Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-02-2011) 07-03-2011, n. 8956 abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Pm. presso il Tribunale di Campobasso ha proposto ricorso avverso la sentenza emessa il 07/07/2010 dal Gup di quell’ufficio con la quale è stato disposto non doversi procedere nei confronti del sindaco, vice sindaco, assessori e componenti della giunta comunale di Bojano in relazione al reato di cui all’art 323 cod. pen. loro contestato, per difetto dell’elemento psicologico.

2. Il ricorrente osserva che il Gup è pervenuto alla decisione valorizzando l’assenza del requisito della doppia ingiustizia richiesto dalla norma incriminatrice, senza motivare adeguatamente, operando una valutazione di merito che gli è preclusa dalla funzione esclusivamente processuale della pronuncia richiestagli.

In particolare si ritiene che il giudicante abbia svolto valutazioni probabilistiche sull’effettività e regolarità della prestazione di lavoro del preteso favorito, omettendo di soffermarsi sull’elemento essenziale del suo giudizio, costituito da un’analisi di impossibilità di arricchimento del quadro accusatorio in dibattimento, non svolgendo alcuna analisi in ordine agli elementi offerti dall’accusa.

Proprio la circostanza che sia stato ritenuto mancante l’elemento psicologico espliciterebbe la possibilità di acquisire in dibattimento elementi di segno contrario, idonei a superare tale conclusione.

In tal senso si denuncia contraddittorietà, insufficienza della motivazione, ed omessa valutazione degli elementi di prova indicati, nonchè erronea applicazione della legge processuale in relazione all’attività ed al contenuto del giudizio del Gup, sollecitando, sulla base di tali elementi, l’annullamento della sentenza impugnata, e l’emissione dei provvedimenti conseguenti.

3. La difesa degli indagati con memoria depositata il 15/02/2001, nel richiamare la diversa natura della fase dell’udienza preliminare, a seguito della novella legislativa 16/12/1999 n. 479, rivendicando a tale fase una funzione valutativa di merito, fa riferimento alla giurisprudenza che impone di limitare la valutazione dell’esistenza del vizio lamentato di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), alla congruità della motivazione, non potendo estendersi l’analisi agli elementi acquisiti dal P.m., per non snaturare il giudizio di legittimità in giudizio di merito.

Si valuta esaustiva l’analisi operata dal Gup, avendo questi esaminato il quadro probatorio, desumendone l’insufficienza, tanto da far ritenere improbabile la condanna, secondo i dettami della giurisprudenza di legittimità.

Si ritiene insussistente anche il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 3, riguardante l’erronea applicazione della norma incriminatrice, essendo stata la valutazione preceduta dalla documentazione prodotta dalla difesa che, dimostrando l’attività svolta dal preteso favorito, portava ad escludere la sussistenza del danno alla P.a., e quindi il requisito della doppia ingiustizia essenziale per la configurazione del reato, oltre che dell’elemento psicologico del reato, poichè la norma non consente di ravvisare il dolo in re ipsa.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato, poichè è del tutto pacifico che la valutazione demandata al Gup in fase di chiusura dell’indagine preliminare, sia pure ampliata a seguito della novella normativa, deve muovere su un piano di stretta valutazione degli elementi acquisiti, e della prognosi sulla possibilità che le prove offerte siano suscettibili di sorreggere il dibattimento, dovendosi escludere il rinvio a giudizio solo qualora la loro inidoneità a tal fine risulti insuscettibile di integrazione. La valutazione in questa fase deve condurre ad escludere la sussistenza del reato in senso oggettivo o soggettivo, e la possibilità di un successivo arricchimento del quadro probatorio per sorreggere una decisione di non doversi procedere.

2. Nella specie invece il giudice, pur dovendo riconoscere la presenza di una illegittimità dell’atto compiuto dalla P.a., è giunto ad escludere il requisito della doppia ingiustizia, essenziale per la configurazione del delitto di abuso d’ufficio contestato, pur non potendo accertare in proposito l’assenza di danno per la P.a. o di vantaggio indebito per il favorito, esprimendosi in chiave probabilistica sulla mancanza di tale requisito; sul punto il giudicante ha omesso di valorizzare l’inidonietà degli elementi di prova offerti dall’accusa a dirimere tale dubbio ed in ogni caso di considerare che l’assenza del requisito del vantaggio, o del danno, deve essere sottoposto ad una valutazione oggettiva (Sez. 2, n. 2754 del 11/12/2009, imp. Fiori, dep. 21/01/2010, Rv. 246262), sulla base della normativa vigente e non può essere invece esaminato in via di fatto, come mostra di ritenere il giudice di merito.

Le stesse modalità espressive contenute nel provvedimento denotano che nel concreto non potesse operarsi la valutazione svolta in termini di certezza e che gli elementi di fatto emergenti, costituiti dall’accettata illegittimità del procedimento e dall’alta specializzazione richiesta nella richiesta della consulenza, e la sicura assenza di tali requisiti, per lo meno formali, in capo all’incaricato nominato, sono tutti elementi che esigono un approfondimento dibattimentale, sull’aspetto oggettivo che soggettivo del reato contestato, il cui sviluppo non risulta sicuramente improduttivo di effetti sul piano probatorio.

Per di più si rileva che la motivazione afferente la insufficienza delle prove offerte dal P.M in ordine alla fondatezza dell’accusa risulta generica e non analitica, in relazione agli specifici elementi di prova indicati dall’accusa, così da rendere del tutto non verificabile nel suo sviluppo la motivazione a riguardo.

3. Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, debba disporsi l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Campobasso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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