Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 04-03-2011, n. 8698

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GUP presso il Tribunale di Monza, con sentenza del 30.03.2001, giudicava:

C.R. – O.R. – C.G. -;

Perchè imputati:

A) – del reato di cui all’art. 416 c.p. per avere costituito un’associazione per delinquere – il C. quale promotore, gli altri quali costitutari – finalizzata alla consumazione di una serie di reati-fine, quali: – truffe in danno dell’Erario, e frodi fiscali;

nonchè dei reati fine, ascritti ai capi:

B) – truffe ex art. 640 c.p., comma 2 con grave danno per l’Erario pari ad imposta sottratta complessivamente per l’importo di L. 27.440.737.005;

C)- frodi fiscali, ex L. n. 516 del 1982, art. 4 lett. i) d) f), commessi con varie modalità ma sostanzialmente con l’attività di "cartiera" mediante l’emissione e l’utilizzazione di fatture per operazioni fittizie;

fatti relativi agli anni (OMISSIS);

ed, al termine del giudizio, condotto con il rito abbreviato, li condannava alla pena indicata in sentenza.

Gli imputati proponevano impugnazione avverso tale decisione e la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 16.10.2007, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in ordine ai reati di truffa e frode fiscale di cui ai capi B) e C) e per il Ca. anche in ordine al reato di cui al capo A) (ritenuta la figura di compartecipe) perchè si trattava di reati estinti per prescrizione;

la stessa Corte di appello, confermava la responsabilità degli imputati C. e O. per il reato di associazione per delinquere, contestato al capo A) e rideterminava le pene inflitte in quelle di: anni 2 di reclusione per C. e di anni 1 e mesi 8 di reclusione per O.; confermava inoltre, tra l’altro, il provvedimento di confisca delle somme in sequestro e di un immobile sito in (OMISSIS).

Ricorrono per Cassazione gli imputati C.R. e O. R., deducendo:

C.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

Il ricorrente censura la decisione impugnata:

– per omessa motivazione e violazione di legge in ordine alla valutazione della prova, atteso che la sentenza di 2^ grado non avrebbe considerato l’assenza degli estremi dell’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, in quanto gli imputati avevano concorso alla commissione di una serie di singoli reati fiscali, mediante un consolidato e sempre uguale meccanismo, privo però di vincolo associativo;

– per omessa e contraddittoria motivazione riguardo alla confisca, avendo erroneamente ritenuto che la disponibilità delle somme necessarie per l’acquisto del bene da confiscare fosse successiva all’inizio dell’attività criminosa; il ricorrente osserva che, al contrario, all’atto del preliminare di acquisto non era ancora sorta l’associazione criminale e il prezzo pagato non era quindi provento di reato;

O.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

Il ricorrente censura la decisione impugnata:

– per omessa motivazione, in quanto la Corte territoriale avrebbe ripetuto tutti gli argomenti già esposti nella sentenza del Tribunale, senza rispondere alle censure sollevate nei motivi di appello;

– per illogica motivazione in relazione alla ritenuta associazione per delinquere, atteso che nella specie mancavano gli estremi:

a) – di un vincolo stabile e duraturo, perchè l’attività fraudolenta si sarebbe esaurita con il raggiungimento dello scopo del ripianamento della perdita sofferta dalla società TVS spa;

b) – dell’indeterminatezza dei reati-fine, attesa la ripetitività delle condotte attuate;

c) – di una struttura organizzativa stabile;

– per omessa motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, omissione tanto più grave in presenza di una pena non determinata nel minimo edittale;

– inoltre il ricorrente O. doveva ritenersi un mero associato, sicchè il reato era prescritto;

CHIEDONO pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Va preliminarmente osservato che il ricorrente ha fatto pervenire istanza di rinvio dell’odierna discussione, da ritenersi inammissibile, sia per difetto dei presupposti e sia perchè pervenuta in udienza dopo la chiusura della discussione del ricorso.

I motivi sollevati dai ricorrenti riguardo alla ricorrenza del delitto associativo sono totalmente infondati, proponendo una rivalutazione degli elementi di fatto, inammissibile in questa sede.

Invero i ricorrenti propongono interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni degli elementi acquisiti, che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La Corte territoriale ha congruamente motivato, osservando che nella specie erano emersi tutti i parametri dell’associazione per delinquere, costituiti:

a) – dalla permanenza nella collaborazione illecita, resa palese dalla strutturazione di "schermi societari" apparentemente diversi tra loro ma facenti capo "per lo più ai medesimi soggetti, quanto a quelle italiane, ed a soggetti neppure identificabili quanto ad alcune società estere";

b) – dal numero indeterminato di reati preordinati e consumati di truffe, frodi ed evasioni fiscali, consumate a mezzo di fatturazioni per operazioni inesistenti;

c) – dal carattere di stabilità del sodalizio, reso evidente dalla prosecuzione dello stesso anche dopo l’intervento della Guardia di Finanza di Lecco;

d) – dalla divisione dei compiti, per come emergeva dalla costituzione di società e dalla partecipazione di ognuno "agli utili";

– quanto alla posizione apicale di O. la sentenza ne segnala il ruolo (reso manifesto dal tenore della stessa contestazione) di "amministratore di diritto della TVS spa" nonchè "gestore di fatto" delle società "cartiera" (capo A);

Si tratta di una motivazione ineccepibile, sia perchè fondata su precise e specifiche valutazioni degli elementi di fatti acquisiti al processo e sia perchè del tutto conforme allo schema del reato di associazione per delinquere delineato dalla Giurisprudenza di legittimità.

Le valutazioni alternative offerte nei motivi degli elementi evidenziati dalla Corte di appello sono inammissibili in questa sede, atteso che in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale. sez. 4, 29 gennaio 2007. n. 12255.

Parimenti infondato risulta il vizio sollevato in relazione alla ripetizione delle argomentazioni contenute nella decisione di primo grado, atteso, da una parte, che nel giudizio di appello, è consentita la motivazione "per relationem", con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso;

Cassazione penale, sez. 4, 17 settembre 2008, n. 38824 e, dall’altra che laddove i motivi di appello riproducono le stesse argomentazioni e deduzioni sollevate in primo grado, ed ove la Corte concordi con la motivazione del primo giudice, non è necessario procedere ad una nuova e completa motivazione, a meno che non si ritenga di esaminare o rivalutazione argomenti non considerati dal primo giudice, cosa che non è avvenuta nella specie, ovvero a mano che la Difesa abbia proposto argomenti e deduzioni nuove, non esaminate dal primo giudice, cosa che non è avvenuta nella specie.

Totalmente infondato risulta anche il motivo relativo al trattamento sanzionatorio, atteso che nella specie sono state irrogate pene assai vicine ai minimi edittali, ulteriormente ridotte per le attenuanti e per la diminuente del rito, sicchè la Corte territoriale non era tenuta ad una ampia motivazione, essendo sufficiente il richiamo alla motivazione di primo grado, ed alla congruità delle pene, atteso anche il richiamo alla "complessiva personalità" degli imputati e alla gravità del fatto. (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).

Ugualmente infondato risulta l’ultimo motivo, relativo alla disposta confisca, atteso che, al riguardo, la Corte di appello evidenzia la carenza di prova in ordine al momento dell’acquisto del bene rispetto all’inizio del sodalizio criminale, solo per confutare una delle tesi difensive, ma procede oltre nella motivazione sulla confisca, richiamando legittimamente gli argomenti della sentenza di primo grado e segnala, in particolare, "l’inequivoco significato delle intercettazioni ambientali e le dichiarazioni del P." a chiarimento dell’epoca dell’acquisto;

si tratta in tutta evidenza di valutazioni delle prove che, ove sorrette da adeguata motivazione, come nella specie, risultano incensurabili in sede di ricorso di legittimità.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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