Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 04-03-2011, n. 8765 affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 20 luglio 2010, depositata in cancelleria il 22 luglio 2010, il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila ammetteva lo I. alla detenzione domiciliare rigettando la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale atteso che in data 24 dicembre 2009, quando si trovava agli arresti domiciliari, era evaso.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per Cassazione I.R. chiedendone l’annullamento per violazione di legge, con riferimento alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 58 quater, comma 1 e art. 47 e art. 27 Cost., comma 2, oltre che per difetto di motivazione.

Il Tribunale non poteva pervenire al rigetto della richiesta sulla sola base di una denuncia di evasione cui non era seguito non solo nessun giudizio di condanna, ma neppure il rinvio a giudizio, mentre sarebbe dovuta occorrere una sentenza di condanna divenuta irrevocabile. Oltretutto vi era contraddizione sul punto che la denuncia di evasione, secondo i presupposti indicati dal Tribunale, avrebbe dovuto impedire anche l’applicazione del beneficio della detenzione domiciliare invece concesso.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1 – La L. n. 354 del 1975, art. 58 quater, come modificato dalla L. n. 251 del 2005, art. 7, prevede il divieto di concessione dei benefici ivi indicati nell’ipotesi in cui il richiedente (il condannato) "sia stato riconosciuto colpevole" di una condotta punibile ai sensi dell’art. 385 c.p., (ovverosia di evasione o reati assimilati). La nuova formulazione, sostituendo la precedente ("che ha posto in essere una condotta punibile ai sensi") sulla quale esisteva contrasto interpretativo, è indicativa delle volontà del legislatore di non consentire efficacia ostativa a condotte punibili a norma dell’art. 385 c.p., ove non accertate con sentenza definitiva di condanna (cfr., seppur in forma di obiter, Sez. 1, 9 maggio 2007, n. 28685, non massimata) giacchè vige nell’ordinamento, in applicazione del principio fissato dall’art. 27 Cost., comma 2, la regola che nessuno può ritenersi riconosciuto (ovvero considerato) colpevole sino alla condanna definitiva.

3.2 – Questa Corte ha più volte affermato (Cass., Sez. 1, 22 ottobre 2009, n. 41956, rv. 245078, P.G. in proc. Bello; Sez. 1, 28 maggio 2009, n. 22368, rv. 244130) anche in base ad una attenta interpretazione della L. n. 251 del 2005, art. 7, comma 6, che ha novellato la L. n. 354 del 1975, art. 58 quater, comma primo e successive modifiche (c.d. legge di ordinamento penitenziario) rispettosa delle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale in argomento, il principio di diritto secondo cui "la condanna per il delitto di evasione non è automaticamente preclusiva della possibilità di concessione di benefici penitenziari…, dovendo il giudice impegnarsi nell’esame approfondito della personalità del condannato e sulla sua effettiva, perdurante, pericolosità sociale, oltre che sulla verifica della sussistenza di tutte le condizioni richieste per la concessione del beneficio". In particolare, va osservato che dalle più recenti decisioni della Corte Costituzionale emerge una trama interpretativa unitaria, in base alla quale l’automatica preclusione dell’accesso ai benefici penitenziari in ragione di una scelta generai – preventiva si porrebbe in evidente contrasto con la finalità rieducativa della pena e vanificherebbe i principi di proporzione e di individualizzazione della stessa che caratterizzano il trattamento penitenziario.

Principi generali, questi, recepiti anche in due recenti decisioni delle Sezioni Unite (Sez. Un, 28 marzo 2006, n. 14500, P.G. in proc. Alloussi, rv. 233420; Sez. Un, 30 maggio 2006, n. 24561, P.M. in proc. Aloi, rv. 23397) sicchè deve ritenersi che l’ammissione ad una misura alternativa alla detenzione in carcere (nel caso di specie l’affidamento in prova) di un soggetto nei cui confronti sia intervenuta affermazione di penale responsabilità per il delitto di evasione non possa essere automaticamente preclusa, senza limiti di tempo, dalla intervenuta condanna, a prescindere da qualsiasi altra valu-tazione in ordine all’avvenuta realizzazione di tutte le condizioni per usufruire del beneficio richieste dalla legge.

3.3. – Ne consegue che, discendendo la preclusione ex lege dal giudicato, la condotta costituente reato non accertata in via definitiva poteva essere valutata solo incidentalmente, mediante apprezzamento della sua reale consistenza e gravità, ai fini delle meritevolezza del beneficio (Cass., Sez. 1, 5 febbraio 2009, n. 9827, rv. 243293, Mosca) così come tuttavia è stato fatto dal Tribunale di Sorveglianza con argomentazione logica ed esaustiva. In altre parole il giudice ha valutato U fatto dell’evasione come indice connotativo della personalità del soggetto e non come fatto ostativo rappresentato dalla condanna in sè, sicchè ha applicato, in concreto (da qui l’assenza di una qualche contraddittorietà con l’applicazione del beneficio penitenziario della detenzione domiciliare) la misura che ha ritenuto più adeguata nel caso specifico e idonea a fronteggiare la situazione contingente parametrandola al grado di residuale pericolosità sociale rilevata nel richiedente.

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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