Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 04-03-2011, n. 8760 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 4 marzo 2010, depositata in cancelleria il 28 luglio 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di G. F.G. volta a ottenere il differimento della esecuzione della pena per motivi di salute ( art. 147 c.p.) o la detenzione domiciliare per analoghi motivi ( L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter comma 1 bis).

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per Cassazione il G. rilevando mancanza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena o della concessione del beneficio della detenzione domiciliare nonchè in merito alla richiesta preliminare di perizia medica in ordine all’accertamento delle condizioni di salute del prevenuto. In particolare il Tribunale non aveva considerato che l’intervento chirurgico per l’asportazione dell’adenoma all’ipofisi non era risolutivo e che, come indicato nella documentazione allegata, il protrarsi della carcerazione costituiva un pregiudizio alla salute del richiedente, mentre il giudizio di compatibilità con il regime carcerario era stato formulato un anno dopo. Inoltre il condannato, per il suo stato di salute, necessita di continui contatti con le strutture ospedaliere.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1 – E’ noto che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, il differimento facoltativo della pena per motivi di salute può essere concesso solo se sia stata diagnosticata una "grave infermità fisica" e ricorra un serio e conclamato pericolo quoad vitam (cfr.

Cass., Sez. 1, 22 novembre 2000, n. 8936, rv. 21829, Piromalli;

Cass., Sez. 1, 24 giugno 2008, n. 27313, rv. 240877, Commisso) o venga accertata l’impossibilità di praticare utilmente in ambiente carcerario le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena.

In quest’ultimo caso poi occorre valutare se le condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative proprie della pena e con le concrete possibilità di reinserimento sociale del condannato, conseguenti all’attività rieducativa svolta, cosicchè l’espiazione della pena debba essere legittimamente differita solo se, per la natura particolarmente grave dell’infermità del condannato, l’esecuzione della pena possa ritenersi come avvenuta in aperto dispregio del diritto alla salute e del senso d’umanità, al quale deve essere improntato il trattamento dei detenuti, per le eccessive ed ingiustificate sofferenze che essa possa arrecare al condannato (cfr. Cass., Sez. 1,18 giugno 2008, n. 28555, rv. 240602; Sez. 1, 23 settembre 1996, n. 4690, rv. 205750) e le cure necessaire non siano praticabili in istituto, considerando peraltro che le eventuali situazioni acute e di crisi ben possono essere fronteggiate con il ricovero esterno, ex L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 11 (Cass., Sez. 1, 28 settembre 2005, n. 36856, rv. 232511, La Rosa).

3.2. – Ciò posto si osserva che il ricorso, largamente volto a non consentita rilettura in fatto, pur deducendo (per valutazione soggettiva) una situazione sanitaria più grave di quella accertata in atti, non invoca nè pericolo quoad vitam, nè un’effettiva incompatibilità con l’ambiente carcerario, e neppure scadimento al disotto della soglia minima di dignità umana, limitandosi a rilevare alcune difficoltà psicologiche del detenuto che, al più, investono i limiti discrezionali delle opportunità trattamentali degli operatori di Istituto.

Correttamente peraltro il giudice di merito ha dato adeguatamente conto, con motivazione immune da errori logici e giuridici, delle specifiche ragioni che hanno portato a ritenere la compatibilità delle condizioni di salute lamentata dal G. con il regime carcerario in atto ribadendo che il trattamento intra moenia non costituisce allo stato ostacolo alla sottoposizione ad adeguate cure ovvero potendo il condannato essere appoggiato eventualmente ad altre strutture facenti sempre parte dell’amministrazione penitenziaria o in luoghi esterni ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 11 peraltro di pronta fruibilità.

Il giudice di merito ha inoltre in modo del tutto condivisibile preso in considerazione la specifica qualità della patologia lamentata dal richiedente rilevando che la medesima, pur nella sua gravità, non è concretamente tale da far ritenere sussistente l’incompatibilità lamentata per l’intervenuta stabilità e la non rilevata ingravescenza.

Nella fattispecie, di poi, come implicitamente fa valere il Tribunale di Sorveglianza, il regime carcerario, per le potenzialità rappresentate dalle strutture disponibili e le conseguenti fattive possibilità di valida ed efficace terapia, in rapporto alle condizioni di salute del ricorrente delineate dai sanitari, non costituisce di per sè un fattore di aggravamento e di rischio per l’integrità fisica del malato, ritenuto peraltro che la detenzione in sè, a prescindere dalle conseguenze fisio-psicologiche tipiche della privazione della libertà, non è ragione di deterioramento dello stato di salute dell’individuo.

3.3. – Nell’ottica della documentazione avanzata è pertanto sufficientemente argomentato anche il diniego del richiesto accertamento tecnico in carenza di un profilo di concreta novità circa una eventuale recrudescenza dell’affezione lamentata che sia bisognevole di un nuovo esame, giusti i profili già indagati dal giudice. Va qui peraltro rilevato, per completezza, come il diniego di perizia, atto in sè neutro, non è censurabile per Cassazione, posta la discrezionalità sulla sufficienza dell’accertamento in fatto di cui è titolare il giudice del merito, una volta che vi sia, come verificatosi nella fattispecie, adeguata e coerente motivazione sul punto (cfr., ex pluribus, Cass., Sez. 4, 22 gennaio 2007, n. 14230, rv. 236191, Pastorelli).

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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