Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-03-2011, n. 1345 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I Sigg.ri C.D. e C.R. hanno impugnato con il rito speciale previsto dall’art.21 bis della legge n.1034/971, innanzi al Tar per il Lazio il silenzio che,a loro dire, si sarebbe formato sulla istanza inoltrata al Comune di Roma (e più volte sollecitata) volta ad ottenere l’adozione di provvedimenti repressivi (sub specie della rimozione) in relazione alla posa in opera di una canna fumaria al servizio di un locale adibito a pizzeria, nel cortile interno del condominio sito in via Cola di Rienzo n.44.

I medesimi hanno sostenuto che l’installazione di detta canna fumaria è in contrasto con la normativa urbanisticoedilizia e che pertanto il Comune è tenuto ad intervenire per reprimere con la rimozione l’abuso compiuto, ma a tale obbligo l’Amministrazione non avrebbe adempiuto.

L’adito Tar con sentenza n.10579 del 25 marzo 2010 ha accolto il ricorso ritenendolo fondato, con conseguente declaratoria dell’obbligo del Comune a provvedere, non ritenendo in particolare satisfattiva ai fini per cui è causa l’avvenuta adozione da parte dell’Amministrazione comunale di un provvedimento di sanzione pecuniaria pure assunto in relazione all’esecuzione dell’opera di che trattasi.

Il Comune di Roma ha proposto appello avverso tale sentenza, ritenendola ingiusta ed erronea.

A sostegno del proposto gravame viene dedotta la inammissibilità del ricorso introduttivo della controversia in relazione allo strumento processuale adoperato, in ragione della non configurabilità di un obbligo a provvedere, atteso che il Comune ha proceduto a censurare l’attività abusiva posta in essere con l’adozione di una sanzione pecuniaria.

Si sono costituiti in giudizio i sigg.ri C. che hanno contestato la fondatezza dell’impugnativa, chiedendone la reiezione.

Alla camera di consiglio del 1 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso, va in primo luogo disattesa la richiesta di integrazione del contraddittorio avanza ta dalla difesa dell’appellante Comune, atteso che la Società titolare dell’attività di pizzeria non riveste la qualità di soggetto controinteressato tenuto conto della natura e consistenza dell’azione giurisdizionale qui fatta valere e del fatto che in realtà detta Società semmai assume una posizione di interesse legittimo ad impugnare il provvedimento sanzionatorio che pure è stato adottato in relazione al manufatto in questione.

Ciò precisato, l’appello si appalesa fondato, risultando la sentenza del primo giudice in relazione alle statuizioni e conclusioni ivi assunte, palesemente erronea.

Il rimedio giurisdizionale previsto dall’art.21 bis della legge n.1034 del 1971 è volto esclusivamente a far accertare l’inerzia dell’Amministrazione a pronunziarsi in ordine ad una istanza a fronte della quale a carico della stessa P.A. sussista un obbligo a provvedere (cfr Cons Stato Sez.IV 14/4/2009 n.2291)

Il giudizio instaurato ai sensi e per gli effetti della norma suindicata ha portata e limiti ben definiti, avendo, in particolare unicamente ad oggetto il silenzio serbato dall’amministrazione su un una richiesta meritevole di essere esaminata e definita con una pronuncia espressa, dovendo il giudice investito della relativa cognitio, limitarsi a constatare eventualmente l’illegittimità del comportamento omissivo, con conseguente dichiarazione dell’obbligo a provvedere, senza peraltro che si possa entrare nel merito della fondatezza o meno della pretesa sostanziale sottesa all’istanza di provvedere (in tal senso, Cons Stato Sez. IV 13/1/2010 n.62).

Se così è, se cioè, il presupposto di fatto e di diritto dell’azione giurisdizionale accordata dall’art.21 bis è l’interesse sostanziale e processuale a far constatare la illegittimità del comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione su quanto richiesto, deve dedursi nella specie, alla luce delle risultanze documentali qui in rilevo, l’insussistenza della condicio juris per poter esperire lo strumento processuale di che trattasi.

Invero, i sigg.ri C. hanno chiesto nel febbraio 2009 e più volte sollecitato il Comune ad adottare misure repressive (sub specie della rimozione) in ordine alla installazione di una canna fumaria nel cortile del condominio posto al civico.44 di via Cola di Rienzo, avvenuta, a loro dire, in non conformità alla disciplina urbanisticoedilizia.

Ebbene, risulta per tabulas che il Comune ha dato riscontro a quanto denunciato e chiesto dalla parte appellante, come si evince dalla lettura degli atti assunti in relazione alle varie fasi del procedimento stesso in cui si evidenzia che l’Amministrazione comunale si è opportunamente attivata, investendo della questione la Polizia Municipale (che ha effettuato i relativi accertamenti) ed ha altresì proceduto, all’esito della relativa istruttoria, alla qualificazione dell’abuso in questione, con conseguente adozione della misura sanzionatoria ritenuta congrua,costituita dalla determinazione dirigenziale del 30 dicembre 2009 prot.n.2563 di irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art.19 della L.R. n.15/08.

Con l’adozione di tale ultimo provvedimento l’Amministrazione ha concretamente esercitato il poteredovere di determinarsi in ordine a quanto richiestole dai sigg.ri C. e in ragione di quanto espressamente e specificatamente deciso dal Comune, non appare minimamente configurabile a carico dell’Ente la mancata osservanza di quale che sia obbligo a provvedere

Nella specie, al Comune non può contestarsi di essere rimasto silente sulla richiesta diretta ad ottenere l’adozione di atti repressivi (che sono stati assunti), dovendosi qui registrare l’ulteriore significativa circostanza che la determinazione comunale di irrogazione della sanzione è intervenuta prima dell’insaturazione del giudizio de quo, per cui a tale data si era già inverato un esplicito e preciso riscontro alla richiesta dei sigg.ri C.

Sul punto, il TAR ha osservato che l’adozione del provvedimento sanzionatorio non avrebbe esaurito il dovere dell’Amministrazione di pronunciarsi sull’istanza, ma un tale rilievo appare erroneo, atteso che,come sopra osservato, in relazione alla portata (e ai limiti) dello strumento processuale qui attivato, il Comune risulta aver in concreto adempiuto (a mezzo della determinazione dirigenziale del 30/12/2009) all’onere di assunzione di una espressa pronuncia imposto dall’art.2 della legge n.241/90.

L’appello, in quanto fondato, va, dunque, accolto.

Le spese e competenze del doppio grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo Accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 2.000,00 (duemila) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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