Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 04-03-2011, n. 8699 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza del 23.03.2004, dichiarava: M.S. e D.B.:

Responsabili, in concorso tra loro dei delitti di: violenza sessuale, rapina aggravata e lesioni personali in danno di B.E. e, al termine del giudizio, li condannava alla pena indicata in sentenza;

Gli imputati impugnavano la decisione e la Corte di appello di Salerno, con sentenza del 26.05.2008, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere relativamente al reato di lesioni perchè estinto per prescrizione e, ritenuta la continuazione per i restanti reati, concesse al solo D. le attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle aggravanti, rideterminava la pena, per il M. in anni 5 mesi 10 di reclusione ed Euro 1.900 di multa e, per il D. in anni 4 di reclusione; confermava nel resto;

Ricorrono per Cassazione gli imputati deducendo:

M.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e);

Il ricorrente censura la sentenza impugnata:

a)- per illogicità della motivazione nella parte in cui, pur prendendo atto della circostanza che il dott. D.P. che ebbe a visitare la B. nell’immediatezza dei fatti non ebbe a riscontrare lesioni sul corpo della donna, anzichè trame le dovute conseguenze ed assolvere l’imputato con formula piena dall’imputazione di lesioni ha, contraddittoriamente, pronunciato il proscioglimento per prescrizione del reato;

b)- per illogicità della motivazione, attribuendo attendibilità alla parte offesa nonostante che le dichiarazioni della medesima fossero state smentite dai fatti accertati; in particolare:

– la denuncia di lesioni inesistenti;

– l’avere indicato il luogo del reato nei pressi del campo sportivo di (OMISSIS) mentre il fatto era accaduto altrove, in agro di (OMISSIS);

– la sentenza era illogica anche per non avere spiegato per quale motivo la donna che accompagnava la parte offesa, tale I. P., non avrebbe subito la violenza sessuale e la rapina;

c)- per illogicità della motivazione anche nella parte in cui aveva negato l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, affermando che erano incerti l’"an" ed il "quantum" del risarcimento senza, contraddittoriamente, procedere all’integrazione istruttoria per accertare tali circostanze;

D.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

Il ricorrente censura la sentenza impugnata:

a) – per avere proceduto al calcolo della pena in violazione del divieto di "refomatio in peius";

violazione che si sarebbe verificata allorchè la Corte di appello, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, ha ridotto la pena base di 1/3 ma non ha proceduto all’ulteriore riduzione di mesi 2 di reclusione, comminati in primo grado per il reato di lesioni poi estinto per prescrizione;

b) – per avere considerato più grave il reato di violenza sessuale anzichè quello di rapina, come ritenuto in primo grado;

c) – per difetto di motivazione, non essendo sufficiente il generico richiamo alla motivazione di primo grado, specie in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., attenuante che andava ritenuta per il modesto contributo del D. alla consumazione dei reati contestati;

d) – per non avere applicato l’ipotesi di cui all’art. 448 c.p.p., irrogando la pena come proposta dall’imputato nel giudizio di primo grado ex art. 444 c.p.p.;

– per non avere riconosciuto la diminuente di cui all’art. 116 c.p.p..
Motivi della decisione

I motivi proposti sono del tutto infondati.

Non vi è illogicità della motivazione riguardo all’applicazione della prescrizione per il reato di lesioni, atteso che la Corte di appello sottolinea l’esistenza dello stato confusionale in cui versava la parte offesa, per come riscontrato dal maresciallo A. e confermato dal dr. D.P.; da tale dato la sentenza ricava la prova di un danno psichico che, come è noto, può integrare il concetto di malattia e quindi il reato di lesioni.

Si è infatti ritenuto che il reato di lesioni personali volontarie ( art. 582 c.p.) costituisce un delitto d’evento a forma libera – finanche omissiva – sicchè può essere commesso con qualunque mezzo idoneo e anche con una condotta priva di violenza fisica, viceversa necessaria, nei termini di una violenta manomissione dell’altrui persona fisica, per integrare il reato di percosse di cui all’art. 581 c.p. (Da queste premesse, è stato ritenuto configurare il reato di lesioni una condotta, pur sostanziatasi in un’aggressione soltanto verbale, per effetto della quale, peraltro, la persona offesa aveva subito un disturbo della sfera psichica, nella forma di vertigini, palpitazioni e stato ansioso; disturbo che la Corte ha ritenuto rientrare nella nozione di malattia "nella mente" presa in considerazione dall’art. 582 c.p. (Cassazione penale, sez. 5, 22/06/2006, n. 25033).

In presenza di tale elemento di prova la Corte non ha proceduto all’assoluzione dell’imputato e, del tutto correttamente, ha dichiarato l’estinzione del reato di lesioni per prescrizione.

Ne deriva l’infondatezza del motivo con il quale si deduce l’illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto la violenza sessuale atteso che anche la violenza psichica integra appieno l’elemento materiale del reato in esame. Invero, il delitto di violenza sessuale è configurabile anche nel caso in cui si eserciti violenza o minaccia per costringere una prostituta a consumare un rapporto sessuale non consensuale, in quanto il principio di libera autodeterminazione della sfera sessuale trova applicazione anche nei suoi confronti, attenendo all’esclusiva disponibilità di quest’ultima la vendita del proprio corpo.

(Cassazione penale, sez. 3, 08/04/2010, n. 19732).

Parimenti infondato è il motivo con il quale si censura la sentenza per avere conferito attendibilità alla parte offesa, atteso che la Corte di appello, pur richiamando integralmente la motivazione di primo grado, non si sottrae all’obbligo motivazionale, individuando in maniera chiara le ragioni di attendibilità della B. e della I. consistenti:

– sotto il profilo intrinseco – nell’avere le medesime provveduto ad immediata denuncia e nell’essere apparse molto scosse psicologicamente al maresciallo A. ed al dott. D.P.;

e:

– sotto il profilo estrinseco, nel riscontro offerto dagli accadimenti successivi ai fatti, pienamente conformi alle dichiarazioni rese, quali: – il rinvenimento nell’autovettura del M. del cacciavite da esse descritto;

– le parziali ammissioni del medesimo riguardo all’incontro con le due donne;

– la confessione del D..

Nel caso di sentenze di primo e secondo grado che concordino nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della statuizione di responsabilità (la c.d. doppia conforme), l’ambito della necessaria autonoma motivazione del giudice d’appello risulta correlato alla qualità e alla consistenza delle censure rivolte dall’appellante. Cassazione penale. sez. 4, 12 giugno 2008, n. 35319.

Parimenti infondati sono i motivi relativi al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante del risarcimento del danno, atteso che: – le prime – sono state negate implicitamente attraverso i riferimenti alla negativa personalità dell’imputato e – la seconda – è stata negata con corretta motivazione attraverso il richiamo al principio per il quale il risarcimento del danno deve essere integrale e comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, ivi compreso il danno morale cagionato alla parte lesa dal reo per ciascuno dei reati commessi;

la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione – come nella specie – ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa. (Cassazione penale, sez. 1, 29/09/1994).

Nè può esservi obbligo di rinnovazione dell’istruzione, attese le limitazioni esistenti al riguardo nella fase di appello ed atteso che, in materia, la prova incombe all’imputato che invoca l’attenuante (Cass. Pen. Sez. 4, 05.03.1984).

Anche i motivi proposti dal D. sono del tutto infondati;

invero, quanto all’aumento della pena in continuazione, la censura proposta trascura di considerare che la Corte di appello, pur non facendone espressa menzione, ha escluso la pena per le lesioni dal calcolo ex art. 81 c.p.; invero, nel giudizio di primo grado la pena complessiva è stata irrogata nella misura di anni 6 di reclusione mentre in quello di appello la pena complessiva è stata irrogata nella misura di anni 4 di reclusione, sicchè la sanzione è stata ampiamente ridotta senza violazione del divieto della "reformatio in peius" nemmeno nei passaggi intermedi;

il ricorrente trascura inoltre di considerare che a seguito del riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, la rapina va considerata nella forma semplice, punita con pena inferiore a quella della violenza sessuale, sicchè correttamente la sentenza impugnata ha individuato quest’ultimo reato come il più grave;

il ricorrente propone solo in questa fase i motivi sul mancato riconoscimento della diminuente ex art. 116 c.p. e sulla mancata applicazione della pena ex artt. 444 e 448 c.p.p., sicchè la censura non proposta nei motivi di appello risulta inammissibile in sede di legittimità;

per completezza di motivazione, va sottolineato che la Corte di appello ha negato la ricorrenza dell’ipotesi attenuata ex art. 609 c.p., comma 3, ritenendo la gravità del fatto, sicchè vi è motivazione implicita:

– sia riguardo alla possibilità di applicare la pena ex art. 448 c.p.p. e:

– sia riguardo alla mancata ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 116 c.p. essendo descritta nella motivazione la piena partecipazione del D. alla violenza sessuale;

invero, anche riguardo all’attenuante ex art. 114 c.p., la sentenza impugnata motiva implicitamente il diniego, sottolineando, contrariamente all’assunto difensivo:

– sia la piena partecipazione del D. alla violenza sessuale compiuta dal M., atteso che il primo provvide a trascinare "fuori della vettura la I. e trattenendola così da consentire le violenze sulla B.";

– sia la piena partecipazione del D. alla rapina avendo provveduto "a frugare e a trovare negli stivali della B. una parte cospicua del bottino";

si tratta di una motivazione che, attraverso la gravità dei fatti e della condotta, descrive implicitamente le ragioni del rigetto di tutte le istanze rivolte alla applicazione delle attenuanti e di una pena inferiore.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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