T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 02-03-2011, n. 1918 Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 7 luglio 2010, ha deliberato che:

a) la pratica commerciale descritta al punto II del provvedimento, posta in essere dalla società G.D.I. S.r.l., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20 e 22 del codice del consumo e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

b) alla società G.D.I. S.r.l. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 70.000 (settantamila euro).

Di talché, la Società interessata ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22 e 27 d.lgs. 206/2005, art. 3 l. 241/1990, art. 12 Regolamento AGCM sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette; eccesso di potere per arbitrarietà, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità, incongruenza e contraddittorietà..

Nella comunicazione di avvio del procedimento sarebbero stati indistintamente richiamati gli artt. 20, 21 e 22 senza indicare quale delle tre norme fosse effettivamente riferibile ai comportamenti contestati.

Il provvedimento avrebbe tralasciato ogni riferimento all’art. 21 senza alcuna motivazione al riguardo, anche ai fini della riduzione della sanzione.

Tutti i principali operatori del settore mostrerebbero le condizioni per l’ottenimento dei bonus promozionali offerti in un percorso diverso da quello del processo di registrazione.

L’Autorità non avrebbe riscontrato la legittima richiesta di audizione operata dalla ricorrente ed il mancato espletamento di tale incombente avrebbe impedito l’acquisizione di elementi determinanti causando un’errata valutazione delle circostanze di fatto.

Il provvedimento di rigetto degli impegni sarebbe stato adottato in assenza di qualsiasi espressa e congrua motivazione; peraltro, gli impegni proposti sarebbero stati idonei ad elidere, per il futuro, i profili di ingannevolezza contestati né sarebbero stati esplicitati i presupposti per qualificare la pratica commerciale sanzionata come manifestamente scorretta e grave.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 d.lgs. 206/2005; eccesso di potere per arbitrarietà, difetto di istruttoria, illogicità, incongruenza e contraddittorietà.

Una eventuale carenza di informazione circa la modalità di fruizione del bonus non si sarebbe comunque potuta ripercuotere sulle scelte economiche dei consumatori, atteso che la registrazione sul sito di G.D. non equivarrebbe in alcun modo alla stipulazione di un contratto né sarebbe riconducibile ad alcuna assunzione di obbligazioni nei confronti della Società.

La "registrazione", infatti, dovrebbe considerarsi attività antecedente e prodromica alla stipulazione del "negozio commerciale", quale passaggio intermedio fra la pubblicità e la formulazione delle scelte del consumatore.

Nella campagna promozionale, fondata su tre diversi mezzi di comunicazione, due di essi (TV e banner, i più rilevanti in termini di contatti) non avrebbero fatto alcun riferimento al bonus e l’altro (carta stampata) avrebbe rimandato al sito della Società, ove tutti i dettagli sarebbero stati illustrati in modo chiaro; l’indirizzo web della Società ricorrente, in particolare, avrebbe chiaramente indicato la possibilità di ottenere maggiori dettagli sul bonus mediante apposito link.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22 e 27 d.lgs. 206/2005, art. 3 l. 241/1990, art. 11 l. 689/1981; eccesso di potere per arbitrarietà, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità, incongruenza e contraddittorietà.

La ricorrente, sin dal ricevimento della comunicazione di avvio del procedimento, avrebbe immediatamente provveduto a modificare il contenuto del messaggio, nel sito internet e nella comunicazione a mezzo stampa, per conformarsi alle indicazioni dell’Autorità, la quale, dopo avere quantificato la sanzione da irrogare, avrebbe dovuto provvedere alla riduzione dell’importo per il ravvedimento operoso del trasgressore.

In ogni caso, sarebbe congrua una riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi non solo dell’art. 27, co. 9, del codice del consumo, ma anche dell’art. 11 l. 689/1981.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

La ricorrente B.I. S.r.l. (già G.D.I. S.r.l.) ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 23 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 7 luglio 2010, ha deliberato che:

a) la pratica commerciale descritta al punto II del provvedimento, posta in essere dalla società G.D.I. S.r.l. costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20 e 22 del codice del consumo e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

b) alla società G.D.I. S.r.l. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 70.000 (settantamila euro).

La pratica commerciale concerne il comportamento posto in essere dal professionista, consistente nella diffusione, a mezzo stampa e tramite il proprio sito internet, di messaggi pubblicitari suscettibili di indurre in errore i destinatari in ordine alle modalità di fruizione del gioco del poker on line offerto dal professionista.

In particolare, in tali messaggi si prospetta la possibilità di poter utilizzare un bonus di 200 euro, o di 400 euro, al momento dell’iscrizione al gioco, mentre tale bonus è disponibile solo dopo aver effettuato una prima ricarica e aver accumulato, giocando a pagamento, una determinata quantità di punti.

2. La ricorrente ha proposto doglianze relative al rigetto degli impegni, all’iter procedimentale svolto dall’Autorità, alla qualificazione in termini di scorrettezza della pratica commerciale ed alla quantificazione della relativa sanzione.

2.1 Le censure concernenti il rigetto degli impegni sono infondate.

L’AGCM, nell’adunanza del 9 giugno 2010, ha rigetto gli impegni proposti dalla ricorrente, ritenendo, in particolare, che gli stessi sono relativi ad una condotta che, ove accertata, potrebbe integrare una fattispecie di pratica commerciale manifestamente scorretta e grave, per la quale l’art. 27. co. 7, del codice del consumo non può trovare applicazione.

L’art. 27, co. 7, d.lgs. 206/2005 stabilisce che, ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità della pratica commerciale, l’Autorità può ottenere dal professionista responsabile l’assunzione dell’impegno di porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità; in tali ipotesi, l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all’accertamento dell’infrazione.

La sfera delle pratiche commerciali scorrette alle quali risulta riferibile l’istituto degli impegni, quindi, è limitata alle fattispecie di maggiore tenuità e minore impatto socioeconomico.

Ne consegue che se l’amministrazione procedente valuta, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, che la pratica commerciale possa ritenersi manifestamente grave e scorretta, deve rigettare gli impegni proposti.

La percezione della gravità della pratica commerciale, insomma, costituisce un parametro che, se individuato, inibisce l’accettazione degli impegni vincolando la decisione dell’amministrazione, né tale prognosi può costituire vizio dell’atto di diniego in quanto, se il procedimento si conclude senza che sia accertata alcuna violazione o comunque senza l’irrogazione di alcuna sanzione, nulla quaestio, mentre, se il procedimento si conclude, come nel caso di specie, con l’accertamento di un’infrazione, cui segue l’irrogazione di una sanzione, le eventuali censure relative alla sussistenza dell’illecito ed al giudizio di gravità possono essere utilmente proposte avverso tale provvedimento ma non refluiscono in un vizio di legittimità dell’atto di rigetto degli impegni che, al momento della sua adozione, è stato logicamente adottato e congruamente motivato.

Peraltro, occorre altresì considerare che, nella fattispecie in esame, la ricorrente non ha specificamente impugnato la delibera di rigetto degli impegni adottata dall’AGCM nella adunanza del 9 giugno 2010.

2.2 Le censure di carattere procedimentale sono parimenti infondate.

2.2.1 L’AGCM, con la comunicazione di avvio del procedimento in data 9 febbraio 2010, ha fatto presente che il comportamento descritto al punto II (concernente la diffusione, a mezzo stampa e su internet, di un messaggio pubblicitario suscettibile di indurre in errore i destinatari in ordine alle caratteristiche essenziali del gioco on line denominato "G.D.. Il poker in tutte le sue espressioni") potrebbe integrare un’ipotesi di violazione degli artt. 20, 21 e 22 del codice del consumo in quanto idoneo a falsare il comportamento economico del consumatore medio, in relazione al gioco in esame.

In particolare, la comunicazione di avvio del procedimento ha evidenziato che la perentorietà della promessa relativa all’attribuzione di un bonus di 200 euro di benvenuto, presente nei messaggi, potrebbe indurre i destinatari a ritenere di poter fruire di tale importo già al momento dell’iscrizione, per iniziare a giocare gratuitamente, mentre il bonus sarebbe disponibile solo dopo aver effettuato una prima ricarica e aver accumulato, giocando a pagamento, una determinata quantità di punti.

Il Collegio rileva che, nella descritta comunicazione di avvio, l’oggetto del procedimento, vale a dire la circostanza in relazione alla quale l’Autorità ha ritenuto di procedere, è stato adeguatamente specificato, avendo la comunicazione riportato gli elementi essenziali per consentire un efficace e completo contraddittorio e, quindi, per un pieno esercizio del diritto di difesa, né è possibile ritenere che la stessa avrebbe dovuto necessariamente avere un maggior grado di dettaglio in quanto l’analiticità delle argomentazioni riguarda la fase conclusiva del procedimento, che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, deve essere con precisione identificato il solo messaggio, o i profili della pratica commerciale oggetto dell’indagine, al fine di mettere in grado l’operatore pubblicitario di poter proficuamente partecipare all’istruttoria (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 13 aprile 2006, n. 2737).

D’altra parte, l’operatore economico è intervenuto nel procedimento formulando deduzioni di merito pertinenti al suo oggetto, il che attesta la intelligibilità della comunicazione di avvio del procedimento.

2.2.2 Né è possibile ritenere che abbia concretato una lesione del diritto di difesa la circostanza che nel provvedimento impugnato sia stato tralasciato ogni riferimento all’art. 21 del codice del consumo.

Tale circostanza, infatti, è favorevole alla ricorrente che, viceversa, avrebbe potuto fondatamente dolersi ove, in sede di comunicazione di avvio, non fosse stata ipotizzata una violazione poi accertata con il provvedimento conclusivo del procedimento.

2.2.3 Non costituisce un vizio dell’attività amministrativa neppure l’assenza di una comunicazione delle risultanze istruttorie.

Il regolamento di procedura in materia di pratiche commerciali scorrette agli artt. 6 e 16, disciplina le comunicazioni agli interessati non prevedendo una contestazione delle risultanze istruttorie.

L’art. 6, infatti, prevede l’avvio dell’istruttoria e l’art. 16 dispone che il responsabile del procedimento, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, comunica alle parti la data di conclusione della fase istruttoria e indica loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui è possibile presentare memorie conclusive o documenti, specificando che, conclusa la fase istruttoria, il responsabile rimette gli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale.

Le norme del regolamento in materia di pratiche commerciali scorrette assicurano comunque una piena garanzia del contraddittorio, riconoscendo alle parti un’ampia facoltà di presentare scritti difensivi e documentazione a supporto delle argomentazioni proposte, sicché il procedimento è del tutto conforme ai principi sottesi alla L. 241/1990, mentre, nei procedimenti antitrust, a tutela della libertà di concorrenza, la previsione della comunicazione delle risultanze istruttorie è da ricondurre alle peculiarità tipiche dei relativi procedimenti, caratterizzati dalla particolare complessità degli accertamenti istruttori.

2.2.4 Per quanto attiene all’omessa audizione, occorre rilevare che l’art. 12, co. 2, del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette stabilisce che il responsabile del procedimento, ove ciò sia necessario ai fini della raccolta o della valutazione degli elementi istruttori, o venga richiesto da almeno una delle parti, può disporre che le parti siano sentite in apposite audizioni nel rispetto del principio del contraddittorio, fissando un termine inderogabile per il loro svolgimento.

La potestà attribuita al responsabile del procedimento di procedere all’audizione, in ragione sia della ratio che della lettera della legge, è di carattere discrezionale non solo quando l’audizione è disposta d’ufficio ma anche quando la stessa è disposta su richiesta di almeno una delle parti,

Da un punto di vista letterale, la norma indica che, in entrambi i casi, il responsabile del procedimento "può disporre", per cui nessun dubbio può sussistere sulla discrezionalità della scelta, ma anche e soprattutto da un punto di vista sistematico è verosimile ritenere che il normatore abbia inteso subordinare l’audizione alla verifica di un’effettiva esigenza istruttoria anche quando sia la parte a presentare la richiesta, atteso che, diversamente opinando, si perverrebbe alla paradossale conclusione che, a prescindere da qualunque valutazione di tipo istruttorio, debba procedersi a tutte le audizioni richieste, anche se innumerevoli.

L’esigenza di subordinare l’audizione ad una valutazione di tipo istruttorio, inoltre, rende del tutto ragionevole ed esente da vizi l’art. 12 del regolamento, gravando sulla parte dimostrare, caso per caso, l’illegittimità del diniego di audizione per la presenza di una specifica e concreta esigenza istruttoria, irragionevolmente disattesa, che avrebbe potuto condurre ad un diverso esito del procedimento.

Diversamente, nella fattispecie in esame, tale supporto probatorio non può ritenersi fornito, per cui il diniego di audizione non si rivela viziato.

2.3 Le doglianze di carattere sostanziale sono anch’esse infondate.

Nelle proprie valutazioni conclusive, l’Autorità ha fatto presente che la fattispecie oggetto di valutazione consiste nella diffusione a mezzo stampa e tramite il sito internet www.giocodigitale.it, di messaggi pubblicitari ingannevoli, volti a promuovere il gioco del poker on line.

In particolare, sia i claims utilizzati nella campagna promozionale diffusa a mezzo stampa ("200 Euro di bonus di benvenuto", "Ricevi subito fino a 200 Euro di bonus di benvenuto per cominciare a giocare"), sia quelli riportati sulla home page del sito ("Iscriviti subito a G.D.: in omaggio per te un bonus da 200 Euro. Registrati e gioca" o "400 Euro di bonus Poker") prospettano, in maniera inequivocabile, la possibilità di avere un bonus di benvenuto di 200 euro o di 400 euro, inducendo i consumatori a ritenere che sia possibile iniziare a giocare al poker on line sul sito internet del professionista, fruendo da subito delle somme promesse, mentre, in realtà, dagli elementi acquisiti nel corso del procedimento, risulta che il suddetto bonus è disponibile per gli utenti solo dopo aver effettuato una prima ricarica e aver accumulato, giocando a pagamento, una determinata quantità di punti.

Pertanto, ha sostenuto l’AGCM, si può ritenere che i messaggi pubblicitari contestati omettono, o presentano con modalità oscure e poco trasparenti, un’informazione rilevante di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale, inducendolo ad assumere una determinazione che altrimenti non avrebbe preso.

In particolare, l’Autorità ha rilevato che:

per quanto riguarda il messaggio diffuso a mezzo stampa, sono del tutto assenti informazioni da cui i destinatari possano desumere che il bonus non viene riconosciuto prima di iniziare il gioco e dopo la prima ricarica, così come riferimenti al sito internet come fonte per ottenere tali informazioni; pertanto, gli utenti vengono invogliati a visionare il sito internet in questione e a registrarsi nel falso convincimento di poter beneficiare sin da subito delle somme promesse per iniziare il gioco;

per quanto attiene al sito internet, le informazioni sulle modalità di fruizione del bonus vengono fornite in una pagina web del sito, accessibile tramite il link "Maggiori dettagli" al quale rinvia un piccolo asterisco presente nel claim, o in una pagina accessibile tramite il link "Benvenuto", entrambe di consultazione solo eventuale da parte del consumatore prima della registrazione.

Nel caso di specie, ha soggiunto tra l’altro l’Autorità, non assume rilievo la circostanza che la registrazione sia gratuita, non essendo essa fine a se stessa ma strumentale alla fruizione del poker on line e alla partecipazione dei relativi tornei, siano essi a pagamento o gratuiti; peraltro, proprio le modalità di utilizzo del bonus dimostrano che la campagna pubblicitaria contestata è evidentemente mirata a promuovere i tornei di poker on line a pagamento e non altri giochi on line gratuiti.

L’amministrazione procedente, di conseguenza, ha ritenuto che la condotta descritta risulta contraria al canone dell’ordinaria diligenza ragionevolmente esigibile da un professionista operante nel settore dei giochi on line che, in base ai principi di correttezza e buona fede, avrebbe dovuto fornire ai consumatori informazioni esatte, chiare, tempestive e complete circa le modalità di fruizione del gioco del poker on line e, in particolare, di utilizzo dei bonus promesso ed ha ritenuto ingannevoli le comunicazioni in esame, ai sensi degli articoli 20 e 22 del Codice del Consumo, in quanto presentano in modo oscuro, ambiguo e poco trasparente informazioni essenziali di cui il consumatore medio ha bisogno per effettuare una scelta economica consapevole ed inducendolo ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso.

Il Collegio ritiene che la valutazione compiuta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia esente dai vizi di legittimità dedotti in quanto non è manifestamente illogica o irragionevole né basata su un travisamento dei fatti.

La ricorrente ha sostenuto in special modo che una eventuale carenza di informazione circa la modalità di fruizione del bonus non si sarebbe potuta ripercuotere sulle scelte economiche dei consumatori, atteso che la registrazione sul sito di G.D. non equivarrebbe in alcun modo alla stipulazione di un contratto né sarebbe riconducibile ad alcuna assunzione di obbligazioni nei confronti della Società in quanto dovrebbe considerarsi attività antecedente e prodromica alla stipulazione del "negozio commerciale", quale passaggio intermedio fra la pubblicità e la formulazione delle scelte del consumatore.

La prospettazione non può essere condivisa in ragione del fatto che le norme a tutela dei consumatori sono finalizzare a prevenire alterazioni alla libertà di effettuare scelte economiche consapevoli in una fase prodromica rispetto a quella negoziale, a prescindere dalla dimostrazione di un concreto pregiudizio economico.

In altri termini, la normativa di settore è indirizzata a prevenire un possibile vulnus alla libertà del consumatore di effettuare una scelta economica consapevole e non a sanzionare le alterazioni delle scelte che si siano in concreto verificate.

In tale ottica, per quanto attiene al concreto pregiudizio economico per i consumatori, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di "pericolo", essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all’Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 11 marzo 2008, n. 2220).

Di talché, come correttamente evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, la differenza civilistica tra stipulazione e registrazione costituisce un profilo del tutto estraneo alla valutazione della pratica commerciale.

Né può assumere rilievo la considerazione secondo cui tutti i principali operatori del settore mostrerebbero le condizioni per l’ottenimento dei bonus promozionali offerti in un percorso diverso da quello del processo di registrazione.

Ciò in quanto, da un lato, l’eventuale condotta di altri operatori economici, peraltro non dimostrata, non costituisce certo una ragione per escludere la scorrettezza della pratica commerciale in esame ove la stessa sia ritenuta tale sulla base della normativa di settore, dall’altro, attraverso il contatto con il consumatore si produce il c.d. effetto aggancio, per cui la diffusione, per mezzo di altri percorsi, delle informazioni omesse sulla comunicazione pubblicitaria non può sanare il pregiudizio derivante dall’omissione informativa in quanto l’effetto promozionale si è già prodotto.

La diffusione delle informazioni su internet, pertanto, non è sufficiente ad escludere la decettività della pratica commerciale in quanto non è dimostrabile, ed è anzi improbabile, che tali informazioni siano state acquisite anche da tutti o da cospicua parte dei consumatori raggiunti dalla comunicazione pubblicitaria non corretta.

D’altra parte, nel caso del sito internet in discorso, il provvedimento ha evidenziato come non vi sia un percorso obbligatorio tra la pagina recante un modulo di registrazione e le altre pagine concernenti le informazioni sulla fruibilità del bonus, per cui le stesse non possono considerarsi un unico messaggio pubblicitario e, considerata la struttura del sito, è possibile registrarsi senza avere consultato tali pagine.

In definitiva, è del tutto logico, sulla base dell’iter argomentativo sviluppato dall’Autorità nel provvedimento, che la pratica commerciale sia considerata idonea ad alterare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori, atteso che il carattere ingannevole ed omissivo del messaggio attiene a caratteristiche essenziali delle condizioni dell’offerta promozionale, atte ad influenzare le scelte del consumatore medio.

2.4 Le censure relative alla quantificazione, invece, sono fondate nei sensi e nei limiti di quanto di seguito indicato.

L’Autorità procedente ha irrogato alla ricorrente una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 70.000 tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

In particolare, con riguardo alla gravità della violazione, ha considerato, unitamente alla dimensione economica del professionista (che nel 2008 ha realizzato 38 milioni di fatturato con un utile di 85.000 euro), le specifiche modalità di diffusione della pratica commerciale che, in virtù della natura e della pluralità dei mezzi di diffusione utilizzati (internet e numerosi organi di stampa a tiratura nazionale) nonché dell’elevato numero di uscite del messaggio pubblicitario, sono suscettibili di aver raggiunto e condizionato nelle proprie scelte un numero rilevante di consumatori, mentre, con riferimento alla durata della violazione, ha posto in rilievo che la campagna di stampa è iniziata a luglio 2009 e terminata a febbraio 2010 e che il sito internet, nella versione contestata, è stato diffuso da dicembre 2009 a febbraio 2010.

Il Collegio rileva in via preliminare che, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione amministrativa, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti, il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito ai sensi dell’art. 134, lett. c), d.lgs. 104/2010.

L’art. 11 l. 689/1981, richiamato dall’art. 27, co. 13, d.lgs. 206/2005, stabilisce che, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.

Pertanto, la norma di legge contiene un espresso riferimento alle "condizioni economiche" dell’agente e – fermo restando che l’importanza dell’operatore può sicuramente costituire indice del grado di offensività della pratica commerciale scorretta e, quindi, che anche il concetto "dimensione economica" refluisce sostanzialmente in quello di "condizioni economiche" – non può sottacersi che, nel caso di specie, nel 2008 il professionista ha realizzato un utile di Euro 85.000, di poco superiore all’ammontare della sanzione irrogata, e che tale circostanza non è stata oggetto di valutazione.

Di talché, in relazione al suddetto profilo, la censura si rivela fondata.

Il Collegio, nell’esercizio del potere giurisdizionale di merito previsto dall’art. 134, lett. c), del codice del processo amministrativo ritiene equa l’irrogazione alla ricorrente di una sanzione pecuniaria di Euro 55.000 (cinquantacinquemila/00) in luogo della sanzione di Euro 70.000 (settantamila/00) irrogata dall’Autorità con il provvedimento impugnato.

3. In definitiva, il ricorso va accolto in parte, nei sensi e nei limiti indicati, e, per l’effetto, deve essere riformato il punto b) della delibera impugnata e fissata in Euro 55.000 (cinquantacinquemila/00) la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare alla Società ricorrente.

4. Le spese del giudizio, considerata la parziale reciproca soccombenza, sono integralmente compensate.
P.Q.M.

accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riforma il punto b) della delibera impugnata fissando in Euro 55.000 (cinquantacinquemila/00) la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare alla Società ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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