Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-03-2011, n. 1312 espropiazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società L. chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso per l’annullamento degli atti relativi al procedimento ablativo di terreni di sua proprietà, preordinato alla realizzazione di opere relative all’interramento ferroviario della tratta T2, lotto 2, della linea ferroviaria SaronnoMalpensa, nei comuni di Castellanza e Busto Arsizio.

In particolare, con il ricorso e i successivi motivi aggiunti la società chiedeva l’annullamento del decreto ministeriale 15 ottobre 2001 recante approvazione del progetto definitivo dell’intervento e del piano particellare, del decreto regionale 27 giugno 2003, avente ad oggetto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza del progetto definitivo contestualmente approvato in linea tecnica ed economica, del decreto regionale 25 febbraio 2004 di occupazione d’urgenza degli immobili e del successivo atto di redazione dello stato di consistenza e immissione in possesso, del decreto 26 giugno 2009 con il quale la regione ha prorogato i termini per il completamento delle opere, l’occupazione d’urgenza e le procedure espropriative. Inoltre, la ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni patiti a causa della procedura ablativa.

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso, avendo considerato che:

– il decreto ministeriale 15 ottobre 2001 reca l’approvazione del progetto dell’opera pubblica sotto il profilo meramente tecnico, senza valore di dichiarazione di pubblica utilità, e non richiedeva quindi la previa comunicazione di avvio del procedimento;

– tale comunicazione è stata inviata prima dell’avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità, con note del 31 gennaio e del 5 febbraio 2003;

– la regione Lombardia è l’autorità competente a dichiarare la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza e ad approvare il progetto esecutivo delle opere di cui ritratta, relative alla rete ferroviaria in concessione a F.N.M., in forza dell’accordo di programma del 2 marzo 2000 siglato con il ministero dei trasporti;

– per quanto l’art. 23 comma 3 sexies, l. r. Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22, aggiunto dalla l. r. 12 gennaio 2002, n. 1 e prima delle modifiche apportate dalla l. r. 8 febbraio 2005, n. 6, ricollegasse la dichiarazione di pubblica utilità per gli interventi di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione all’approvazione dei progetti esecutivi (e non, come nel caso è avvenuto, a quelli definitivi), la conformità al principio generale sancito dall’art. 14 comma 13, l. 11 febbraio 1994, n. 109, mod. dall’art. 4, comma 1, l. 18 novembre 1998, n. 415 e alla disposizione di cui all’art. 7 del regolamento regionale 26 novembre 2002, n. 11 è sufficiente per escludere l’illegittimità del decreto regionale 27 giugno 2003 per aver dichiarato la pubblica utilità dell’opera sulla base del progetto definitivo approvato contestualmente;

– il decreto di occupazione d’urgenza 25 febbraio 2004 non doveva essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto meramente attuativo dei provvedimenti presupposti;

– la proroga dei termini per il completamento delle opere, degli espropri e dell’occupazione d’urgenza, disposta fino al 27 giugno 2010 dal decreto regionale 26 giugno 2009 ben poteva essere comunicata, prima dell’avvio del procedimento, attraverso forme di pubblicità di massa, tenuto conto del numero delle ditte intestatarie dei beni interessati dalla procedura ablativa, come consente l’art. 8 l. 7 agosto 1990, n. 241 e lo stesso art. 22 bis d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (peraltro non applicabile ratione temporis);

– l’art. 20 legge l. 22 ottobre 1971, n. 865 non esclude la prorogabilità del termine per l’occupazione d’urgenza oltre i cinque anni dalla data di immissione in possesso quando siano contestualmente prorogati i termini per il completamento delle opere e delle espropriazioni.

A tale sentenza la società appellante oppone che:

– il decreto ministeriale 15 ottobre 2001 contiene l’approvazione del progetto definitivo dell’opera anche con riguardo alla localizzazione della stessa, come è provato dall’allegazione dei piani particellari: doveva, quindi, essere comunicato agli interessati, proprietari degli immobili, l’avvio del relativo procedimento:

– le procedure espropriative per la realizzazione dell’opera di cui trattasi, superando la dimensione di livello regionale, rientrano nella competenza dello Stato;

– ai sensi della disciplina regionale vigente all’epoca (l. r. Lombardia n. 1 del 2002), la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera poteva derivare solo dall’approvazione del progetto esecutivo, e non dall’approvazione del progetto definitivo, come è avvenuto nella fattispecie, a nulla rilevando quanto sul punto dispone il regolamento regionale n. 11 del 2002, fonte gerarchicamente sottordinata;

– l’omesso avviso di avvio del procedimento relativo all’occupazione d’urgenza è tanto più grave in quanto all’interessata non è stata data l’opportunità di interloquire nella fase della individuazione della localizzazione dell’opera;

– l’art. 11 d.P.R. n. 327 del 2001, richiamato dal Tribunale amministrativo per respingere il motivo relativo alla mancata comunicazione individuale del decreto di proroga 26 giugno 2008, così come l’art. 22 bis del medesimo testo unico, in forza dell’art. 1 d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 non possono ritenersi applicabili, poichè la dichiarazione di pubblica utilità è intervenuta prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001; in ogni caso, oggetto di comunicazione avrebbero dovuto essere sia la proroga dei termini per l’ultimazione dei lavori che quella relativa all’occupazione d’urgenza;

– la proroga, essendo la procedura de qua disciplinata, in applicazione del regime transitorio del d.P.R. n. 327 del 2001, dalla normativa previgente e quindi, per ciò che qui interessa, dalla legge n. 865 del 1971, è illegittima in quanto violativa del termine quinquennale stabilito dall’art. 20, comma 2, della citata legge.

La società appellante, ribadita la richiesta di risarcimento dei danni già avanzata in primo grado, conclude per l’accoglimento dell’appello, contrastata dalla società F.N.M. e dalla regione Lombardia, che hanno chiesto la conferma della sentenza impugnata.

All’odierna pubblica udienza le parti hanno ribadito le proprie tesi e il ricorso è passato in decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio osserva:

1) Si deve innanzitutto convenire con la tesi della società appellante, tesa a dimostrare che il progetto approvato con decreto ministeriale in data 15 ottobre 2001 costituisce progetto definitivo dell’opera pubblica della quale si tratta, secondo le indicazioni contenute nell’art. 16 l. 11 febbraio 1994, n. 109, secondo il quale "il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni".

In effetti, se, come la giurisprudenza ha messo in luce (da ultimo, Consiglio di Stato, IV, n. 1616 del 2010) il progetto definitivo è quello in cui vengono assunte le determinazioni discrezionali in ordine all’approvazione del progetto dell’opera e alla localizzazione della stessa, non è dubbio che il decreto citato contenga gli elementi necessari a connotare il progetto approvato come definitivo, e che rispetto ad esso il successivo decreto regionale in data 27 giugno 2003 assuma natura e contenuto di approvazione di progetto esecutivo.

Tale progetto definitivo è stato comunicato alla società L. con note delle F.N.M., proprietaria di due appezzamenti di terreno individuati nel progetto, in data 31 gennaio 2003 (per quanto riguarda il terreno di cui alla partita n. 5535 foglio n. 6 mappale n. 68) e in data 5 febbraio 2003 (per quanto riguarda il terreno censito alla partita 24266 foglio n. 17 mappale n. 9168): da tali date la ricorrente è stata quindi posta a conoscenza dell’esistenza di un progetto definitivo che interessava aree di sua proprietà, ed è sorto, di conseguenza, l’onere di impugnarlo.

Ne consegue che il ricorso di primo grado, notificato solo in data 24 giugno 2004, è, per la parte rivolta avverso il decreto 15 ottobre 2001, inammissibile. Inammissibile, quindi, è la censura relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento sfociato in tale provvedimento, nonché quella, che sostanzialmente la ripropone, di omesso avviso dell’avvio del procedimento di occupazione, giacché la lesione riferita dalla ricorrente è nel senso di non aver potuto proporre osservazioni in merito alla localizzazione dell’opera, già, come detto, definita fin dal 2001.

La censura da ultimo considerata si conferma, oltre che tardiva, infondata, poiché le comunicazioni del 31 gennaio 2003 e del 5 febbraio 2003, che espressamente costituivano avviso di avvio del procedimento diretto alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere, già avvertivano della successiva richiesta per ottenere l’occupazione d’urgenza e valevano, quindi, avviso anche a tali fini; e comunque costituisce principio ormai consolidato (Cons. Stato, Ad. plen., 14 settembre 1999, n. 14), che l’amministrazione espropriante debba dare l’avviso di inizio del procedimento finalizzato all’emanazione dei decreti di occupazione d’urgenza e di esproprio. Tali provvedimenti, infatti, si pongono rispetto alla dichiarazione di pubblica utilità in posizione servente e meramente esecutiva, sicché nessun serio apporto collaborativo si potrebbe utilmente immaginare recato dal privato espropriando (cfr. Cons. giust. amm. Sic., 24 giugno 2005, n. 394; Cons. St. sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6631).

2) Infondato è anche il motivo con il quale si deduce l’illegittimità dell’occupazione d’urgenza in quanto disposta sulla base del progetto definitivo, e non di quello esecutivo: in effetti, dato che quello approvato il 27 giugno 2006 costituisce (non già progetto definitivo, ma) mera esecuzione del piano già approvato nel 2001, e che l’occupazione è stata disposta il 25 febbraio 2004 sulla base di quest’ultimo, è evidente che la Regione ha rispettato la scansione procedimentale delineata dalla normativa regionale vigente all’epoca, da individuarsi, come riconosce la sentenza (peraltro, contraddittoriamente, la ritiene poi non applicabile) nell’art. 23, comma 3sexies. l.r. Lombardia 29 ottobre 1998 n. 22, aggiunto dall’art. 10 comma 38 l.r. 12 gennaio 2002, n. 1.

3) La sentenza impugnata merita conferma nella parte in cui ha ritenuto la competenza delle regione a provvedere alla procedura espropriativa di cui è causa, funzionale al potenziamento della linea ferroviaria in concessione a F.N.M. s.p.a..

L’art. 8 d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 ha infatti delegato alle regioni funzioni e compiti di programmazione e di amministrazione relativi, tra l’altro, alle ferrovie in concessione a soggetto diversi dalle F.D.S., disponendo il subingresso delle regioni stesse sulla base di accordi di programma. Per quanto riguarda la rete e il trasporto in concessione alla società F.N., l’accordo di programma è intervenuto tra la Regione Lombardia e il Ministero dei trasporti in data 2 marzo 2000, come si legge nelle premesse del decreto regionale 27 giugno 2003. Del resto, la collocazione della linea ferroviaria sulla quale insistono le opere considerate nel Piano generale dei trasporti e della logistica e, di conseguenza, nel programma del Sistema integrato dei trasporti, enfatizzata dall’appellante, non sposta l’assetto delle competenze come fissato dalla legge, né vale necessariamente a mutare natura territoriale all’ambito del collegamento in questione, che rimane regionale sia pure in termini di interconnesione con i nodi di trasporto di rilevanza nazionale, essendo utile al collegamento con l’aeroporto della Malpensa.

4) Rimane quindi da esaminare la parte del ricorso rivolta avverso la proroga dei termini per l’occupazione d’urgenza, disposta dalla Regione con decreto in data 26 giugno 2008.

Sostiene l’appellante l’inapplicabilità del d.P.R. n. 327 del 2001 (ed in particolare degli artt. 11, relativo alle modalità di comunicazione dell’avvio del procedimento e 13, per quanto riguarda i termini di prorogabilità), in forza dell’art. 1 d.lgs. n. 302 del 2002, che appunto dispone che per progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, fissata al 30 giugno 2003, fosse già intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, dovessero continuare ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data. Pertanto, secondo la ricorrente, doveva farsi applicazione della legge n. 865 del 1971, il cui art. 20, secondo comma, prevede un termine massimo di cinque anni per l’occupazione d’urgenza.

La censura relativa alle modalità di comunicazione del provvedimento di proroga dell’occupazione,

è infondata, poiché, indipendentemente dall’entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327,

altre disposizioni legittimano il ricorso a pubblicità di massa laddove la comunicazione individuale

risulti particolarmente gravosa: in particolare, l’art. 8 l. n. 241 del 1990 consente forme

di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione procedente. In tale fattispecie

rientra il caso in esame, nel quale l’elevato numero di ditte interessate (centonovantasette, superiore

alle cinquanta considerate dal testo unico) ha legittimato la comunicazione mediante avviso

pubblicato su quotidiani nazionali del provvedimento considerato, concernente l’intero

procedimento espropriativo, già formalizzato con tutta la serie degli atti già intervenuti.

Inoltre, dato che il provvedimento di occupazione non deve essere necessariamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento, come si è chiarito al punto 1), tanto più deve essere escluso un tale obbligo nel caso di mera proroga di una occupazione già in atto.

Rileva poi il Collegio che in base al criterio individuato dalla successione delle leggi, la procedura in questione non può, effettivamente, ritenersi soggetta alla disciplina del Testo unico sulle espropriazioni.

Tuttavia da ciò non consegue l’accoglimento della censura relativa alla durata massima della occupazione d’urgenza, poichè la Regione Lombardia, con decreto dirigenziale n. 6314 del 24 giugno 2010, ha concesso a Ferrovienord s.p.a. una nuova proroga dei termini per l’occupazione d’urgenza e per il completamento delle procedure espropriative e delle opere di cui è causa fino al 27 giugno 2012. L’ulteriore proroga è stata disposta sulla base dell’art. 13 l. 25 giugno 1865, n. 2359, ed ha quindi un fondamento diverso da quello individuato dal provvedimento del 26 giugno 2008, che tuttavia presuppone e supera, sostanzialmente e complessivamente sostituendolo in un più ampio ambito temporale.

Poiché la società L. ha proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo avverso il decreto del 25 giugno 2010, è evidente che le censure rivolte contro la prima protrazione dei termini, superata dal nuovo provvedimento regionale sulla base di altro presupposto normativo con portata di sostanziale convalida, non sono più assistite da interesse attuale, dovendo essere indirizzate contro la complessiva, nuova proroga.

Per la parte considerata l’appello è, quindi, improcedibile.

5) Deriva da quanto sopra esposto la conclusiva conferma, sia pure con motivazione in parte diversa, della sentenza impugnata.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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