CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE – SENTENZA 16 febbraio 2010, n.6351. IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE NON PUO’ PRESCINDERE DALLO STATO DI TOSSICODIPENDENZA QUANDO DEVE VALUTARE SE APPLICARE LA CONTINUAZIONE.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

1. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari, in composizione monocratica ed in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 10 luglio 2009, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione a 3 sentenze di condanna pronunciate dal Tribunale di Bari e dal Gup del medesimo Tribunale in relazione a condotte riconducibili al reato di furto aggravato, propone ricorso per cassazione D.F., personalmente, denunciando violazione degli artt. 671 e 81 c.p. e contraddittorietà ovvero mancanza della motivazione.

Lamenta, in particolare, il ricorrente che il giudice del merito non avrebbe in alcun modo considerato nel suo provvedimento di rigetto lo stato di tossicodipendenza denunciato e comprovato documentalmente nella istanza di prime cure, con ciò violando il disposto di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, come modificato con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, chiedendo il rigetto della doglianza.

2. Il ricorso è fondato.

2.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1^, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1^, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzichè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve, di regola, essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.

Quanto poi, in particolare, all’evocato stato di tossicodipendenza ed alla modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, ha il giudice di legittimità opportunamente chiarito che l’innovazione legislativa deve essere interpretata alla luce della volontà del legislatore che ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale "status" può essere preso in esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza, sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Cass. pen., Sez. 1^, 14/02/2007, n. 7190).

2.2 Tanto premesso sul piano dei principi, osserva la Corte che non può non rilevarsi una grave omissione motivazionale nel provvedimento impugnato.

Ed invero, ancorchè con motivazione certamente non esemplare, di assai ardua comprensione grafica e nell’ambito di un provvedimento nel quale non risulta riportato nel verbale dell’udienza in camera di consiglio in calce al quale è stato redatto il provvedimento in esame neppure la composizione identificativa dell’autorità giudicante, il G.E. ha comunque richiamato criteri giurisprudenziali legittimamente giustificativi dell’impugnato rigetto, quali la distanza tra le condotte e la loro consumazione con persone diverse (errato è invece il riferimento alle località diverse, giacchè locus commissi delicti in tutte le pronunce considerate è la città di Bari).

Il giudicante ha però del tutto omesso di considerare nella sua motivazione, che per questo va considerata sul punto viziata per omissione e violazione di legge, il dedotto stato di tossicodipendenza dell’istante, il quale, come già precisato, non può essere assunto come status di per sè idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda, ma in relazione al quale v’è comunque in capo all’autorità giudicante un obbligo di motivazione circa le ragioni della sua positiva, ovvero negativa ovvero mancata valutazione ai fini dell’invocato beneficio.

L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Bari affinchè interpretati la disciplina novellatrice dell’art. 671 c.p., comma 1, valutando lo stato di tossicodipendenza dell’istante fra gli elementi da utilizzare per la decisione.

P.Q.M.

La Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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