Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-02-2011) 04-03-2011, n. 8703 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

coglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per Cassazione S.R.M., avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 26.4.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 28.5.2009, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74.

I primi due motivi ruotano sostanzialmente entrambi sulla questione dell’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che la difesa sotto un primo profilo contesta ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) relativamente a quelle essenziali per il quadro probatorio a carico del ricorrente, deducendo il difetto di motivazione dei decreti d’urgenza del PM con i quali era stato autorizzato l’uso di impianti di ascolto diversi da quelli installati presso la procura, che non avrebbe potuto essere sanato dalla convalida del gip e in ogni caso, a tutto concedere, solo ex nunc, e non quanto all’attività captativa anteriore.

L’inutilizzabilità delle intercettazioni si rifletterebbe poi, alla stregua del secondo motivo, che denuncia il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), sulla tenuta delle argomentazioni della Corte territoriale, private dell’essenziale supporto probatorio di riferimento, non potendo le indicazioni del collaborante F. ritenersi altrimenti riscontrate.

Con il terzo motivo, la difesa denuncia il vizio di mancanza, e o manifesta contraddittorietà della motivazione riguardo alla valutazione del trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, soprattutto sottolineando lo stato di incensuratezza dell’imputato.

Il ricorso è inammissibile.

La questione sulla inutilizzabilità delle intercettazioni sconta una irrimediabile carenza di fondo delle deduzioni difensive, nella misura in cui all’approfondita analisi del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, il ricorrente non aggiunge le necessarie indicazioni processuali al fine di consentire le opportune verifiche sulla stessa esistenza nel fascicolo processuale, degli atti prodromici dell’attività captativa (cfr. Corte di Cassazione, Nr. 10951 15/03/2006 SEZ. 6 Casula, secondo cui il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotto dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, nel far riferimento ad "atti del processo" che devono essere "specificatamente indicati" dal ricorrente, detta una previsione aggiuntiva ed ulteriore rispetto a quella contenuta nell’art. 581 c.p.p., lett. c) – secondo cui i motivi di impugnazione devono contenere l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta – con l’effetto di porre a carico del ricorrente un peculiare onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, nelle forme di volta in volta più′ adeguate alla natura degli atti stessi (integrale esposizione e riproduzione nel ricorso, allegazione in copia, precisa indicazione della collocazione dell’atto nel fascicolo del giudice, ecc). Con specifico riferimento all’ipotesi in cui venga eccepita in sede di legittimità, l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, siccome asseritamente eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o senza l’osservanza delle disposizioni previste dell’art. 267 c.p.p., e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, ( art. 271 c.p.p., comma 1), è stato ritenuto che sia onere della parte indicare specificamente l’atto che deduce viziato, e curare che esso sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di Cassazione. In difetto, il motivo è inammissibile per genericità, non essendo consentito alla S.C. di individuare l’atto affetto dal vizio denunciato (Corte di Cassazione, 07/06/2006 Sez. 4A, Pizzinga).

Sotto altro profilo, si deve osservare che la regola per cui la inutilizzabilità può essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento deve essere raccordata alla norma che limita la cognizione della Corte di Cassazione, oltre i confini del "devolutum", alle sole questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento sul fatto. Ne consegue che non possono essere proposte per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni di inutilizzabilità la cui valutazione richieda accertamenti istruttori che come tali devono essere necessariamente sollecitati nel giudizio di appello (Corte di Cassazione 21/01/2005, Tarricone ed altri).

Ebbene, nel caso di specie, la questione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni non era stata devoluta al giudice di appello; il ricorrente fa riferimento solo con una sommaria citazione per relationem, alla non meglio indicata ordinanza cautelare emessa nei confronti dell’imputato nel corso delle indagini preliminari, trattandosi comunque di un passaggio processuale non vincolante, dal momento che la natura della questione consentirebbe a questa Corte l’autonoma valutazione dell’adeguatezza della motivazione dei decreti d’urgenza del PM; e non si preoccupa di precisare l’allocazione nel fascicolo della stessa ordinanza, così come dei decreti del PM, nè l’occasione processuale dell’acquisizione di questi ultimi atti in giudizio, che non è peraltro affatto scontata (cfr. al riguardo, Corte di Cassazione, nr. 01615 del 16/04/1993 SEZ. 1, Vicenti, secondo cui non costituisce causa di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali il mancato deposito, unitamente alle trascrizioni, del loro contenuto, dei relativi decreti autorizzativi e di quelli di convalida e di proroga delle stesse. L’inutilizzabilità, infatti, consegue -in virtù del disposto dell’art. 271 c.p.p., comma 1 – solo al mancato rispetto delle norme di cui all’art. 267 c.p.p., e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, relativi, rispettivamente, ai presupposti ed alle forme del provvedimento che le dispone e a talune modalità di esecuzione, e non anche alla violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 4, relativa al predetto deposito).

E non sembra nemmeno inutile osservare che le "inadempienze" difensive tanto più rilevano nella specie, considerato il ponderosissimo incartamento processuale.

Superata la questione dell’utilizzabilità delle intercettazioni, ne rimane del tutto depotenziato il secondo motivo di ricorso, perchè i contenuti delle intercettazioni telefoniche ricordate dalla Corte territoriale, adeguatamente sono stati ritenuti dai giudici di appello idonei a riscontrare ab estrinseco le dichiarazioni del F., come finisce con il riconoscere lo stesso ricorrente quando accenna all’astratta condivisibilità delle "pregevoli considerazioni della Corte di Appello in ordine al requisito di estraneità e specificità di queste uniche conversazioni".

Quanto ai motivi sul trattamento sanzionatorio, va anzitutto rilevata, ancora una volta, la genericità del riferimento del ricorrente alla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 14.7.2007, utilizzata dalla sentenza impugnata come ulteriore dato di conferma della fondatezza dell’ipotesi associativa.

Il ricorrente nemmeno specifica esaurientemente i termini della dedotta sproporzione tra le valutazioni quoad poenam dei due provvedimenti a confronto, oltre a non fornire, ancora una volta, indicazioni sull’allocazione processuale della sentenza precedente; e in ogni caso, il criterio "comparativo" è del tutto irricevibile, dovendosi avere riguardo esclusivamente alla corretta valutazione, nella sentenza impugnata, dei parametri direttivi di cui all’art. 133 c.p., soprattutto in relazione alla notevole gravità oggettiva dei fatti. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *