Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-03-2011, n. 1306

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso di primo grado A.F. aveva impugnato il decreto della Soprintendenza del 3 agosto 2006, con il quale era stato disposto l’annullamento del provvedimento n. 63 del 17 luglio 2006 del Dirigente del Settore VI, Urbanistica ed Edilizia Privata, del Comune di Capri, di autorizzazione, ai sensi dell’art.159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, alla realizzazione di una piscina nella villa in via Moneta n. 5/A.

L’annullamento era stato disposto in quanto la realizzazione sarebbe stata in contrasto con le prescrizioni del Piano territoriale paesistico (P.T.P.) dell’isola di Capri (approvato con d.m. 8 febbraio 1999), il quale disciplina la zona come a protezione integrale (P.I), sicché l’intervento non sarebbe stato riconducibile ad opere di restauro paesaggistico (le uniche consentite nell’area).

L’appellato aveva prospettato la violazione e la falsa applicazione degli artt.146 e 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, degli artt. 9 e 11 del P.T.P. dell’isola di Capri, il vizio di eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria ed illogicità disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania nel decidere per l’accoglimento del ricorso ha richiamato una sua precedente sentenza dove affermava che la medesima Soprintendenza aveva in passato ritenuto assentibili analoghi interventi nella stessa zona e che, ai sensi dell’art. 9 delle Norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del P.T.P., erano comunque possibili interventi volti alla riqualificazione estetica, ammissibili "in tutte le zone".

Per altro verso, la sentenza qui impugnata ha rilevato un deficit di istruttoria laddove la Soprintendenza, ritenendo la normativa dal P.T.P. non di letterale applicazione, aveva simili in casi escluso l’annullamento. Discendeva dall’art. 97 Cost. l’obbligo di porre in chiaro il differente agire amministrativo, per evitare una palese disparità di trattamento. L’esistenza di una norma di salvaguardia (l’art. 9 delle Norme di attuazione del P.T.P. – "interventi ammessi in tutte le zone") toglieva validità alla tesi della Soprintendenza in per cui vi era possibilità di consentire soltanto "interventi volti alla conservazione e alla ricostituzione del verde" (tra i quali la realizzazione della piscina non sarebbe stata sussumibile). In assenza di elementi ostativi (non ravvisabili nella specie, posto che la piscina era completamente interrata e di esigue dimensioni – circa mq.26 -, mentre il volume tecnico pertinenziale avrebbe, secondo le prescrizioni del Comune, superficie massima di mq.5,40, e sarebbe interrato – accesso mediante botola e copertura sistemata a giardino pensile -) l’introduzione dell’elemento "piscina" non comporta, come di regola, l’eliminazione di essenze arboree (o comunque ne comportava un’eliminazione assai limitata) e migliorava significativamente l’impatto ambientale.,

La sentenza è stata appellata dalle amministrazioni originarie resistenti che ne hanno contestato la fondatezza, evidenziando che nell’isola insistono, per il P.T.P., tre tipologie di vincolo.

Anzitutto, la zona sottoposta a protezione integrale (PI, art. 11 PTP), disciplinata dall’art. 9 delle N.T.A., che legittima solo un intervento che costituisce un "elemento architettonico tipico e tradizionale". Ma tale non è una piscina.

L’art. 9 fa poi salvo il rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 6, 7 ed 8. L’art. 7, in particolare, rinvia a prescrizioni e definizioni dell’art. 31 l. 5 agosto 1978, n. 457 sostituito dall’art. 10 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

L’art. 9 va considerato, secondo l’appello, congiuntamente alle prescrizioni degli artt. 11, 12 e 13, i quali vietano ogni intervento incrementativo dei volumi esistenti.

L’intervento in questione pertanto non rientra tra quelli assentibili. Inoltre, sotto altro profilo era palese che il primo giudice aveva svolto inammissibili considerazioni di merito, dimenticando che l’attività di scavo, prodromica alla realizzazione di una piscina, si poneva in contrasto con le prescrizioni di tutela integrale dell’art. 11.

L’appellato A.F. ha depositato un controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso in appello, prospettante non pertinenti valutazioni di merito (distoniche con la modesta entità dell’opera).

Egli ha inoltre contestato la tesi per cui la "riqualificazione estetica delle aree pertinenziali" ai sensi dell’art. 9 del P.T.P. dell’isola di Capri (configurante una clausola di salvaguardia di portata derogatoria) non potesse realizzarsi con la realizzazione di una piscina.

L’appellato infine ha negato che la realizzazione di una piscina dovesse comunque diminuire il verde esistente ed alterare l’andamento naturale del terreno. Infine, a suo dire l’intervento della Soprintendenza è consistito in un inammissibile sindacato di merito senza, peraltro, tener conto degli interventi in passato assentiti nell’area (integrando così il vizio di disparità di trattamento).
Motivi della decisione

1.L’ appello è fondato.

2.1). Il Piano territoriale paesistico (P.t.p.) di Capri ed Anacapri – approvato con d.m. 8 febbraio 1999 ai sensi dell’art. 1bis, secondo comma, l. 8 agosto 1985, n. 431 – detta puntuali disposizioni di tutela del territorio dell’isola, per il suo speciale pregio paesaggistico già sottoposto alla norma di salvaguardia dell’art. 1quinquies della stessa l. n. 431 del 1985, dallo stretto vincolo di inedificabilità. Queste disposizioni di "specifica normativa d’uso e di valorizzazione" (cfr. art. 1bis l. n. 431 del 1985) del Piano – che hanno sostituito quel regime cautelativo provvisorio – manifestano, in ragione del particolare valore paesaggistico dell’isola e delle sue componenti (valutato nel suo insieme e non più episodicamente, mediante una considerazione previa e obiettiva, integrale e globale del contesto tutelato e della tollerabilità delle trasformazioni future), limiti rigorosi e generali alla valutazione concreta di compatibilità degli interventi modificativi dell’assetto dei luoghi. Per ciò che attiene all’uso, cioè alla trasformazione del territorio, il Piano paesistico ha del resto la sua funzione precipua nell’individuare in negativo gli interventi che, per l’inconciliabilità con il contesto, sono in posizione di incompatibilità assoluta con i valori salvaguardati dal vincolo; e per questi introduce un regime di immodificabilità per zone, o per categorie di opere reputate comunque incompatibili con i valori protetti, dunque non realizzabili (cfr. Cons. Stato, II, 20 maggio 1998, n. 548/98 e 549/98).

Nella specie la realizzazione della piscina, di pertinenza all’edificio residenziale di proprietà dell’appellato, interviene in area classificata dal P.t.p. come "zona di protezione integrale" (P.I.).

L’ art. 9 (interventi consentiti per tutte le zone) del P.t.p. – con prescrizione relativa a tutti gli ambiti di tutela in cui è stato suddiviso il territorio dei due comuni interessati, mediante le classificazioni P.I. (protezione integrale); P.I.R. (protezione integrale con restauro pesistico/ambientale); R.U.A. (recupero urbanistico/edilizio e restauro paesistico/ambientale) – individua tipologie di interventi edilizi consentiti, che sono per loro natura in funzione strettamente conservativa del patrimonio edilizio esistente. Questi consistono in "interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di restauro e risanamento conservativo e di riqualificazione estetica degli immobili e delle aree pertinenziali, anche mediante l’ inserimento di elementi architettonici tipici e tradizionali del luogo che non costituiscano nuove volumetrie".

L’ art. 12 del P.t.p. reca, inoltre, prescrizioni indirizzate all’ esclusiva e specifica tutela della zona P.I.R..

L art. 12, comma 3, per le "zone di protezione integrale con restauro pesistico/ambientale" (P.I.R.), analogamente all’art. 11, comma 3, per le "zone di protezione integrale" (P.I.), delle Norme di attuazione del P.t.p. individua in positivo gli interventi ammissibili, nello stretto limite della conservazione e miglioramento del verde e del risanamento e restauro ambientale, con eliminazione di infrastrutture di contrasto indicate in dettaglio.

L’art. 12, comma 4, analogamente all’art. 11, comma 4, detta poi in negativo, a salvaguardia dell’integrità del territorio, una serie di divieti e limitazioni fra i quali, per ciò che interessa la presente controversia, assumono rilievo i divieti di "qualsiasi intervento che comporti incremento di volumi esistenti" e di "alterazione dell’andamento naturale del terreno".

Ci si trova, quindi, di fronte di un corpo di disposizioni che, in relazione alle caratteristiche intrinseche dei luoghi di cui è stato già accertato a suo tempo, con il vincolo, il valore paesistico ed ambientale, si traducono in incisive limitazioni delle facoltà del titolare del diritto dominicale riguardo, segnatamente, all’esercizio del ius aedificandi.

Ciò posto, è agevole rilevare che la costruzione della piscina, in relazione alla sua consistenza modificativa e trasformativa dell’assetto del territorio, non si configura come riconducibile fra gli interventi consentiti dal richiamato art. 9 del P.t.p., cioè mediante una previsione trasversale giovevole per tutte le zone.

La previsione dell’art. 9, invero, concerne lavori che, alla luce delle definizioni che si enucleano dall’art. 3, lett. a), b) e c) del testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia, di cui al d.lgs. 6 giugno 2001, n. 378 – utili, per l’attitudine descrittiva del tipo di intervento, anche in tema di tutela del paesaggio -, assolvono un ruolo strettamente manutentivo e conservativo del patrimonio edilizio esistente ed escludono l’asservimento all’edificazione di nuove porzioni del territorio, oltre quelle che sono già state interessate dall’attività costruttiva. Ciò vale all’evidenza per i lavori di "manutenzione ordinaria e straordinaria", per i quali resta però fermo l’obbligo di non alterazione delle superfici delle unità immobiliari e delle destinazioni in uso in atto.

Ad analoga conclusione si deve pervenire per gli interventi qualificati di "restauro e risanamento conservativo", ove si consideri che essi sono in ogni caso circoscritti al "consolidamento, ripristino e rinnovo degli elementi costituivi dell’ edificio", nei limiti della cui consistenza originaria può aver luogo l’ "inserimento (di)… elementi accessori" o di nuovi impianti.

2.2). Non soccorre alle ragioni dell’appellato l’assenza di verticalizzazioni, peculiari al manufatto con destinazione a piscina, e l’affermata inidoneità dello stesso ad introdurre una nuova volumetria.

La disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde infatti dall’elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro consistenza volumetrica. Il che è in linea con il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico: il quale, a differenza di uno strumento urbanistico, non è volto al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Il piano paesistico territoriale del resto – avendo una funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela – non può essere subordinato a scelte di tipo urbanistico, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale (Cons. Stato, II, 4 febbraio 1998, n. 3018/97).

Il contenuto prescrittivo dell’art. 12, come dell’art. 11, del P.t.p. è, coerentemente, ispirato a criteri strettamente conservativi dell’assetto naturale dei terreni che ricadono in zona, L’attenzione precipua della disposizione, esclusa nei termini ricordati la nuova edificazione, si concentra sugli elementi di conservazione e miglioramento della flora, delle colture agricole e dell’assetto materiale del suolo. Particolare rilievo assume, in questo contesto, il divieto di "alterazione dell’ andamento naturale del terreno".

A fronte del riferito quadro regolatorio, incisivamente protettivo dei valori naturalistici e tradizionali, è agevole rilevare che la costruzione di una piscina nella zona di protezione integrale altera, per effetto dello scavo, l’ "andamento naturale del terreno" e non può assumere valenza di "riqualificazione estetica… delle aree pertinenziali". Tale ultima caratterizzazione – anche se consentita in via generale dall’art. 9 per tutte le zone del P.t.p. – nella zona in esame può aver luogo nei soli ristretti limiti di conservazione e miglioramento dei valori naturalistici e tradizionali presi in considerazione all’ art. 12, o 11, del Piano territoriale paesistico. Diversamente, comporterebbe una vanificazione del ricordato precetto dedicato specificamente alla zona in esame.

2.3). Anche con riguardo all’incidenza sul piano volumetrico, la realizzazione di manufatti con scavo nel sottosuolo – indipendentemente dal conteggio del volume agli effetti degli indici di edificabilità secondo la disciplina riconducibile al singolo strumento urbanistico, che qui non rileva – dà luogo ad un nuovo e diverso assetto dei luoghi e determina l’asservimento a diversi utilizzi (quali il deposito, il rimessaggio, le attività di diporto nel caso di piscina), resi possibili dalla nuova costruzione.

2.4).Non ha pregio il richiamo dell’appellato all’esecuzione di interventi compensativi della porzione di suolo destinata a piscina con la realizzazione di nuove piantumazioni e sistemazioni a verde ricavate nell’ambito di un’area già pavimentata, non essendo siffatta forma di compensazione dei valori paesaggistici del sito presa in considerazione dal P.t.p., in disparte il rilievo che l’incremento del verde interviene in zona R.U.A. (recupero urbanisticoedilizio e restauro paesisticoambientale), diversa da quella in cui ricade la progettata piscina.

2.5). Non va, infine, condivisa la doglianza di eccesso di potere per disparità di trattamento, per non avere l’autorità preposta alla tutela del vincolo formulato rilievo in sede di controlli di altri provvedimenti autorizzatori della realizzazione di piscine nella stessa zona.

Il provvedimento di cui si controverte, di annullamento dell’autorizzazione comunale ai sensi dell’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), è – per la natura stessa del Piano paesistico, che è sottoordinato al vincolo ma sopraordinato all’autorizzazione paesistica (Cons. Stato, II, n. 548/98 e 549/98, cit.) e dunque condizionante il suo vaglio ad estrema difesa del vincolo – strettamente applicativo della disciplina del P.t.p. dell’isola di Capri nei suoi effetti ricognitivi della compatibilità edificatoria con lo specifico paesaggio tutelato. Segue che avverso lo stesso provvedimento non può avere ingresso il dedotto vizio di eccesso di potere per violazione del canone di imparzialità, peculiare agli atti espressione di potestà discrezionali.

Per le considerazioni che precedono l’appello va, quindi, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata va respinto il ricorso di primo grado.

In relazione ai profili della controversia spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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