Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 04-03-2011, n. 8762 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 23 marzo 2010, depositata in cancelleria in pari data, il Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di P.B. volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 c.p.p. in relazione alle condanne ivi indicate.

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per Cassazione P.B. chiedendone l’annullamento per i-nosservanza dell’art. 81 cpv. c.p. non avendo valutato le motivazioni delle due sentenze allegate alla istanza (sentenze 6 marzo 2009 e 16 marzo 2009 del Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, entrambe di condanna per il reato di evasione) da cui era possibile desumere la sussistenza degli indici rivelatori della unicità del disegno criminoso.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri.

3.1. – L’art. 671 c.p.p. attribuisce al giudice il potere di applicare in executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81 c.p.. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti dall’art. 671 c.p.p. (Cass., Sez. 6, 8 maggio 2000, n. 225, P.G. in proc. Mastrangelo e altri, rv. 216142). Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo.

Anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purchè siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni (Cass., Sez. 1, 20 aprile 2000, n. 1587, rv. 215937).

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per aversi unicità del disegno criminoso occorre che in esso risultino ricomprese le diverse azioni od omissioni sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nel senso che, quando si commette la prima azione, già si sono deliberate tutte le altre, come facenti parte di un tutto unico. Le singole condotte, quindi, devono essere ricollegate ad un’unica previsione, di cui i diversi reati costituiscano la concreta realizzazione, cosicchè i reati successivamente commessi devono essere delineati fin dall’inizio nelle loro connotazioni essenziali, non potendo identificarsi il requisito psicologico indicato nell’art. 81 c.p. con un generico programma delinquenziale. Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p. la "cognizione" del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumo essere "in continuazione". Le sentenze devono essere poste a raffronto per ogni utile disamina, tenendo presenti le ragioni enunciate dall’istante e fornendo del tutto esauriente valutazione. La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 1,5 novembre 2008, n. 44862, Lombardo, rv. 242098; Sez. 1, 5 novembre 2008, n. 44861, non massimata; Sez. 5, 7 maggio 1992, n. 1060, rv. 189980; Sez. 1, 7 luglio 1994, n. 2229, Caterino, rv. 198420; Sez. 1, 30 gennaio 1995, n. 05518, Montagna, rv. 200212).

3.2. – Tanto premesso, l’ordinanza impugnata è viziata di legittimità, avendo evidenziato profili erronei di valutazione delle sentenze poste in allegazione all’istanza di continuazione dal momento che ha ritenuto l’omogeneità dei reati per cui è intervenuta condanna e la contiguità temporale quali indici ugualmente non sufficienti di unicità ideativa, senza chiarirne la ragioni specifiche in relazione ai casi concreti sottoposti alla sua attenzione, indulgendo per contro ad argomentazioni generiche e apparenti che non soddisfano neppure il contenuto minimo di un provvedimento di rigetto. In sede di rinvio dovranno pertanto essere emendati gli errori valutativi che si sono tradotti in vizio di motivazione riesaminando, anche nell’ottica anzi indicata, la richiesta del ricorrente, rimediando altresì alle altre insufficienze lamentate.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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