procura il sig. C., in relazione ai ricoveri avvenuti presso la società Villa Luana GIFI, poichè quest’ultima non aveva ancora ottenuto i rimborsi di quanto richiesto in assistenza indiretta, ha dato mandato alla stessa di "espletare in nome e per conto della sottoscritta tutte le procedure giudiziarie (anche esecutive) necessarie per ottenere il rimborso in assistenza indiretta".

Tale mandato, inoltre, è stato conferito "con espressa legittimazione a riscuotere il predetto rimborso, con espressa facoltà di rilasciare ampia e liberatoria quietanza".

Se questo è dunque il tenore letterale della procura, deve affermarsi che in essa siano presenti chiari elementi che consentano di ritenere che alla società Villa Luana GIFI sia stata attribuita la gestione del rapporto sostanziale dal quale trae origine la controversia.

Dette facoltà, infatti, ineriscono al conferimento di poteri rappresentativi di natura sostanziale e sono idonee a configurare la ricorrenza, nel caso di specie, di un mandato all’incasso, conferito anche nell’interesse del mandatario (c.d. mandato in rem propriam), che si sostanzia in un contratto sinallagmatico nel quale le prestazioni corrispettive possono individuarsi, da una parte, nell’autorizzazione all’incasso e, dall’altra, nella prestazione del mandatario.

Il conferimento del mandato da parte del Sig. C., infatti, è avvenuto anche in funzione della tutela del diritto della società mandataria a percepire un compenso – sia pure in via indiretta attraverso la riscossione del rimborso dovuto dalla ASL all’assistita – per l’erogazione di prestazioni sanitarie effettuate in suo favore, in modo del tutto gratuito.

Il mandato ad espletare per conto della mandante tutte le procedure amministrative non può che riguardare infatti il conferimento di poteri rappresentativi sul piano squisitamente sostanziale, ossia la gestione del rapporto oggetto di lite.

Infatti la previsione dell’espletamento di attività amministrative da parte del mandatario va intesa nel senso che questi si è impegnato a porre in essere tutti gli adempimenti di natura amministrativa, anche nel senso più lato del termine, che fossero necessari all’espletamento del mandato conferito, nonchè – in guisa di completamento di esso – tutte le procedure giudiziarie (anche esecutive nominando o revocando avvocati) che si fossero rese necessarie a tal fine, obbligandosi in tal modo ad una gestione completa del rapporto in questione, sia sul piano sostanziale che processuale.

Il significato globale da attribuire al conferimento del mandato in discorso è dunque tale da non lasciare alcun dubbio circa la sussistenza di un conferimento di poteri rappresentativi sul piano sostanziale, prima ancora che processuale.

Correttamente, pertanto, il Giudice a quo ha ritenuto di superare la sollevata eccezione sul punto.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 25, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 bis, art. 8 sexies e 8 septies, nonchè delle Delib. Giunta Regionale Lazio n. 11310 del 1995 e Delib. Giunta Regionale Lazio n. 2910 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorso è improcedibile in relazione a tale motivo, fondandosi la censura sulla interpretazione delle suddette delibere, rispetto alle quali non si specifica il tempo e la sede dell’allegazione.

Va in proposito osservato che – secondo il più recente e condivisibile orientamento di questa Corte sul punto – in tema di giudizio di cassazione, avuto riguardo al combinato disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nella formulazione di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi dei quali il legislatore ha imposto (oltre che l’indicazione) anche l’obbligo di deposito, a pena di improcedibilità del ricorso, sono soltanto quelli che non fanno parte del fascicolo d’ufficio del giudizio nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, atteso che, diversamente, si causerebbero effetti processuali del tutto incoerenti sotto il profilo sistematico, quali un inutile appesantimento della produzione in giudizio, la duplicazione degli oneri posti a carico delle parti ed un aggravio della difficoltà di esercitare i diritti difensivi con pregiudizio del principio di effettività della tutela giurisdizionale (cfr. Cass. n. 18854/2010).

Tale orientamento esige, tuttavia, che nel ricorso non solo si specifichi che il fascicolo è stato prodotto, ma anche la sede in cui il documento è rinvenibile.

Nella specie, l’inosservanza di tale ultimo onere comporta la sopra riscontrata improcedibilità.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara improcedibile il ricorso in relazione al secondo motivo. Condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio liquidate in Euro 21,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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