Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-03-2011, n. 1282 Finanza regionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Comune di Larino (appellante nell’ambito del ricorso n. 10529/2005) e l’ing. L.F. (appellante nell’ambito del ricorso n. 10530/2005) riferiscono che nell’agosto del 2001 il Consorzio di bonifica integrale larinese ebbe a trasmettere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un progetto relativo all’irrigazione del basso Molise con le acque dei fiumi Biferno e Fortore ai fini di ottenerne il finanziamento con i fondi per le aree sottoutilizzate (d’ora innanzi: "FAS’).

Risulta agli atti che con delibera in data 21 dicembre 2001 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (d’ora innanzi: "il CIPE’ – organo competente all’esame e all’approvazione dei progetti relativi alla realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai sensi della l. 21 dicembre 2001, n. 443 -) ebbe ad approvare il progetto preliminare dell’intervento, ponendolo in quota alla regione Molise.

Nel corso dell’istruttoria prodromica all’approvazione definitiva del progetto in parola, il Commissario ad acta della gestione ex Agensud, dichiarando di agire per conto del Ministero delle politiche agricole, intervenne nel procedimento sollevando una serie di interventi critici in ordine all’intervento.

Gli appellanti riferiscono che "in realtà le osservazioni del Commissario – Ministero erano finalizzate a modificare integralmente il progetto originario trasformandolo da intervento per l’irrigazione del basso Molise (…) ad un intervento radicalmente diverso che, collegandosi alla rete idrica di acqua potabile della Regione Puglia, ha la precipua finalità di trasferire in Puglia l’acqua del Molise a fini potabili ed irrigui".

Con la delibera CIPE in data 29 settembre 2004 (fatta oggetto di impugnativa nell’ambito del primo giudizio), fu stabilito di ammettere l’opera in questione al finanziamento con i fondi FAS, ma fu al contempo prescritto che "per quanto attiene all’intervento (per cui è causa) resta inteso, su richiesta del Ministero delle politiche agricole e forestali, che, prima della delibera di assegnazione delle risorse ai sensi della legge n. 443/2001, si dovrà procedere ad un approfondimento dell’istruttoria tecnica che tenga conto delle interconnessioni degli schemi idrici".

Con i ricorsi di primo grado nn. 44 e 45 del 2005, la delibera CIPE fu impugnata innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Molise dal Comune di Larino e dall’Ing. F., i quali ne lamentarono l’illegittimità per la parte n cui l’approvazione era stata disposta con la richiamata riserva.

Con la sentenza oggetto del presente gravame, il Tribunale adito – previa riunione – respingeva i due ricorsi "perché inammissibili e infondati".

Ad avviso il Tribunale, infatti, la delibera impugnata non aveva disposto l’approvazione del progetto in parola, ma si era limitata a pronunciare in via interlocutoria sull’ammissibilità dello stesso a finanziamento attraverso i fondi FAS. Conseguentemente, la delibera non impedirebbe e non pregiudicherebbe l’approvazione del progetto de quo, ma semplicemente lo subordinerebbe a un approfondimento istruttorio, in tal modo configurandosi quale mero atto endoprocedimentale, in quanto tale non immediatamente impugnabile.

Del resto, la pronuncia soprassessoria del CIPE, lungi dal precludere o condizionare in modo assoluto il successivo esame del progetto in sede di conferenza di servizi istruttoria ai sensi del d.lgs. 190 del 2002, si sarebbe limitata ad indicare in modo non implausibile (e comunque ben motivato) la necessità di alcuni approfondimenti istruttori.

2. La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal Comune di Larino (ricorso n. 10529/2005) e dall’Ing. F. (ricorso n. 10530/2005) i quali ne chiedevano la riforma articolando i seguenti motivi di doglianza: Violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della l. 241/1990; Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 190/2002; Violazione e falsa applicazione della l. 443/2001; Violazione e falsa applicazione della l. 350/2003; Violazione e falsa applicazione della l. 289/2002; Violazione e falsa applicazione dei princìpi di buon andamento, imparzialità, trasparenza della P.A.; Difetto di motivazione; Eccesso di potere sotto diversi profili; Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto; Contraddittorietà; Illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta; Sviamento.

Si costituivano in giudizio la Presidenza del consiglio dei Ministri – CIPE e il Ministero delle politiche agricole e forestali, i quali concludevano nel senso della reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del 14 dicembre 2010, presenti i procuratori delle parti costituite come da verbale di udienza, gli appelli venivano trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1. Giungono alla decisione del Collegio due ricorsi in appello (proposti, rispettivamente, dal Comune di Larino e dall’Ing. L.F.) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Molise, con cui sono stati respinti i ricorsi di primo grado nn. 44 e 45 del 2005, proposti avverso la delibera del CIPE con cui è stata in via di principio disposta la finanziabilità in ambito FAS di un progetto irriguo di interesse della Regione Molise, prescrivendo tuttavia che prima della delibera di definitiva ammissione al finanziamento fosse necessario un approfondimento in sede tecnica.

2. Il Collegio ritiene in primo luogo di dover disporre la riunione dei due appelli in epigrafe, in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 96, co. 1, c.p.a.).

3. I due appelli in questione si fondano su motivi di doglianza in larga parte assimilabili, ragione per cui di seguito essi saranno esaminati congiuntamente.

Con il primo motivo di appello, il Comune di Larino e l’Ing. F. lamentano che la sentenza in oggetto sarebbe erronea per non aver tenuto conto del fatto che la delibera CIPE in data 29 settembre 2004, sotto le "mentite spoglie" di una decisione di approvazione, avesse in realtà comportato una radicale modificazione dell’impostazione stessa del progetto, secondo modalità difformi rispetto al pertinente paradigma normativo (artt. 2, 3 e 4, d.lgs. 190 del 2002).

In particolare, il TAR avrebbe omesso di osservare che:

– le rilevanti proposte di modifica richieste dal Commissario ad acta della gestione ex Agensud proverrebbero comunque da un soggetto non legittimato a partecipare all’istruttoria;

– tali proposte di modifica risulterebbero irritualmente proposte, in quanto era infruttuosamente decorso il termine di novanta giorni dal ricevimento del progetto definitivo, secondo la previsione di cui al comma 3 dell’articolo 4, d.lgs. 190, cit.;

– le proposte in parola si sarebbero dovute limitare a meri adeguamenti migliorativi e non avrebbero potuto giammai giungere a modificare la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere (come, invece, sarebbe avvenuto nel caso in esame), anche perché le prescrizioni apportate in sede di delibera CIPE avrebbero l’effetto di modificare le finalità stesse dell’intervento (che, nella sua configurazione originaria, era destinato unicamente all’irrigazione del basso Molise con le acque dei fiumi Biferno e Fortore);

– le prescrizioni imposte dal CIPE sarebbero talmente generiche da non consentire neppure di comprendere quali modifiche dovessero essere apportate al progetto per ottenere la sua definitiva approvazione (la parte contestata della delibera in questione si sarebbe limitata a prescrivere che "prima della delibera di assegnazione delle risorse ai sensi della legge n. 443/2001, si dovrà procedere ad un approfondimento dell’istruttoria tecnica che tenga conto delle interconnessioni degli schemi idrici").

Ancora, la sentenza gravata sarebbe erronea in quanto:

– il disposto approfondimento istruttorio, lungi dal rappresentare una pronuncia meramente soprassessoria, sortirebbe l’effetto di determinare un’approvazione condizionata a una condizione impossibile (la radicale modificazione del progetto rispetto alla sua originaria configurazione);

– avrebbe ritenuto "ben esplicata e motivata" l’esigenza di approfondimenti istruttori, mentre – invece – l’esame degli atti dimostrerebbe che tale esigenza era stata rappresentata in forma del tutto anodina, sostanzialmente immotivata e priva di qualunque supporto tecnico;

3.1. Gli appelli in epigrafe non possono trovare accoglimento.

3.1.1. In primo luogo si osserva che la pronuncia in epigrafe risulta meritevole di conferma laddove ha osservato che la delibera CIPE impugnata in prime cure non recasse l’approvazione in via definitiva del progetto, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 190 del 2002, ma si limitasse a pronunciare – per altro, solo in forma interlocutoria – in ordine alla finanziabilità del progetto tramite i fondi per le aree sottoutilizzate (FAS) di cui agli articoli 60 e 61 della l. 27 dicembre 2002, n. 289.

Conseguentemente, non risultano fondati i motivi di doglianza relativi alle modalità e alle condizioni per l’approvazione del progetto definitivo all’esito della particolare procedura per conferenza di servizi delineata dai commi 3 e 4 del d.lgs. 190, cit., atteso che le conseguenze della delibera in questione non incidono in modo diretto ed immediato sull’impostazione del progetto (determinandone la modifica nel senso paventato dagli appellanti), ma sul diverso aspetto delle condizioni per la sua ammissibilità al cofinanziamento.

La pronuncia di inammissibilità resa dal T.A.R. risulta dunque condivisibile, dal momento che la delibera del CIPE in data 29 settembre 2004 non ha escluso in radice il progetto in questione da quelli finanziabili, né ha determinato in modo diretto ed immediato una sua radicale trasformazione. Al contrario, la medesima delibera si è limitata (con una espressione sintetica, ma agevolmente comprensibile, in relazione all’istruttoria in precedenza disposte) a disporre "un approfondimento dell’istruttoria tecnica che tenga conto delle interconnessioni degli schemi idrici", in tal modo configurandosi come determinazione endoprocedimentale di carattere meramente interlocutorio e, in quanto tale, non direttamente impugnabile.

Ancora, gli appelli non possono trovare accoglimento anche laddove hanno ritenuto che la richiamata pronuncia interlocutoria avrebbe sortito l’effetto di apporre una sorta di condizione (peraltro, di carattere impossibile) alla stessa approvazione e realizzazione dell’intervento.

Invero, dal tenore letterale della delibera (e dalla sua stessa funzione, rivolta a disciplinare la diversa questione della finanziabilità dell’intervento) non emerge alcun elemento ostativo alla successiva conclusione favorevole del procedimento, contrariamente a quanto hanno paventato gli appellanti.

Pertanto, non risultando evidente l’assoluta inutilità delle esigenze istruttorie in questione (e dalle modalità con cui esse sono state individuate e formulate), ritiene la Sezione che l’atto contestato in primo grado abbia davvero la natura di atto meramente interlocutorio, in quanto tale non direttamente impugnabile, laddove l’impugnazione in sede giurisdizionale sarebbe senz’altro ammissibile ove sia proposta avverso la finale deliberazione del CIPE (che – eventualmente – respinga l’approvazione del progetto, ovvero ne stravolga la struttura e le finalità).

3.1.2. Ai limitati fini che qui rilevano, poi, si osserva che non risulta neppure fondato il motivo di doglianza basato sull’asserita carenza di legittimazione del Commissario ad acta della gestione ex Agensud ad intervenire alle riunioni tecniche relative all’esame del progetto, in rappresentanza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

Si osserva al riguardo che il Commissario in questione risultava certamente legittimato ad intervenire nell’iter decisionale all’origine dei fatti di causa, dal momento che:

– all’indomani della soppressione dell’Agensud ( d.lgs. 3 aprile 1993, n. 96), le competenze in materia di acque irrigue e di progetti promozionali in agricoltura sono state trasferite in capo al Ministero dell’Agricoltura ( legge 7 aprile 1995, n. 104, di conversione del decretolegge 8 febbraio 1995, n. 32);

– il comma 5 dell’articolo 19, d.l. 32, cit. ha previsto che alla gestione delle attività ex Agensud il Ministero provveda, appunto, per il tramite di un Commissario ad acta.

3. Per le ragioni fin qui esposte, gli appelli in epigrafe non possono trovare accoglimento.

La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio segue la soccombenza e di essa è fatta liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, previa loro riunione, li respinge.

Condanna il Comune di Larino e l’Ing. F. – solidalmente tra loro – alla rifusione in favore del Ministero appellato delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tremila), oltre eventuali accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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