Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-02-2011) 04-03-2011, n. 8708 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per Cassazione M.R., avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta del 23.3.2020, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Erma il 26.1.2009, per il reato di ricettazione.

Il difensore deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), anzitutto in ordine alla valutazione del rilievo probatorio dell’avvenuto inserimento, nel telefonino oggetto del reato, la sera stessa in cui l’apparecchio era stato rubato al legittimo proprietario, di una sim card intestata all’imputato, trattandosi asseritamente di circostanza alla quale potrebbe attribuirsi solo un valore meramente indiziario.

In ogni caso, nulla escluderebbe che il M. sia l’autore del delitto presupposto, ipotesi illogicamente scartata dalla Corte territoriale.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero, correttamente la Corte territoriale ha considerato che l’inserimento nel telefonino in questione, nuovo di fabbrica e mai prima utilizzato, della sim card intestata all’imputato, costituisce non un vago indizio, ma la prova della disponibilità dell’apparecchio da parte dello stesso imputato.

Quanto alla prossimità temporale dell’acquisto del cellulare rispetto al furto ai danni del legittimo proprietario, si tratta di un dato giustamente trascurato dai giudici territoriali, non essendo affatto incompatibile con l’ipotesi della ricettazione, dal momento che la disponibilità dell’apparecchio da parte dell’imputato non fu accertata in immediata successione cronologica con l’esecuzione del delitto presupposto, ma parecchie ore dopo. Quel che conta, quindi, secondo le coerenti valutazioni dei giudici di appello, è che l’imputato non abbia fornito nessuna giustificazione sul possesso dell’apparecchio, nemmeno allo scopo di una diversa e meno grave qualificazione giuridica del fatto. In questa prospettiva, è facilmente rovesciabile l’osservazione difensiva secondo cui non si comprende perchè mai l’imputato non potrebbe essere l’autore del furto presso il negozio del derubato; il punto è, infatti, che l’imputato non lo ha mai affermato, rimanendo quindi inalterata, anche ai fini dell’identificazione della qualificazione giuridico- penale della condotta, l’indubbia pregnanza probatoria del "positivo" accertamento nei suoi confronti, del possesso ingiustificato di un bene di provenienza furtiva. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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