Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 04-03-2011, n. 8770 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza pronunciata in data 21 maggio 2009, decidendo in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi il 12 aprile 1999, riconosceva a tutti gli imputati circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 c.p., n. 6, prevalenti sulle contestate aggravanti, riducendo la pena inflitta a P.C.A. ed E.A.E., ad anni due e mesi due di reclusione, eliminata la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

1. L’imputato P. ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento agli artt. 163 e 164 c.p. e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente applicato il disposto degli artt. 163 e 164 c.p., rifiutando la concessione della sospensione condizionale della pena. Il giudici avrebbero considerato i precedenti penali del ricorrente alla data della pronuncia della sentenza (21 maggio 2009), ovvero al momento della celebrazione del giudizio di rinvio disposto dalla Suprema Corte, mentre avrebbero dovuto verificare l’esistenza di precedenti condanne a carico del P. al momento della pronuncia della prima sentenza del Tribunale di Brindisi risalente al 1999. A quella data il P. era ancora incensurato e quindi i giudici avrebbero dovuto concedere il beneficio richiesto, salvo successiva revoca dello stesso. Quanto meno il momento da considerare sarebbe stato quello del passaggio in giudicato parziale della sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità. Se non si ritenesse intervenuta una formazione progressiva di giudicato, i termini di prescrizione risulterebbero decorsi.

2. Anche l’imputato E. ha proposto ricorso per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. C, in relazione all’art. 178 c.p.p.).

La Corte Territoriale sarebbe incorsa nella inosservanza dell’art. 178 c.p.p., lett. e), in quanto al difensore non è stato notificato il decreto di citazione a giudizio in grado di appello per l’udienza del 17 marzo 2009, nonchè il successivo decreto di differimento dell’udienza al 21 maggio 2009, anche se tale difensore risultava nominato sin dall’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare (agosto 1995), senza essere stato mai revocato, mentre in occasione della presentazione del precedente ricorso per Cassazione era stata aggiunta la nomina di altro difensore cassazionista, l’avv. Luigi Castrignanò, perchè l’Avv. Gianfrancesco Castignano, difensore sin dall’inizio delle indagini, non era ancora abilitato al patrocinio innanzi alle Magistrature Superiori. Tale omissione comporterebbe nullità assoluta del giudizio di rinvio con ogni conseguenza per gli atti successivi.

3. E’ stata poi censurata l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e difetto e manifesta illogicità della motivazione ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in ordine alla riduzione della pena, in quanto il giudice a quo per effetto del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, ha dapprima effettuato la riduzione di un terzo per il risarcimento del danno, poi un’ulteriore riduzione per le generiche inferiore ad un terzo (limitandosi a ridurre la pena fino ad anni uno e mesi dieci di reclusione). Tale riduzione sarebbe illogica e la motivazione sul punto mancante. La riduzione dell’intero terzo anche in riferimento alle generiche, con un modesto aumento ex art. 81 c.p., avrebbe consentito di concedere al ricorrente la sospensione condizionale della pena, come avvenuto anche per altri coimputati.
Motivi della decisione

I ricorsi sono manifestamente infondati.

Va premesso che la sentenza impugnata è stata emessa nel giudizio di rinvio a seguito di giudizio di legittimità che ha annullato la precedente decisione di secondo grado, limitatamente al trattamento sanzionatorio, in quanto il giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti era stato ritenuto errato e tale errore aveva avuto incidenza sia sulla dosimetria della pena che sulla possibilità di riconoscere i benefici. Tale pronuncia (Sez. 4, sentenza n. 1148 dell’11 luglio 2007, dep. 14 ottobre 2007, non mass.) ha stabilito il principio di diritto che il giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti e quelle aggravanti, essendo unitario ed inscindibile, debba essere effettuato nello stesso modo in riferimento a tutte le circostanze aggravanti, contestate e accertate, e a tutte le circostanze attenuanti riconosciute. Il giudice del rinvio si è attenuto puntualmente al citato principio e ha rideterminato le pene, valutando anche la concessione dei benefici per gli otto imputati del procedimento.

1. Quanto al motivo di ricorso avanzato da P., va osservato che, come è noto, il diniego del beneficio di cui all’art. 163 c.p. si fonda sostanzialmente su un giudizio prognostico sul futuro comportamento dell’imputato. Un giudizio di questo tipo, anche se è strutturalmente diverso da quello posto a fondamento, ad esempio, del riconoscimento delle attenuanti generiche – le quali rispondono all’esigenza di commisurare adeguatamente la pena (in tal senso, Sez. 1, n. 6603 del 12/2/2008, P.G. in proc. Stumpo, Rv. 239131) – deve essere operato dal giudice di merito chiamato a determinare il trattamento sanzionatorio con riferimento al momento di tale valutazione e non già in una prospettiva per così dire "a ritroso", come asserito dal ricorrente, ossia ipotizzando quale sarebbe potuta essere la prognosi al momento della perpetrazione dell’episodio delittuoso.

La sentenza impugnata è immune da ogni censura, posto che ha fornito congrua motivazione delle ragioni per le quali l’imputato non possa vedersi riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, collegandole ai precedenti penali. Poco importa che tali precedenti non fossero ancora cristallizzati nella loro definitività al momento del fatto, perchè comunque è principio affermato in giurisprudenza che il giudice può fondare, anche in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo, circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati, sulla capacità a delinquere dell’imputato desumendo la stessa anche solo dai precedenti giudiziari, sebbene non definitivi (Sez. 3, n. 9915 del 12/11/2009 Ud. (dep. 11/03/2010 ) Rv. 246250) e non è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi dell’art. 133 c.p., ma solo quelli che considera prevalenti (cfr. Sez. 3 n. 6641 del 18/2/2010, Miranda, Rv. 246184). E’ stato inoltre affermato che il giudice può trarre il proprio convincimento anche considerando i precedenti di polizia (sez.2, n. 18189. Secondo del 13/5/2010, Vaglietti e altri, Rv 247469).

2. Quanto ai motivi di ricorso proposti dall’imputato E., gli stessi sono parimenti manifestamente infondati.

Per quel che riguarda la pretesa nullità della notificazione al difensore per l’udienza del 17 marzo 2009 del giudizio di rinvio, poi rinviata d’ufficio con ulteriori avvisi a quella del 21 maggio 2009, risulta agli atti che la citazione fu notificata all’avvocato Luigi Castrignano difensore del ricorrente che ebbe a redigere il precedente ricorso per Cassazione e al quale furono dati gli avvisi dell’udienza del giudizio di legittimità celebrato innanzi alla Quarta Sezione. Proprio all’udienza del primo giudizio di Cassazione dell’11 luglio 2007, risulta depositata la nomina, quale difensore di fiducia munito di procura speciale, dell’Avv. Granfrancesco Castrignanò, il quale partecipò a tale udienza, rassegnando le proprie conclusioni. Peraltro l’incarico all’avv. Luigi Castrignanò non fu mai revocato.

E’ inoltre corretto, a fini di completezza, precisare che dagli atti del giudizio i due legali risultano domiciliati al medesimo indirizzo, sito in (OMISSIS), ove l’avv. Gianfrancesco Castrignano, ha ritualmente avuto notifica dell’udienza pubblica di questo giudizio.

Effettivamente, come posto in evidenza nel ricorso, la Corte di appello, giudice del rinvio, ebbe a notificare la citazione per l’udienza del 17 marzo 2009 e poi del 21 maggio 2009, solamente ad uno dei due legali nominati, ossia all’avv. Luigi Castrignano, con consegna a mani dello stesso. Questa omessa notifica dell’avviso dell’udienza del giudizio di appello ad uno dei due difensori nominati comporta certamente una nullità, che deve essere qualificata quale nullità a regime intermedio, in quanto si verifica negli atti preliminari e non nel giudizio. Tale nullità risulta sanata nel caso in cui non siano presenti all’udienza nè l’imputato, nè i difensori di fiducia e sia stato nominato un difensore di ufficio che – rappresentando a tutti gli effetti l’imputato – non l’abbia eccepita tempestivamente (in tal senso, specificamente, Sez. 5, n. 4940 del A/2/2009, Camera, Rv.243158, orientamento giurisprudenziale in linea con la decisione S.U. n. 39060 dell’8/10/2009, Aprea, Rv. 244188).

Nel caso di specie si è proprio verificata tale situazione, in quanto all’udienza di trattazione del giudizio di rinvio non erano presenti nè l’imputato, nè nessuno dei due difensori, mentre quello nominato di ufficio nulla osservò sul punto, neppure in sede di conclusioni. Per cui la mancata tempestiva eccezione ha consentito di sanare la menzionata nullità. 3. Quanto alla censura del ricorrente E., in quanto avrebbe avuto riconosciuta, a seguito del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, una riduzione di pena inferiore, rispetto alla misura massima di un terzo, è principio già affermato in giurisprudenza che non è ravvisabile alcun vizio di contraddittorietà della motivazione nel caso in cui il giudice, pur ritenendo la prevalenza della attenuanti generiche in sede di giudizio di bilanciamento, non operi la riduzione di pena nella massima misura possibile (in tal senso, Sez. 3, n. 13210 dell’ 8/4/2010, Puzzo, Rv. 246820).

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende nella misura di Euro 1.000.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *