Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-02-2011) 07-03-2011, n. 8926

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 27.11.2008 – 29.1.2009 la Corte d’appello di Potenza ha confermato la condanna, anche ai fini civili, di T. V. per il reato di cui all’art. 570 c.p. in danno della moglie e dei due figli minorenni, Delib. 12 luglio 2007 dal locale Tribunale per condotta contestata come permanente dall’agosto del 2001. 2. Nell’interesse del T. ricorre il difensore fiduciario, con articolati motivi che sotto più aspetti pongono in definitiva un solo tema, prospettando violazione del diritto di difesa e del contraddittorio per la mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti, nonchè errata valutazione delle risultanze probatorie anche in ordine alla disponibilità economica del T. e comunque al dolo dell’omissione.

Lamenta in particolare il ricorrente che entrambi i Giudici del merito abbiano equivocato le sue richieste di acquisizione di prove documentale relative alla gestione comune del conto corrente familiare e alle procedure esecutive intraprese dalla moglie dopo la separazione sui fondi pervenuti al T. a titolo di rimborso integrativo per la coltivazione del grano. In particolare T. deduce che con la documentazione negatagli egli avrebbe voluto provare che la moglie aveva svuotato il conto comune prima dell’udienza presidenziale ed aveva poi proceduto immediatamente al pignoramento delle somme che semestralmente erano accreditate su un libretto a lui intestato come contributi per la coltivazione del grano. Ciò, tenuto conto che egli lavorava nell’azienda agricola intestata alla madre e da costei integralmente gestita nei suoi aspetti finanziari, aveva determinato la sua materiale ed incolpevole impossibilità di accedere alle sue sole fonti finanziarie (il conto comune, prima, i contributi agricoli, poi), senza che potessero essergli attribuite fonti ulteriori nella sua autonoma disponibilità, idonee ad assicurare i pagamenti periodici cui era tenuto in ragione del provvedimento presidenziale, essendo quindi anch’egli impossidente.

Con ulteriore motivo specifico il ricorrente deduce che la permanenza del reato sarebbe cessata con la notificazione dell’originario decreto penale, con la conseguente applicabilità dell’indulto e della sospensione condizionale della pena.

3. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

La Corte di Potenza ha argomentato l’irrilevanza della documentazione afferente il conto corrente comune, in quanto le vicende ad esso pertinenti erano antecedenti al momento della separazione, affermando contestualmente che la capacità reddituale del T. era comprovata dall’esito positivo delle procedure esecutive promosse nei suoi confronti (pag. 4) e, poi, che la stessa si ricavava dal condurre egli l’azienda agricola, dal ricevere in media due volte l’anno quei contributi di importo pari a circa 20-30 milioni e dall’essere proprietario di circa 100 animali tra pecore e capre (pag. 5).

La stessa Corte d’appello aveva tuttavia dato atto delle deduzioni d’appello (pag. 3), volte sostanzialmente ad affermare l’esistenza di una situazione in cui, iniziato il periodo post separazione senza autonome disponibilità a seguito del riferito prelievo del conto comune da parte della moglie, in ragione della peculiarità dell’attività lavorativa espletata, nell’azienda formalmente materna, egli non aveva autonome fonti di reddito monetario diverse da quelle semestrali immediatamente pignorate dalla moglie.

Risulta pertanto evidente che le argomentazioni della Corte distrettuale si risolvono in una motivazione allo stato apparente e contraddittoria: perchè il Giudice d’appello avrebbe dovuto spiegare se la deduzione difensiva fosse o meno infondata in fatto, sicchè gli eventuali atti di pignoramento avevano seguito inerzie protratte nonostante le autonome disponibilità, ovvero erano effettivamente coincisi con la materiale acquisizione della provvista, nonchè sul rapporto quantitativo tra entità dei contributi ed entità delle somme da corrispondere (ovviamente pur solo come mero indice della disponibilità, stante la mancata coincidenza tra somme statuite dal giudice civile e nozione penalistica di sostentamento), così come avrebbe dovuto rispondere al tema probatorio afferente la mancanza di provvista iniziale in relazione al dedotto prelievo unilaterale da parte della moglie, ovvero pronunciarsi sulla mancanza di prova in proposito. Quanto all’azienda agricola, a fronte della contestazione sul ruolo secondario svolto dal ricorrente rispetto a quello, gestionale oltre che formale, della madre, la Corte avrebbe dovuto confrontarsi con la ricostruzione difensiva evidenziante la peculiarità della natura dell’attività svolta, eventualmente spiegando perchè comunque l’imputato avrebbe potuto fronteggiare in misura significativa i propri obblighi: sul punto non può questa Corte di legittimità integrare la mancata motivazione, perchè essa presuppone apprezzamenti di stretto merito, preclusi in questa sede.

L’impugnata sentenza va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio.

La Corte del rinvio dovrà dar conto della successione temporale compiuta dei fatti, in particolare del succedersi dei contributi semestrali rispetto al sorgere dell’obbligo autonomo di contribuzione nei confronti dei figli e della moglie, del rapporto temporale tra disponibilità dei contributi ed eventuali atti di pignoramento, ed in definitiva della possibilità di assicurare una contribuzione periodica stabile, eventualmente suscettibile di incrementi e saldi o anticipazioni secondo le peculiarità dell’attività lavorativa espletata. il tutto ovviamente in esito all’esatta ripartizione dell’onere probatorio che grava sulle parti e, nei limiti di cui all’art. 603 c.p.p., coinvolge direttamente i poteri d’ufficio del giudice d’appello.

L’annullamento assorbe i motivi sulla individuazione del momento di cessazione della permanenza del reato. Sul punto, ove necessario, il Giudice del rinvio si atterrà al principio di diritto già espresso da questa Corte suprema, secondo il quale la protrazione della consumazione al momento della deliberazione di primo grado (evidente l’irrilevanza del decreto penale di condanna una volta che, con l’opposizione, lo stesso viene revocato) postula che l’imputazione contesti con chiarezza l’attualità della consumazione e che in sede dibattimentale sia entrata la prova dell’effettivo protrarsi della condotta come contestata: la regola, infatti, ha valore meramente processuale, non determinando alcun’inversione dell’onere della prova che sempre grava sull’accusa (sicchè l’effettiva consumazione oltre la data del decreto di chiamata in giudizio non è mai presunta, nè vi è un onere dell’imputato di provare il proprio adempimento, sempre spettando alla parte pubblica di dare prova adeguata del protrarsi dell’omissione: Sez. 6, sent. 7321 dell’11 – 19.2.2009), altrimenti il momento di permanenza cristallizzandosi in quello della formalizzazione della contestazione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Salerno per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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