Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-01-2011) 07-03-2011, n. 8908 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 4 ottobre 2008, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Padova, con la quale S.P. era stato ritenuto responsabile del reato di detenzione illecita di 6,31 grammi di cocaina e 0,65 grammi di eroina e, ritenuta l’ipotesi lieve, condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 4.000 di multa.

Esponevano in fatto i giudici dell’appello che il S., sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di (OMISSIS), veniva controllato il (OMISSIS) alla stazione ferroviaria di (OMISSIS) e trovato in possesso del citato stupefacente, suddiviso in 16 involucri e con un elevato principio attivo (in particolare dal quantitativo della cocaina erano realizzabili 14 dosi medie).

2. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per Cassazione personalmente l’imputato, deducendo:

– l’erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e la mancanza e l’erronea motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame, con cui si sosteneva la liceità del comportamento dell’imputato, ovvero che la droga sequestrata era destinata all’uso personale del suo nucleo familiare per il periodo delle festività natalizie, come confermato in dibattimento dalla moglie C.S.;

– la contraddittorietà della motivazione, in quanto è stata esclusa l’attendibilità della testimonianza resa dalla C., facendo leva sul suo stato di tossicodipendente, condizione questa che doveva invece far deporre a favore della veridicità della tesi difensiva;

– la mancanza di un logico apparato argomentativo in ordine alla valorizzazione da parte dei giudici del mero dato ponderale, posto che si trattava di droga suddivisa in dosi singole già pronte per l’uso, acquistata su strada al dettaglio, dopo una rapida sortita da (OMISSIS);

– la violazione della legge penale, in quanto la responsabilità dell’imputato è stata fondata su indizi privi dei connotati richiesti dall’art. 192 c.p.p., ovvero sul solo dato ponderale, di per sè non decisivo;

– la violazione della legge processuale per non essere stata accolta, con motivazione adeguata, la richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’escussione della moglie dell’imputato.

L’imputato chiede conclusivamente di essere assolto dal reato ascrittogli e in subordine, in accoglimento dell’ultimo motivo, che gli sia concessa la riduzione di pena per il rito.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. I primi quattro motivi sono manifestamente infondati, in quanto la Corte di merito ha correttamente valutato le censure mosse alla sentenza di primo grado e fornito ampie spiegazioni delle ragioni per le quali ha ritenuto la illiceità della condotta dell’imputato.

Va a tal riguardo ricordato il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), indica alcuni elementi sintomatici dai quali può trarsi la conclusione che la sostanza non sia destinata ad uso esclusivamente personale, quali innanzitutto il dato ponderale, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati, – di per sè tuttavia non sufficiente -, le modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, e le altre circostanze dell’azione.

I giudici dell’appello hanno invero evidenziato che, oltre alla quantità dello stupefacente posseduto, costituivano chiari indici sintomatici della destinazione al successivo commercio – quantomeno di una parte – della sostanza sequestrata la diversa qualità dello stessa, il significativo grado di purezza della cocaina, le circostanze del fatto ed in particolare il rischio assunto dall’imputato nel violare le prescrizioni impostegli in sede cautelare per effettuare l’acquisto in altra città e le precarie condizioni economiche di quest’ultimo.

Si tratta di valutazione in fatto, insindacabile in sede di legittimità, in quanto sorretta da adeguata e logica motivazione.

Sono inoltre inammissibili le censure volte a sottoporre a questa Corte una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, per avvalorare la ricostruzione difensiva, secondo cui lo stupefacente era in toto destinato al consumo personale dell’imputato e della moglie, entrambi tossicodipendenti, per il periodo delle feste natalizie. Al giudice di legittimità resta infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto.

Incensurabile in questa sede è parimenti la valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni della teste C. sulla destinazione dello stupefacente, in quanto il relativo giudizio di merito risulta sorretto da un apparato argomentativo privo di vizi logici, risolvendosi piuttosto le doglianze difensive in questioni di mero fatto.

3. Manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo, riguardante l’ingiustificato rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata all’integrazione probatoria dell’escussione della teste C..

Va qui ribadito che la valutazione della "necessità" dell’integrazione probatoria nel rito abbreviato presuppone, da un lato, l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, e, dall’altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell’attività integrativa.

Nel caso in esame, i giudici dell’appello hanno ritenuto superfluo o comunque non necessario ai fini del decidere l’incombente istruttorio contenuto nella richiesta di integrazione probatoria, a fronte della presenza di elementi probatori documentali utilizzabili sufficienti ad esaurire l’istruzione.

Tale valutazione, in quanto logicamente e congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità, trattandosi di apprezzamento di merito (Sez. 1, n. 33502 del 07/07/2010, dep. 13/09/2010, Scimonelli, Rv. 247957).

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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