Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-03-2011, n. 1326 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. P.F., maresciallo maggiore della Guardia di Finanza in congedo era destinatario di una querela, poi rimessa, per il reato di furto, in relazione ad un episodio accaduto il 20 aprile 2000 che lo avrebbe visto autore di una sottrazione di merce per il valore di lire 50.000 in un supermercato di San Donà di Piave.

Il predetto veniva quindi sottoposto procedimento disciplinare e giudicato dall’apposita commissione di disciplina non meritevole di conservare il grado e a ciò faceva seguito la determinazione n.201518 del 7 giugno 2002 del Comandante Generale della Guardia di Finanza che irrogava al P. la sanzione della perdita del grado per rimozione.

L’interessato impugnava innanzi al TAR per il Veneto il suindicato provvedimento, deducendone la illegittimità per eccesso di potere sotto vari profili e per violazione della normativa disciplinante la materia.

L’adito TAR con sentenza n.6198/02 accoglieva il ricorso, ritenendolo, in particolare fondato in relazione al terzo motivo d’impugnazione con cui erano state dedotti i vizi di carenza di istruttoria e di violazione del principio della proporzionalità e gradualità della sanzione rispetto alla violazione commessa.

Il Ministero dell’Economia e Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza – ha impugnato tale sentenza, ritenendola erronea ed illegittima nelle osservazioni e prese conclusioni.

A sostegno del proposto gravame l’ appellante ha dedotto con un unico, articolato motivo, la carenza motivazionale e l’erroneità della sentenza, lì dove l’Amministrazione, diversamente da quanto statuito del primo giudice avrebbe compiutamente individuato la responsabilità disciplinare del P. e correttamente irrogata una sanzione del tutto proporzionata all’addebito contestato al militare.

Si è originariamente costituito in giudizio il sig. P.F..

Successivamente, a seguito di interruzione del giudizio in ragione dell’avvenuto decesso dell’appellato, l’Amministrazione, con apposito atto, ha riassunto il processo nei confronti degli eredi Cibin Laura, P. Mario e P.F..

All’udienza del 16 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello si appalesa infondato e va, perciò, respinto.

La controversia trae origine da un episodio già accennato in punto di fatto in cui al P., sottufficiale in congedo della G.d.F. veniva contestato il furto di alcuni prodotti di profumeria per un valore di modica entità (50.000 lire) e in tale condotta l’Amministrazione militare ha ravvisato gli estremi di un illecito disciplinare sanzionabile ai sensi dell’art.60 della legge con l’adozione di un provvedimento di espulsione, per essere, in particolare il sottufficiale, con tale condotta, venuto meno ai doveri di fedeltà, lealtà e correttezza assunti col giuramento.

Ritiene il Collegio che il provvedimento espulsivo sia illegittimo perché non correttamente calibrato sul grado di consistenza della gravità della condotta imputata al P., rivelandosi, in particolare la sanzione apicale del tutto sproporzionata

La Sezione ha già avuto modo in vicende connotate da notevoli analogie con i fatti qui in rilievo (imputazione di furto o tentato furto, mancanza di recidiva, anzianità di servizio del militare) di affermare l’applicabilità in tema di destituzione dal servizio del principio della proporzionalità della sanzione in relazione a fatti per i quali è addirittura intervenuta una sentenza di condanna, cosa, questa, nella specie, peraltro, non verificatasi (cfr 21 agosto 2009 2009; idem 16 ottobre 6353) e al riguardo il Collegio non può non ribadire anche per la fattispecie all’esame il preso orientamento.

In particolare, appare pienamente condivisibile l’avviso pure espresso sempre da questa Sezione, con precipuo riferimento all’adozione della sanzione per rimozione di un appartenente alla Guardia di Finanza, che la proporzione fra addebito e sanzione costituisce principio espressivo di civiltà giuridica (decisioni 10 maggio 2007 n.2189; e 18 febbraio 2010 n.939), per cui la sproporzione della relativa sanzione comporta la violazione del principio di ragionevolezza e, appunto, di gradualità della stessa.

Ciò precisato in linea generale, vale in primo luogo osservare come in ordine alla vicenda che ha dato l’abbrivio alla controversia esiste qualche ragionevole dubbio circa il comportamento materiale tenuto dal P., quanto alla configurazione fisiologica dell’evento posto a fondamento dell’addebito mossogli, non risultando, in particolare, acclarati in maniera certa ed inequivocabile i fatti addebitati al sottufficiale, così come evincibile dalla descrizione alquanto incerta recata dalla documentazione complessivamente versata in giudizio e non v’è dubbio che tale circostanza di per sé avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione procedente ad una maggiore cautela in ordine alla valutazione e graduazione di una responsabilità non emergente con assoluta chiarezza.

Ma anche a voler dare per scontato il compimento dei fatti contestati all’appellato, non convince la conclusione cui è pervenuta l’Amministrazione militare in ordine alla misura sanzionatoria di massimo grado (l’espulsione dal Corpo) applicata al sottufficiale, lì dove in sede di commisurazione della sanzione non si è tenuto conto della lievità del fatto ascritto o comunque della sua non eccessiva gravità oltrechè delle altre circostanze attenuanti pure sussistenti nella specie che imponevano l’osservanza di un criterio di proporzionalità che ove applicato avrebbe scongiurato l’irrogazione della più rigorosa delle sanzioni disciplinari.

Vero è che l’atto di illecito impossessamento commesso dal P. appare vieppiù censurabile in ragione dello status rivestito dall’incolpato ed è certamente meritevole di un giudizio di disvalore, ma in termini di sanzionabilità disciplinare di tale comportamento non pare che si possa procedere secondo un criterio di automatismo per cui il furto o tentato furto addebitato debba essere necessariamente riconducibile ad una mancanza cui corrisponde la più rigorosa delle misure afflittive, quella dell’espulsione dal Corpo, senza così (illegittimamente) tener conto di elementi e circostanze che indubbiamente militano per una attenuazione della colpa del militare

Invero, il lungo servizio prestato nel Corpo (senza incorrere in altre sanzioni), lo stato di congedo in cui il P. si trovava al momento dell’episodio che vale ad attenuare gli effetti ambientali di tipo negativo che solitamente si producono invece per coloro che sono in servizio attivo e, perché no? la tenuità anche economica connessa al fatto compiuto sono tutte circostanze che pur non escludendo una violazione dei doveri comportamentali derivanti dallo status di militare della Guardia di finanza, non pare giustifichino l’adozione di una misura sanzionatoria come quella assunta nei confronti dell’appellato.

D’altra parte che in queste circostanze si debba osservare un principio di proporzionalità e gradualità della " pena" è confermato dal fatto che, come acutamente osservato dal primo giudice, la stessa legge n.599 del 1954 prevede sanzioni di stato di minore entità, come la sospensione disciplinare dalle attribuzioni del grado., peraltro riferita specificatamente ai sottufficiali in congedo ex art.63 e che altro non è che la traduzione concreta del principio della graduazione della responsabilità e connessa proporzionata sanzione

Un’ultima osservazione non appare peregrina: al di là della necessità di applicare la sanzione secondo un criterio di proporzionalità, nella specie la perdita del grado per rimozione appare contrastare con il principio altrettanto sacrosanto della giustizia sostanziale e della ragionevolezza cui pure l’attività amministrativa deve ispirarsi, non potendosi, in particolare, qui legittimamente giustificare, in relazione alla circostanze di fatto e alla personalità dell’incolpato, una misura disciplinare contrassegnata da un eccessivo, sproporzionato ed ingiusto rigore.

La sentenza impugnata, è appena il caso di dirlo, ha avuto cura di mettere in evidenza gli anzidetti profili di illegittimità dell’irrogata sanzione e le statuizioni e conclusioni del TAR meritano integrale conferma, dal momento che non risultano scalfite dalle critiche formulate dall’Amministrazione delle Finanze col proposto gravame.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Spese e competenze del presente grado del giudizio compensate tra le parti..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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